1. RE GIORGIO HA IMPOSTO IL SALVATAGGIO DI NONNA PINA, MA L’INSOFFERENZA PER IL QUIRINALE MONTA A DESTRA E SINISTRA: QUANTO PUÒ DURARE ANCORA IL NAPOLITANISTAN? 2. LETTA GALOPPINO DEL COLLE PER DUE VOLTE CHIAMA RENZI: “CARO MATTEO È IL PRESIDENTE CHE LO CHIEDE, SULLA CANCELLIERI FATE UN PASSO INDIETRO”. IL PD CHE HA AFFONDATO PRODI PER IL QUIRINALE SI RITROVA COMPATTO PER SALVARE LA CANCELLIERI 3. IL ROTTAMATORE INCASSA GLI ATTACCHI DEI GIORNALI CONTRO LETTA E PREPARA IL LOGORAMENTO DI PALAZZO CHIGI, UNA FRECCIATA DOPO L’ALTRA: “PER ME NAPOLITANO PUÒ FARE ANCHE IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, MA IL SEGRETARIO DEL PD SARÒ IO” 4. OGGI È SALVA, MA IL DESTINO DELLA TELEFONISTA DEI LIGRESTI È SEGNATO: DOPO LA DECADENZA DI BERLUSCONI E IL PASSAGIO ALL’OPPOSIZIONE DI FORZA ITALIA, ARRIVERÀ UN NUOVO GIURISTA-CORAZZIERE AL MINISTERO DI GIUSTIZIA DI VIA ARENULA (ONIDA O MIRABELLI)

1. IL COLLE ORDINA, IL PD ESEGUE: LA CANCELLIERI NON SI TOCCA
Fabrizio d`Esposito per "Il Fatto Quotidiano"

La monarchia del Napolitanistan salva la ministra della Famiglia Ligresti. Tutto accade molto prima della fatidica assemblea dei deputati del Pd, ieri sera alle nove. Vietato toccare Annamaria Cancellieri. Lei rimane rinchiusa al ministero della Giustizia, per limare il discorso di oggi alla Camera, quando si discuterà la mozione di sfiducia dei grillini. Il lavoro sporco, per la serie "mi chiamo Wolf e risolvo problemi", lo fanno il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio. Stavolta, però, per Giorgio Napolitano, "commissario" del Pd da un biennio dopo una vita trascorsa in minoranza nel Pci, lo sforzo è più impegnativo del solito.

Dall`altra parte non ci sono Bersani o Epifani. C`è Matteo Renzi, vincitore del primo round per la leadership del partito. A lui, segretario in pectore del Pd, il premier Enrico Letta fa due telefonate. E tutte e due le volte fa la stessa premessa: "Caro Matteo è il presidente che lo chiede, sulla Cancellieri fate un passo indietro". Lo scudo di Napolitano serve a Letta per fare a sua volta lo scudo della Cancellieri. Renzi obietta, resiste. Il premier, anche a nome del Colle, diventa giustizialista a sua insaputa: "Ma anche per la procura di Torino è innocente".

Per Renzi è l`ammissione, ennesima, che la politica è subordinata alla magistratura. Ribatte: "Enrico ma che c`entra? La questione è politica, io non aspetto i giudici per avere una linea". Ed è in queste telefonate che matura l`esito del match. Renzi, che poi lo scriverà su Twitter, rilancia: "Caro Enrico allora mettici la faccia. Vai all`assemblea e spiega che questo è un voto di sfiducia contro dite. Fossi in te non lo farei, ma non vedo altre uscite".

Renzi chiede di poter partecipare all`assemblea, ma si sente rispondere che non è deputato. Su un fronte, il premier che supera un altro scoglio e richiude una falla che ha rischiato di far affondare tutto il governo, almeno secondo l`analisi del Colle. Sull`altro, Renzi si intesta la questione morale sulla ministra dei Ligresti e si piega solo di fronte ai numeri del gruppo a Montecitorio, in cui i renziani sono "appena" una cinquantina. Forza cospicua ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri.

Ma la lezione Cancellieri fa capire a Renzi quale sarà il principale problema nei prossimi mesi, quando guiderà il Pd da segretario con pieni poteri: l`interventismo di Napolitano, a tutto campo e ormai quotidiano, con telefonate a getto continuo. Si lascia scappare anche una battuta, il sindaco di Renzi, che dal Colle è già stato ripreso, in un passato recentissimo, su amnistia e legge elettorale: "Per me Napolitano può fare anche il presidente del Consiglio (qui la perfidia è rivolta soprattutto a Letta, ndr), ma il segretario del Pd sarò io".

La tregua tra Letta e Renzi per salvare governo e partito si percepisce a Montecitorio che non è ancora buio. La fine è nota. Dopo il caos e le minacce di lunedì, il Pd viene asfaltato ancora una volta dalla dittatura delle larghe intese di Re Giorgio. I renziani, per bocca di Paolo Gentiloni, ex ministro, promettono un ordine del giorno anti-Cancellieri. La mozione di sfiducia di Civati, invece, non sfonda. Il senso di marcia è chiaro. Se anche si dovesse votare, nell`assemblea, oggi tutti si uniformeranno alla linea maggioritaria di Letta e Bersani e Franceschini e D`Alema: no alla sfiducia.

Il premier arriva all`assemblea direttamente dalla Sardegna. L`orario d`inizio viene posticipato, alle ventuno. È lui ad aprire la riunione. La salvezza della Cancellieri è una questione politica: "Questo è un passaggio politico a tutto tondo. Quello che viene chiesto è un voto di sfiducia al governo. Al Pd chiedo un atto di responsabilità". Il problema non sono le telefonate. Anzi: "La mozione è frutto di una campagna aggressiva molto forte e slegata dal merito. Vi chiedo di considerare la cosa per quello che è: un attacco politico al governo. Mi appello al senso di responsabilità collettivo che è parte di noi. La nostra condivisione unitaria della responsabilità è il punto di tenuta del sistema politico".

La responsabilità rimbalza di intervento in intervento. Parla Cuperlo. "La Cancellieri avrebbe fatto meglio a dimettersi però noi siamo responsabili". Gentiloni, renziano, prende atto "con rammarico" e responsabilità. Perfino Civati, il movimentista filogrillino, si arrende nel segno della responsabilità: "Sono in disaccordo, ma mi atterrò alla linea". Il Pd che ha affondato Prodi per il Quirinale si ritrova compatto per salvare la Cancellieri. Contrappasso da unità.


2. LA LETTERA DI DIMISSIONI C'E' GIA', MA ASPETTA LA DECADENZA DEL CAV.
Paolo Emilio Russo per "Libero"


Per Sandro Bondi è una «inusuale supplenza politica». Per Matteo Renzi si tratta solo di interventi fatti nel «rispetto delle sue prerogative». Destra e sinistra, però, vedono ambedue lo zampino di Giorgio Napolitano nella gestione del caso di Annamaria Cancellieri. Il Capo dello Stato vuole che l`esecutivo di Enrico Letta prosegua il suo lavoro fino al 2015 e sa che la pedina di via Arenula è decisiva. Per questa ragione, sin dalla pubblicazione delle prime telefonate tra la Guardasigilli e Antonino Ligresti, il presidente ha chiesto all`ex prefetto di non cedere alle pressioni, di non presentare le dimissioni.

Lunedì, anzi, ha addirittura fatto trapelare di avere apprezzato la nota della Procura di Torino con la quale si comunicava che il ministro non è stato indagato. La blindatura è passata per un altro attore fondamentale, cioè il presidente del consiglio Enrico Letta. È stato lui prima a ribadire la fiducia alla sua ministra, chiedendo al suo vice Angelino Alfano di fare lo stesso, poi a sfidare apertamente il suo partito all`assemblea dei gruppi parlamentari, ieri sera. L`accordo è stato siglato con il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini.

È a lui che la Guardasigilli, "scoperta" da Mario Monti, ha promesso di essere pronta a sottoporsi al «voto parlamentare», di avere già scritto il discorso», e, contemporaneamente, di avere pronte le dimissioni. La lettera di addio è già stata offerta al premier e consegnata per quando «il presidente del consiglio ritenesse opportuno usarla». La titolare della Giustizia è pronta dunque a sacrificarsi se quello fosse l`unico modo per tenere in piedi il governo. Il ministro non avrebbe nascosto l`amarezza per la presa di distanza di Scelta civica, che la ha scaricata prima degli altri, proprio come il Pd.

Per il momento le dimissioni sono rimaste nel cassetto, ma la mossa di ieri sera è servita soltanto a guadagnare qualche settimana di tempo. La procura di Roma, che ha ricevuto le carte da quella di Torino, ha aperto un`inchiesta «in atti relativi», cioè senza indagati e senza ipotesi di reato. Il procedimento è al vaglio del procuratore Giuseppe Pignatone, che assegnerà oggi l`inchiesta a uno dei pm. Ci vorranno settimane per conoscere gli sviluppi.

Già trapela che, anche se le dichiarazioni rese dal ministro alla Procura di Torino «non fossero corrette al 100%, potrebbero non essere punibili». Di più, c`è una scappatoia giuridica: è possibile applicare una delle cosiddette «cause di non punibilità» previste dall`articolo 384 del codice penale, cioè «la necessità di salvaguardare il proprio onore». La Guardasigilli può ancora uscire pulitissima. Il problema non è giudiziario, quindi, ma strettamente politico. Il fronte più caldo resta quello del Pd.

Nonostante la decisione di ieri, infatti, il renziano Paolo Gentiloni avrebbe già scritto un ordine del giorno col quale chiede un passo indietro alla ministra. A difenderla è rimasto solo il Pdl: «Sul ministro Cancellieri saremo come sempre garantisti», conferma Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera. Nessuno crede però che l`ex prefetto riuscirà a resistere molto a lungo e per questa ragione è già partito il toto-sostituto.

La sua sostituzione avverrà certamente dopo il voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi e quindi con ogni probabilità quando Forza Italia sarà all`opposizione. Per questa ragione i predestinati sono il deputato di Scelta civica ed ex pm antiterrorismo, Stefano Dambruoso, oppure due tecnici vicinissimi al Colle come Valerio Onida e Cesare Mirabelli.

 

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