RODOTA’ A PALAZZO CHIGI E IL CAV. FUORI DALLE PALLE: COME SAREBBE CAMBIATA LA STORIA SE BERSANI AVESSE DATO RETTA A D’ALEMA

Fabrizio d'Esposito e Wanda Marra per "Il Fatto Quotidiano"


Come sarebbe cambiata la storia politica degli ultimi tre mesi se Bersani avesse ascoltato D'Alema, prima delle consultazioni al Quirinale, e fatto un passo indietro a favore di Stefano Rodotà per Palazzo Chigi? Risponde Pippo Civati, deputato filogrillino del Pd: "Avremmo avuto il governo del cambiamento, Prodi al Quirinale e Berlusconi sulle barricate. Oggi il Cavaliere è sempre sulla barricate ma, ahimé, è nostro alleato. Tutto potevo immaginare tranne che Massimo D'Alema aveva avuto la mia stessa idea".

La notizia pubblicata ieri dal Fatto, "D'Alema chiese a Bersani di fare un passo indietro e proporre Rodotà come premier", ha messo in subbuglio il già devastato Pd sin dalle sette di mattina. A infuriarsi più di tutti Bersani e i bersaniani che poi, interpellati dal Fatto, hanno preferito aggrapparsi alla precisazione della portavoce dalemiana, che smentisce le frasi attribuite all'ex premier: "Sono riportate frasi che Massimo D'Alema non ha mai pronunciato".

Una smentita sulle frasi, non sulla notizia. Tanto è vero che l'Ansa, la principale agenzia di stampa, ha cambiato nel giro di 30 minuti il titolo al comunicato di D'Alema. Da "Governo: portavoce D'Alema, non ha mai proposto Rodotà premier" delle 11.08 a "Governo: portavoce D'Alema, non ha mai parlato con il Fatto" delle 11.41. La notizia dell'incontro tra i due, con tanto di proposta per il passo indietro, è vera. Ma anche di fronte all'evidenza l'ex cerchio magico di Bersani rifiuta di pronunciarsi e al massimo minimizza: "Non ci pare una cosa di fondamentale importanza".

Invece è il contrario. In quei primi venti giorni di marzo (il preincarico a Bersani è del 22) il dibattito interno sul "passo di lato" del candidato premier "primo ma non vincitore" si allargò poco alla volta. Motivo: costringere il Movimento 5 Stelle a dialogare. Se ne convinsero pure i giovani turchi sino ad allora fedeli al segretario.

Ricorda uno di loro: "È tutto vero e anche D'Alema era d'accordo. Noi eravamo per Barca, lui per Rodotà". E quando poi il preincarico sfumò e tutto andava in direzione delle larghe intese, i giovani turchi non mollarono: "Grillo faccia lui un nome". Il tema di "aver inchiodato il Pd al destino di Bersani" è cruciale, prima o poi destinato a scoppiare. Persino Walter Veltroni concorda con D'Alema. Con una sola differenza: Veltroni, lo ha detto ieri, preferiva un governo Bonino "gradito al M5S" e "non contestabile dal Pdl".

Resta da capire solo il perché di queste rivelazioni pubbliche a posteriori. Fatte prima avrebbero potuto avere effetti concreti. Gli antidalemiani del Pd insinuano che sono regolamenti di conti perché la rottura tra "Pier Luigi" e "Massimo" avrebbe avuto un epilogo fatale: il segretario avrebbe bruciato D'Alema per il Colle. Questo è un racconto diverso e va collocato nei due giorni del disastro democrat su Marini e Prodi.

Giovedì 18 aprile, i franchi tiratori silurano Marini e si arriva all'assemblea dei grandi elettori del Pd di venerdì 19, al Capranica di Roma. Il partito è provato, sfilacciato. Quale dev'essere il candidato finale? Si moltiplicano gli incontri, i faccia a faccia. D'Alema vuole giocarsi la partita del Colle.

Ma c'è una larga parte del Pd che vuole Romano Prodi. E allora, nel vertice serale al Nazzareno si individua una soluzione: ci sarà un voto a scrutinio segreto, in cui i grandi elettori democratici dovranno indicare Prodi o D'Alema. Un segno su uno dei due, una scelta secca. Ma durante la notte le cose cambiano: la valutazione è che un'operazione del genere possa spaccare il partito in due. E allora si opta per un'altra soluzione. A ogni elettore verrà distribuita una scheda sulla quale deve apporre un nome.

Su proposta dei vertici del Pd. La sequenza è concordata: Bersani proporrà Prodi. Poi, si alzerà Anna Finocchiaro e indicherà D'Alema. Ma quella mattina le cose vanno in un modo diverso. Bersani effettivamente fa il nome di Prodi. Scatta l'applauso. Quasi inaspettato. A quel punto c'è chi racconta persino di aver visto Vasco Errani, uno dei colonnelli bersaniani, correre verso la Finocchiaro e bloccarla. Fatto sta che lei non si alza.

Momenti di confusione generale. Luigi Zanda, dalla presidenza, comincia un intervento. In realtà, raccontano, sta chiedendo un voto ad alzata di mano per procedere alla votazione segreta. Non tutti capiscono. Molti applaudono e alzano le mani per dire sì alla candidatura di Prodi, altri pensano di dire sì alla votazione. Tutti in piedi. Sembra una standing ovation.

A quel punto l'Assemblea si scioglie. È durata in tutto un quarto d'ora. Poi, tutti fuori dal Capranica, verso Montecitorio. I 101 franchi tiratori si organizzano. Fabrizia Giuliani, neodeputata romana vicina a D'Alema, commenta un attimo prima di entrare in aula: "Adesso andiamo a votare, ma se per caso Prodi non dovesse farcela, cambia tutto". Il resto è storia. Al fondatore del Pd mancano 101 voti democratici. I loro nomi sono e saranno un mistero destinato a pesare. "L'obiettivo non fu solo affondare Prodi, ma fare fuori Bersani", è l'opinione degli uomini dell'ex segretario.

 

Stefano Rodota MASSIMO DALEMA SIRENETTO SULLO SCOGLIO BERSANI E DALEMA SBIRCIATINA ALLUNITA PIPPO CIVATIFabrizio Barca arriva alla sezione di via dei Giubbonari BEPPE GRILLO E ROMANO PRODI

Ultimi Dagoreport

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…