ROMA, LA CULTURA FA CRAC - DAL PALAEXPO ALL’OPERA, DALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE AL MACRO: LA CAPITALE VA IN MALORA SOTTO 867 MLN DI DEBITO

Malcom Pagani per "il Fatto Quotidiano"

L'anagramma perfetto di Roma è finalmente meritato. Una città in mora, indebitata per 867 milioni di euro, in cui l'attuale sindaco Marino divide equamente il tempo a maledire chi l'ha preceduto e a intonare il vero inno di Mameli e minimo comun denominatore delle serenate intonate dal Campidoglio nell'ultimo ventennio: la questua al governo centrale. I tempi sono magri, le tasche strette e il concerto del maestro Marino, stavolta, non ha ottenuto applausi. Letta ha apprezzato l'impronta dei primi tagli in giunta e poi, ascoltate le richieste complessive per evitare il default, 500 milioni, è evaso rapidamente da una quinta.

Un aiuto arriverà, ma a Roma, con i suoi 62.000 dipendenti pubblici, la dolce vita non tornerà più e il polo culturale, sogno veltroniano generosamente foraggiato per anni, rischia di sparire. Per la sopravvivenza, nelle forme gigantiste che tanto piacevano a Walter, servirebbero quasi 80 milioni di euro.

Soldi che non ci sono. Palanche che non tintinneranno. Da quando il potente Emmanuele Emanuele, dopo averlo lungamente minacciato, ha sbattuto la porta del Palaexpo lasciando la presidenza e sottraendo gli oltre 4 vitali milioni di contributo, dalle parti della Casa del cinema tira la stessa brutta aria che si respira nei pressi delle consorelle.

Facce scure e futuro incerto alle Scuderie del Quirinale come al Palazzo delle Esposizioni. Un soffio di percepibile smobilitazione, con i sindacati ben oltre la soglia di preoccupazione e lo spettro della chiusura definitiva a dare sinistra continuità a quella estiva. Solo un caso, tra i tanti, in una città che i suoi conti con la cultura, in una progressiva proliferazione di assunzioni, Cda ingrassati e incarichi dilatati, ultimamente, li ha sbagliati tutti. L'Opera di Roma ad esempio.

Durante la reggenza alemanni-da, nell'inutile rincorsa tutta mediatica a Riccardo Muti, il sovrintendente De Martino con risultati in chiaroscuro, si è trovato a gestire 20 milioni di euro l'anno. Provvigioni fuori dal mondo (a Milano la Scala - che è la Scala - dal Comune ne riceve 7) che da domani, con tutte le possibili ripercussioni sul futuro dello stesso Muti, saranno brutalmente decurtate.

Prebende di cui decine di enti a vario titolo si sono giovati con crescente bulimia protoministeriale. Il teatro stabile di Roma. La Filarmonica romana. I teatri di cintura. I festival di tutti i tipi. Che ora, insieme al Macro (il museo che meglio di tutti ha fatto e che adesso, con una reggenza ad interim, naviga in pesanti difficoltà persino con gli stipendi dei custodi e con i fornitori di energia elettrica) soffrono.

Tremano tutti, persino l'indispensabile circuito delle biblioteche cittadine, mentre sul fronte occidentale, senza sostanziali novità da poter opporre a casse di cui si scorge il fondo, è stata spedita Flavia Barca. Soldatessa alle grandi manovre del Comune e assessore alla Cultura con competenza e forbice sotto la scrivania, Barca con apprezzabile dialettica, sincero sforzo iconoclasta e ancora perfettibile capacità di sintesi spiega (in 20 pazienti, mitraglianti minuti senza requie) che un'era è finita per sempre.

Rifiuta però di darle etichette: "Non è tramontato il sogno veltroniano, è cambiata l'Europa, è cambiato il mondo. In un quadro diverso da ieri, razionalizzare i costi senza rinunciare a far cultura è una sfida e un'opportunità da allargare anche ai nuovi attori sociali". E dice proprio così, "attori sociali", parlando di associazioni di cittadini e privati da coinvolgere nel "sistema perché possano incidere sulla città".

L'economista che nei suoi studi di settore usa qualche parolaccia connaturata al ruolo e si dice convinta che i modelli di "governance" applicati alla cultura soffrano, tra le tante deficienze, di poca trasparenza e ancor minore ordine, è un monolite. Le illustri le cifre da incubo: "Le conosco benissimo, non c'è bisogno che me le ripeta", le difficoltà, gli sprechi, le incongruenze e le angustie di contrattualizzati e precari (chi manda davvero avanti le strutture) e Barca, imperturbabile, non butta a mare nessuno.

Nega chiusure traumatiche legate al Palaexpo. Incensa il ruolo cardine del Palazzo delle Esposizioni e non scende nei particolari neanche se sollecitata: "Ci sono due modi di risolvere le questioni, uno affrontandole davvero, l'altro rivolgendosi alla stampa". Rassicura i tanti contraenti che "allarmati esprimono paure. Li capisco, ma non chiuderà niente, a iniziare dal Macro che consideriamo centrale nel nostro progetto".

Garantisce che ogni cosa sarà "studiata nel modo migliore" perché non esiste "aspetto economico" che non abbia alla radice un'intenzione "strategica, connaturata all'identità del luogo" . Pur sforzandosi, bordeggia sui sentieri del politichese. E parla di rispetto del rapporto tra domanda e offerta, di pianificazione economica "dettagliata" che se qualche taglio prevederà: "il meno possibile", non procederà per vendetta ma per "cambio di metodo".

L'impressione è che ben oltre le intenzioni, nel difficile recupero crediti ci sarà da piangere. E che all'euforia di un'epoca lontana seguiranno e inattese, deprimenti, monumentali serrate. Da un giorno al-l'altro, senza neanche l'ausilio di un cartello da museo.

 

Regina Dassu Marino Abete e Giovannini Ignazio Marino e Luigi Abete MACRO TESTACCIO MACRO TESTACCIO Palazzo delle scuderie del quirinale

Ultimi Dagoreport

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...