EURO-CETRIOLI – JUNCKER NON MOLLERÀ FACILMENTE IL COLLO DI RENZIE PERCHÈ È ANCORA INCAZZATO PER LA LETTERA IN CUI PITTIBIMBO PRETENDEVA LA NOMINA DELLA MOGHERINI – INTANTO LA COMMISSIONE SOSPETTA CHE SULL’EVASIONE FISCALE ABBIAMO FATTO I SOLITI FURBI

1.DAGONEWS

 

jean claude junckerjean claude juncker

Colpa di una lettera. Anzi, come dicono a Bruxelles fonti della Commissione, di una letteraccia. La missiva incriminata, quella che ha scavato un fosso tra Jean-Claude Juncker e Matteo Renzi, in realtà sono solo cinque righe che si chiudono con la scritta a penna di Renzi “avec amitiè” (con amicizia).

 

In quella breve comunicazione del 31 luglio scorso, Renzie sembrava quasi imporre un diktat al presidente designato: “Caro presidente, desidero informarla che il governo italiano ha deciso di designare Federica Mogherini, attuale ministro degli esteri, come candidato al ruolo di Alto rappresentante e vicepresidente della Commissione europea”.  

 

Quando l’ha ricevuta, Juncker ha fatto un salto sulla sedia, perché lui dai capi di governo si aspettava la designazione delle persone tra cui scegliere i vari commissari, non l’indicazione di chi mettere nelle singole caselle. Per lui, il comportamento dell’Italia è stato arrogante e giurano che se la sia legata al dito.

 

jean claude junckerjean claude juncker

Del resto le spacconate e il gioco sempre d’attacco praticato da Renzie funzionano solo in Italia, dove con tutti, dalla sinistra alla destra passando per Grillo, ha sempre seguito la tattica di alzare la posta e tirare dritto, senza paura di scontri frontali. Finora gli è andata bene, perché non ha praticamente oppositori o veri avversari. Ma in Europa è diverso. In politica estera servono modi più felpati e l’Italia, con i conti in disordine che ha, non può manco permettersi toni fuori dalle righe. Come quando Renzi minacciò di andare a vedere tutti i costi delle istituzioni europee (che li pubblicano già da sole con notevole trasparenza).

 

Lo scontro con Juncker rischia di andare avanti per lungo tempo. L’uomo è un vero democristiano d’altri tempi e chi lavora con lui sa che non solo non dimentica facilmente i torti subiti (e per lui quella lettera fu uno schiaffo), ma ha anche l’abitudine di rosolare a fuoco lento chi gli taglia la strada. O pensa di farlo.

 

 

 

2. “PADOAN: DIATRIBA RENZI-JUNCKER 'CASO IN PARTE COSTRUITO AD ARTE'

da Radiocor

 

jean claude junckerjean claude juncker

Secondo il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan la diatriba Renzi-Juncker e' stato 'in parte costruita ad arte'. Rispondendo ai giornalisti che gli hanno chiesto che cosa pensasse della polemica tra il presidente del consiglio e il presidente della Commissione sul ruolo degli euroburocrati nelle decisioni Ue, Padoan ha detto: 'Capisco che e' molto divertente, insomma, trovo che il caso sia stato in parte costruito ad arte: conoscendo, avendo rapporti personali sia con Juncker che con il presidente del Consiglio posso garantire che i rapporti sono assolutamente, totalmente cordiali, e' una questione che non merita ulteriore approfondimenti'

 

3. “I DUBBI DELL'UE: SULL'EVASIONE L'ITALIA TRUCCA I CONTI”

Fabrizio Ravoni per "il Giornale"

 

Forse Jean-Claude Juncker si riferiva proprio al dato sull'evasione fiscale recuperata in Italia quando ha detto che se l'esame della manovra fosse stata pertinenza unica degli euroburocrati, la legge di Stabilità doveva essere bocciata.

MATTEO RENZI A BALLAROMATTEO RENZI A BALLARO

 

Il ministero dell'Economia ha diffuso ieri una nota che annunciava come il gettito recuperato dalla lotta all'evasione fiscale sia cresciuto nei primi nove mesi dell'anno del 14,5%. E che da gennaio a settembre, grazie all'attività di accertamento e controllo, sono entrati nelle casse dell'Erario 760 milioni.

 

Se l'azione di lotta all'evasione dovesse avere, su base annua (2014), lo stesso trend rilevato nei primi nove mesi, il gettito complessivo di quest'anno supererebbe di poco il miliardo di euro.

 

Si tratta di un valore pari a meno di un terzo del gettito atteso nel 2015. La legge di Stabilità prevede che il prossimo anno nelle casse dello Stato entrino, alla voce lotta all'evasione, 3,4 miliardi. E, guarda caso, proprio su questa voce i tecnici di Bruxelles hanno espresso più di qualche perplessità.

 

federica mogherinifederica mogherini

Il loro ragionamento è lineare. Delle due, l'una. O il governo italiano conta di arrivare a quei valori (triplicare in dodici mesi gli incassi della lotta all'evasione è cosa rara) grazie a un condono fiscale, legato al rientro dei capitali. Oppure, la cifra è «gonfiata» per far quadrare i conti.

 

Nel primo caso, quel gettito - comunque - non potrebbe essere utilizzato né per coprire nuove spese, né per ridurre il deficit. Per la contabilità europea, il gettito da condoni fiscali (comunque si chiamino: sanatorie, concordati, altro) è calcolato come entrata una tantum. Quindi, non spendibile. Nel secondo caso, si tratterebbe di un ulteriore appesantimento del deficit; per di più non contabilizzato come tale.

 

Da qualunque parte si voglia interpretare il dato, i tecnici europei non distoglieranno il faro sui conti pubblici italiani. Soprattutto, dopo le polemiche - tutt'altro che sopite - tra Juncker e Renzi. Da notare, poi, uno strano gioco del calendario. La Commissione Ue completerà l'esame della manovra verso la fine di questo mese. Esattamente in coincidenza dell'approdo della legge di Stabilità nell'aula di Montecitorio.

 

pier carlo padoanpier carlo padoan

Il presidente della Commissione sarebbe particolarmente indispettito con il premier italiano. Si sarebbe atteso che il presidente di turno dell'Unione non criticasse così platealmente le strutture della Commissione. Così ieri s'è tolto qualche altro sassolino dalle scarpe.

 

Ha annunciato che il piano europeo di investimenti per 300 miliardi verrà discusso nel Consiglio europeo di dicembre. Ma al tempo stesso ha rivelato che, contestualmente al piano, presenterà anche un nuovo progetto di governance europea, che sarà frutto del lavoro preparatorio svolto da Draghi (Bce), Tusk (presidente del Consiglio Ue) e Dijsselbloem.

 

Nelle password europee «un nuovo progetto di governance» può dire due cose. Una riforma del Fiscal Compact in chiave orientata alla crescita e meno al rigore (e Renzi avrebbe vinto la partita). Oppure, più verosimilmente, un ulteriore trasferimento di sovranità dagli Stati membri alla Commissione.

 

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