
GIORGIA, CHE GAZA FAI? - STEFANO FOLLI SMASCHERA IL CAMALEONTISMO DELLA MELONI, CHE CONTINUA A BACIARE LE PANTOFOLE DI TRUMP E DELL’AMICHETTO NETANYAHU: “SUBORDINARE IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE ALLA CONDIZIONE CHE HAMAS ESCA DI SCENA È IN APPARENZA UN'APERTURA ALLA LINEA EUROPEA. IL RICONOSCIMENTO DELLA PALESTINA DI LONDRA E PARIGI HA OBBLIGATO ANCHE ROMA A PRENDERE UNA DECISIONE. IL GOVERNO È USCITO DALL'IMMOBILISMO, MA NON SI PUÒ DIRE CHE ABBIA RICALCATO LA POSIZIONE DI MACRON. MANTIENE UNA SUA LINEA VICINA A WASHINGTON E BERLINO…”
Estratto dell’articolo di Stefano Folli per “la Repubblica”
GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU
[…] la tensione è salita alle stelle e il governo, tramite il ministro della difesa, Crosetto, ha deciso di prendere sul serio la minaccia.
Di qui l'ordine a una fregata della Marina di fare rotta a sud di Creta e prepararsi, nel caso, a soccorrere i malcapitati.
È una mossa per guadagnare tempo e capire cosa sta succedendo, ma il risvolto è soprattutto politico: s'intende far capire al governo di Gerusalemme che ci avviciniamo al limite di una crisi molto grave con l'esecutivo italiano, finora uno dei più cauti di fronte al conflitto in Palestina.
attacco di droni contro la flotilla
È vero che la proposta degli israeliani (scaricare gli aiuti alimentari in un porto vicino alla Striscia e da lì smistarli) è stata subito respinta dai capi della Flotilla, ma il rischio a questo punto è che la situazione sfugga di mano. Sul piano politico è evidente che le barche sono gestite secondo un obiettivo preciso: frantumare qualsiasi residuo canale di comunicazione fra l'Italia, altri paesi del Sud Europa e Israele. E questo espone in particolare il governo di Roma a rischi inediti.
BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI
L'Italia è la nazione meridionale più grande, protesa nel mezzo del Mediterraneo. Le sue iniziative hanno un rilievo immediato nel teatro del conflitto. Anche e soprattutto per questo gli scioperi pro Pal e i relativi disordini sono più vigorosi e talvolta più cruenti che altrove in Europa.
Ora una pagina è stata voltata: il riconoscimento dello Stato di Palestina — un gesto simbolico ma con enormi riflessi politici — deciso da capitali di primo piano, a cominciare da Londra e Parigi, ha obbligato anche Roma a prendere una decisione.
donald trump benjamin netanyahu
Finora Giorgia Meloni si è mossa in sintonia con Berlino: e tutti capiscono perché i tedeschi siano così prudenti prima di compiere passi definitivi contro lo Stato ebraico. È la stessa prudenza del nostro esecutivo, nonostante la pressione crescente di un'opposizione radicalizzata a sinistra […]
Roma ha dunque deciso di subordinare il riconoscimento dello Stato palestinese alla condizione che Hamas esca di scena; il che implica come primo passo, è ovvio, la liberazione degli ostaggi superstiti. In apparenza è un'apertura alla linea europea, di fatto è un modo per articolare una posizione vicina agli Stati Uniti.
E in questo caso Trump c'entra in quanto presidente in carica, ma qualunque amministrazione americana ha sostenuto in passato e sosterrebbe oggi che non si negozia con un'organizzazione terroristica. Sul piano dei simboli con valore politico, il governo Meloni è quindi uscito dall'immobilismo, ma non si può dire che abbia ricalcato la posizione di Parigi.
Anzi. L'Italia mantiene una sua linea autonoma, vicina a Washington e Berlino. Del resto, se guardiamo a Israele, anche le fazioni politiche più ostili da sinistra a Netanyahu rifiutano di negoziare con Hamas la cessione di territori. Avere a fianco uno Stato governato da gruppi di terroristi è un'ipotesi rigettata da tutti. Ora bisogna osservare gli eventi: in primo luogo la Flotilla con le sue ambiguità.
BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI
attacco di droni contro la flotilla
BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI
attacco di droni contro la flotilla
BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI