carosello 3

L'ITALIA E' UN "CAROSELLO" - MATTIOLI: “LE DUE CHIESE DI MASSA, LA CATTOLICA E LA COMUNISTA, NON AMAVANO IL CONSUMISMO, COSA CHE PERALTRO NON GLI IMPEDÌ DI STRAVINCERE. LA RAI VEGLIAVA NON SOLO SUI BUONI COSTUMI, MA ANCHE SULLE BUONE MANIERE: VIETATO, PER ESEMPIO, DIRE LASSATIVO, DA QUI IL CELEBRE “BASTA LA PAROLA” DI TINO SCOTTI PER I CONFETTI FALQUI. LE DONNE, OVVIAMENTE, ERANO SEMPRE IN CASA E VESTITISSIME…” (VIDEO)

 

Alberto Mattioli per “la Stampa”

 

carosello 2

Questa clamorosa mostra su «Carosello. Pubblicità e televisione 1957-1977», piazzata un po' a sorpresa fra i Van Dyck e i Goya della Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo (da oggi all' 8 dicembre), è soprattutto una favolosa operazione-nostalgia per chiunque sia abbastanza vecchio da essere stato mandato a letto dopo Carosello.

 

Carosello

Il primo fu trasmesso il 3 febbraio 1957: faceva la réclame, come si diceva allora, per Shell, L' Oréal, Singer e Cynar. Le regole erano già ferree: lunghezza di due minuti e 15, storie slegate dalla pubblicità vera e propria, condensata infatti in 35 secondi, per lo più nel «codino» conclusivo, unico elemento replicabile perché ogni Carosello era diverso dall' altro.

 

carosello 1

Infatti in quel debutto Mike Bongiorno intervistava per L' Oréal un' avvocatessa penalista, allora una rarità, mentre incredibilmente il Cynar non era ancora il rimedio principe contro il logorio della vita moderna e il testimonial non era Ernesto Calindri, bensì Carlo Campanini nei panni di un barman prestigiatore.

Nell' Italia appena avviata sull' autostrada del boom, la pubblicità era vista con sospetto.

index

 

Le due chiese di massa, la cattolica e la comunista, non amavano il consumismo, cosa che peraltro non gli impedì di stravincere. La Sacis, la concessionaria della Rai democristiana, vegliava non solo sui buoni costumi, ma anche sulle buone maniere: vietato, per esempio, dire «lassativo», da qui il celebre «Basta la parola» di Tino Scotti per i confetti Falqui.

marchesi

 

Le donne, ovviamente, erano sempre in casa e vestitissime, anche molto di più, fanno notare i curatori Dario Cimorelli e Stefano Roffi, di quelle alquanto scollacciate della cartellonistica bellépochiana. Colpisce che ancora nel '72 un Carosello della Singer fosse tutto giocato sul tema della donna al volante pericolo costante, e per la regia di Paolo Taviani (senza Emilio), poi.

images

 

Carosello era la via italiana alla pubblicità, un caso unico al mondo di concentrazione di tutti i consigli per gli acquisti in un' unica rubrica, il che fra l' altro non deprimeva la pubblicità sui giornali, alla radio o sui manifesti, qui ampiamente rappresentati.

 

Carosello gassmanbaci

In quei vent' anni di Caroselli se ne produssero più di 30 mila, una media di quattro al giorno, un ritmo da telenovela sudamericana ma con ben altra fantasia. L' eutanasia di Carosello, il 1° gennaio '77, segnò la fine del sovranismo pubblicitario: non c' era più solo il primo canale, iniziavano le emittenti locali e poi le «private» e come nel resto del mondo la pubblicità tivù smetteva di essere sketch per diventare spot. In effetti, già nei Caroselli degli Anni Settanta i pantaloni a zampa d' elefante e le musiche yéyé quasi disturbano, come se con il Sessantotto fosse finita quell' età dell' innocenza italiana che furono i nostri favolosi Sixties.

carosello

 

Naturalmente, ci sono tutti: Totò e Alberto Sordi, Vianello in coppia sia con Tognazzi che con la Mondaini, Mike, Baudo, la Carrà, Virna Lisi, Vittorio Gassman, Fernandel, Rascel, Macario, il Quartetto Cetra, Franco Cerri sempre a mollo nella lavatrice con il Bio Presto, e una Mina regale che nel '66 canta per la Barilla su fondali metafisici come un De Chirico: sono, si scopre sul ghiotto catalogo, il tetto della stazione di Napoli e la scalinata del Palazzo della Civiltà del Lavoro all' Eur.

China Martini thumb big

 

E ancora: un Paolo Poli fantastico per la Nestlé nel '64, un Dario Fo spiritato e spiritoso per Barilla nel '59, i divi d' importazione, Joséphine Baker, Dalida, Sylvie Vartan, Abbe Lane, Brigitte Bardot.

 

Nel '68 Louis Armstrong gira a Modena quatto short in cui suona When the Saints go marchin' in. Già è surreale Satchmo che fa il Carosello a Modena, ancora di più che nessuna marca l' abbia voluto usare: così la pellicola finì prima in un cassetto e poi, pare, distrutta.

carosello

 

Si rivedono Topo Gigio, la Linea di Osvaldo Cavandoli, Caballero e Carmencita di Armando Testa, l' ippopotamo Pippo pure di Testa (con schizzi dettagliatissimi per i due disgraziati che lo muovevano dall' interno), Calimero di Pagot, Angelino di Paul Campani, Camillo il coccodrillo, Susanna tutta panna, la mucca Carolina.

carosello 3

 

Slogan indimenticabili per prodotti forse dimenticati oppure ancora sulla breccia e sugli scaffali, il digestivo Antonetto, il rabarbaro Zucca, la carne Montana, la dolce Euchessina, mentre i registi si chiamano Emmer, Bolognini o Scola. Carosella anche chi non t' aspetti: così nel '57 l' Amarena Fabbri usa Renato Guttuso, «il Picasso italiano». Anche Salvador Dalì in Francia era il testimonial del cioccolato, fotografato mentre addentava goloso la barretta che gli faceva subito rizzare il celebre baffo.

 

carosello 4

Operazione nostalgia, si diceva. Non tanto e non solo di vent' anni di irripetibile creatività, ma di quell' Italia giovane, ottimista, innovativa, proiettata sul futuro e sul mondo, non rancorosa né arrabbiata. Oggi che siamo ridotti a rimpiangere non dico De Gasperi, ma perfino Fanfani o addirittura Rumor, volete che non sembrino «mitiche» invenzioni geniali come la Linea o Calimero? Vero che noi a letto subito dopo Carosello ci siamo andati davvero...

carosello 6carosello 8carosello 7carosello 5

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”