"NON LE VOGLIO LE TUE SCUSE, CARO FEDE, CHIEDO SCUSA IO: PER ESSERE RISPETTATA COME DONNA HO DOVUTO RICORDARTI DI AVER FATTO PARTE DEL CLAN DEI PREPOTENTI E DEGLI ARROGANTI. SIA PER ME E PER TUTTI UN MOMENTO DI PROFONDA RIFLESSIONE"

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LETTERA A 'REPUBBLICA': CHIEDO SCUSA A EMILIO FEDE

Silvia Cavanna
Segrate, Milano

Ho anni 63 compiuti, abito a Segrate, ho lavorato 20 anni per Mediaset in qualità di dirigente. Oggi, dopo una cena piacevole, percorro con mio marito la stradina notoriamente pedonale, ora abusivamente usata da poche auto di alti papaveri e rispettive scorte per raggiungere gli Studi televisivi di Rete 4. Da una di queste auto ci viene suonato il clacson, mio marito fa presente che i pedoni hanno la precedenza in quanto strada pedonale, si abbassa un finestrino e: "Spostati faccia di merda!"

Riconosco Emilio Fede, che protende il suo viso sotto quello di mio marito, invitandolo: mettimi le mani addosso, toccami! Mi metto tra i due: "Sono stata tua collega per 20 anni, ho lavorato 20 anni con Carlo Bernasconi (braccio destro di Berlusconi, morto nel 2001, gran brava persona). A quel punto il grande cambiamento: mi scusi Signora, mi scusi Signora. Non le voglio le tue scuse, caro Fede, chiedo scusa io: per essere rispettata come donna ho dovuto ricordarti di aver fatto parte del clan dei prepotenti e degli arroganti. Sia per me e per tutti un momento di profonda riflessione.

 

 

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