IL NECROLOGIO DEI GIUSTI – DIFFICILE NON PERDERSI NELLE STORIE CHE RACCONTAVA GIANFRANCO BARUCCHELLO, ARTISTA, REGISTA, PITTORE, SCRITTORE CHE SE NE È ANDATO A 98 ANNI – L'INCONTRO CON MARCEL DUCHAMP, IL RAPPORTO CON ALBERTO GRIFI, CHE DETTE VITA AL CAPOLAVORO "VERIFICA INCERTA" CHE STORICIZZAVA CON UNA NOBILTÀ ANTICA IL FIGLIOCCIO PIÙ CIALTRONE E MENO ARTISTICO “BLOB” - VIDEO 

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Marco Giusti per Dagospia 

 

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L’ultima volta che l’ho visto quest’estate mi ha raccontato con dovizia di particolari le nozze di Edda Mussolini e il conte Galeazzo Ciano a Livorno il 12 aprile del 1930, con lui bambino, doveva avere sei anni, che assieme a altri bambini sbirciava il Duce e gli altri invitati importanti. Cercava proprio di ricmporre quella giornata che per lui doveva essere stata di grande importanza. Difficile non perdersi nelle storie che raccontava l'ormai quasi centenario Gianfranco Barucchello, artista, regista, pittore, scrittore che ha illuminato la scena culturale non solo italiana dal dopoguerra a oggi, e che se ne è andato per sempre a 98 anni. 

 

gianfranco baruchello 3 gianfranco baruchello 3

Come tutti i centenari che riescono a mantenere anche un po’ di controllo dei loro ricordi e a seguire un filo anche sottilissimo, Barucchello andava molto indietro, poteva spaziare dalla sua infanzia a Livorno, dove era nato nel 1924, con un padre importante, direttore dell'Unione industriali italiani, agli anni della guerra e del primissimo dopoguerra che lo vide lavorare a Colleferro alla Bomprino Parodi Delfino, industria chimica, nota come BPD, che faceva di tutto dalla polvere da sparo al DDT al sapone Lauril. 

 

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Fino a raccontare, certo, gli anni della sua formazione artistica, l'incontro con Marcel Duchamp, il rapporto con Alberto Grifi, che dette vita a un capolavoro che cambiò negli anni '60 il nostro modo di vedere un film, di ragionare sul montaggio, di strutturare una storia spezzando le trame già scritte, "Verifica incerta", una sorta di superblob dove si incrociano e dialogano fra di loro scene all'apparenza casuali di ben 47 film. Per Umberto Eco “un curioso collage cinematografico […], una storia fatta con spezzoni di storie, anzi di situazioni standard, di topoi, del cinema commerciale”. 

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Un montaggio che dava vita per la prima volta a un'opera che dalla costruzione teorica e dal solo avvicinarsi di un'immagine all'altra costruiva la propria forza di racconto unico, di film. O controfilm. Mentre Michael Snow toglieva all’uomo dietro la macchina da presa la scelta di cosa riprendere della vita sulla terra, Baruchello e Grifi, decomponendo il già girato lo ricostruivano come nuovo racconto inventando le mille trame, volute o casuali della scrittura alla moviola. Un collage di pellicole a 35 mm che diventava un solo film in 16 mm contro ogni logica del film d’autore e ogni ragionamento di sfruttamento commerciale. Una rivoluzione, al tempo. 

 

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Alla faccia dei diritti di ognuno di quelle 47 pellicole che renderebbero oggi impossibile perfino ideare un simile lavoro. Nel suo studio, un po' fuori Roma, ogni tanto, tra un ricordo di Grifi e uno dei tempi di guerra, spuntava una pizza con tagli, rimasugli della Verifica incerta, grande titolo duchampiano, che anticipava e storicizzava con una nobiltà antica il figlioccio più cialtrone e meno artistico Blob, che arriverà 25 anni dopo nella pur sofisticata rete di Guglielmi. 

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E non a caso proprio a Guglielmi, a Umberto Eco e agli altri intellettuali del Gruppo 63, leggo, il film era stato mostrato per la prima volta a Palermo nel 1965 (sarà vero? O alla Cinémathèque français presentato da Duchamp, sempre nel 1965). Avevo già visto la Verifica incerta prima di arrivare a Blob? Sicuramente. Come avevo visto i film di Michael Snow. Ma, a differenza di Ghezzi, che teorizzava la cosa, forse per dargli una dignità di cinema (almeno) sperimentale, non ho mai visto Blob come figlio o figliastro del lavoro di Baruchello e Grifi. Se lo era stato, almeno per me, lo era stato inconsciamente. 

 

alberto grifi e baruchello alberto grifi e baruchello

Negli anni ’80, anzi alla fine degli anni ’80, tutto quel tipo di cinema era già stato mangiato e digerito (bones and all) dalla mia generazione critica. Logico che sputassimo in tv quello che avevamo visto e amato in quegli anni. Lo stesso uso del trailer (tagliato) di “Blob” il film era un uso alla Baruchello-Grifi. Ma non ne parlammo mai quando costruimmo il programma, anche se Enrico voleva recuperare il titolo “la verifica incerta” per fare dei bla-bla-bla sui film del Festival di Venezia, idea che mi sembrava terribile, già il primo anno di Blob, certo il titolo era allettante, e più di una persona mi fece notare che blob era un po’ un furto del lavoro di Baruchello e Grifi. 

 

opera di Baruchello opera di Baruchello

Ma con Baruchello non ne abbiamo mai parlato. Il momento storico e il momento culturale erano così diversi che per forza ogni collegamento era una forzatura. Per non parlare del fatto che uno era un film, in 16 mm, e uno era un programma televisivo. Ma credo che a Baruchello, così preoccupato di seguire i suoi fili di storie, di racconti visivi, l’esperienza di “Verifica incerta” interessasse soprattutto come gesto duchampiano, narrativo/anti/narrativo. 

Gianfranco baruchello Gianfranco baruchello

Ma non aver buttato via dalla sua villa-studio le pizze delle pellicole che ogni tanto spuntavano qua e là dopo sessant’anni, e magari c’è qualcosa di raro e di interessante pensavo, dava al tutto una luce davvero bizzarra, quasi da finale di Apocalypse Now. La mia missione però, perché una missione c’era, era quella di capire come poter recuperare una serie di nastri girati da Baruchello con grandi filosofi e pensatori che si erano “attaccati”. Gli portai l’uomo giusto per ricostruire qualsiasi nastro attaccato, Luca Rea, che ridette vita a ore e ore di interviste strepitose che Baruch aveva fatto. 

 

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Io mi persi nella sua biblioteca, che conteneva anche quella del padre e, credo, quella del nonno. Mi persi nelle trame dei suoi disegni infiniti e nei suoi ricordi di guerra. Fantastici. Che avrei voluto riprendere. Alla fine mi stupiva l’idea che un uomo, un artista che riuscisse a ricostruire così bene, anche da vecchio e vecchissimo, le trame delle sue tante storie e tante vite, fosse lo stesso che avesse tagliato per sempre la narrativa classica del cinema. Per rendere le immagini e i suoni liberi di ricomporsi in mille modi diversi.

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