PIERO TOSI, il COSTUMISTA GENIALE CHE HA VESTITO IL CINEMA DI FELLINI E VISCONTI, DE SICA E PASOLINI - 'BIRDMAN' È ORRENDO, UN FILM FURBO. IN ITALIA SALVO GARRONE, SORRENTINO, MUNZI E AMELIO"

Ha lavorato sul set di "Satyricon" con Fellini, del "Gattopardo" con Visconti, di "Matrimonio all'italiana" con De Sica. "La Filumena di Sophia è la migliore di sempre", "Non ringrazierò mai abbastanza Claudia Cardinali per aver ritirato l'Oscar al mio posto". "Su Luchino i cinematografari spargevano menzogne perché i suoi film costavano troppo"...

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Malcom Pagani e Fabrizio Corallo per "il Fatto Quotidiano"

 

piero tosi piero tosi

Le bretelle di Charlotte Rampling ne Il portiere di notte. La coppola di Alain Delon, il Rocco che esplora con i suoi fratelli la notte milanese del 1960. L’abito di Claudia Cardinale pronta al gran ballo nella società dei gattopardi siciliani. Tomasi di Lampedusa l’aveva immaginata in rosa e Piero Tosi, fiorentino di retroguardia prossimo al genetliaco numero ottantotto, trasformò per sempre colore del vestito e immaginario collettivo. Il bianco è una tinta che gli rassomiglia. Erano bianche le notti con Fellini: “Quando a Fregene mi rimboccava le coperte dandomi il bacio della buonanotte e si svegliava all’alba, scalpicciando nel giardino alla ricerca di un’idea fin dalle 5 del mattino”.

 

Bianche le ville venete “incontrate ai tempi di Senso, quando viaggiare era un lusso e affrontai sul campo la mia educazione sentimentale alla bellezza”. Bianchi, per raggiunta lietezza interiore, consuntivi e prospettive: “Guardandomi indietro penso che ho firmato qualche schifezza e che qualcosa avrei potuto sicuramente fare meglio. Ma non ho rimpianti e se ci penso bene, da irredimibile pigro, ho avuto molto e mi stupisco d’esser ancora in piedi. Il mio sogno sarebbe stato riposare da mattina a sera. Non ho mai voluto lavorare e se escludo l’entusiasmo degli inizi, il resto ha rappresentato uno sforzo sovrumano.

 

La passione viscerale per il cinema durò 5, forse 6 anni. Poi il sentimento verso il set svanì e nacque l’amore pazzo per la vita. Roma era straordinaria. Offriva mille e un’occasione. Gioie, incontri, meraviglie. Ci si distraeva spesso e volentieri. Quando qualcuno mi assoldava, maledivo il cielo. ‘È finita, è finita la mia libertà’ pensavo. Firmavo con l’animo del condannato. Il contratto era un capestro. Una limitazione della libertà. Il primo mese, soprattutto, era durissimo. Lottavo con me stesso e con il mio rifiuto, impiegavo energie per abituarmi all’idea, soffrivo fisicamente”.

 

Piero Tosi Piero Tosi

Dopo 5 candidature all’Oscar, una recente statuetta hollywoodiana alla carriera, un imprecisato numero di David di Donatello e Nastri d’Argento in bacheca e una filmografia che lo ha visto collaborare con Visconti, Bolognini, Monicelli, Fellini e Pasolini, Piero Tosi è tornato al suo diletto. Accompagna i ricordi: “Un’era passata di delizia e fervore” con onomatopeici sussulti emotivi. “Ooohhh”. “Eeehhh”. Fonemi con cui conferma e puntella un discorso, per affermare con più forza che il passato non tornerà. Attraversa il paradosso di un tempo che non gli piace: “Oggi a Roma non c’è niente e ai giovani si può augurare soltanto l’impiego costante che gli veli e gli nasconda la modestia della realtà contemporanea”.

 

Cresce allievi al Centro Sperimentale di Cinematografia: “Da docente ho scoperto una felicità mai provata nel mio lavoro di costumista. A insegnare si impara, anche fosse soltanto per una sola persona”. Guarda alle stagioni con il disincanto di chi, da neorealista onorario, si è saputo accontentare di un fornello da campeggio nell’angolo e due stanze modeste, mentre i colleghi costringevano allo straordinario l’agente immobiliare di turno: “Non ho mai avuto bisogno di nient’altro e quando vedevo case come quella del mio amico Zeffirelli, impallidivo. ‘Che ci farà con tutto questo spazio?’ mi chiedevo?”.

 

   Cos’altro si chiedeva da ragazzo?

 

Le sorelle Fendi con Piero Tosi Le sorelle Fendi con Piero Tosi

   Come avrei fatto a sopravvivere. I soldi erano pochi e pur non andando molto in sala, dal cinema ero affascinato. Roma e Cinecittà erano luoghi mitologici. Posti che a un ragazzo senza arte né parte di Sesto Fiorentino, erano preclusi.

 

   Come arrivò a Cinecittà?

 

   Per una coincidenza benedetta. Franco Zeffirelli, che era stato con me all’Accademia, mi segnalò a Visconti. Luchino era arrivato al Maggio Musicale Fiorentino con uno spettacolo. Io riuscii a ottenere un ruoletto periferico nel suo allestimento di Troilo e Clessidra. Ero il quarto assistente alla regia. Sarebbe potuto finire tutto lì e chissà che mestiere sarei finito a fare, ma mi impegnai ed ebbi fortuna.

 

   Che tipo di fortuna?

 

PIERO TOSI SABATO GIUGNO PIERO TOSI SABATO GIUGNO

   In primis, l’amicizia di Zeffirelli. Franco convinse Visconti a farmi fare alcune ricerche su Cronache di poveri amanti. Il film lo girò poi Lizzani, ma io rimasi in contatto con Luchino su un altro progetto che non realizzò, La carrozza del santissimo sacramento, pensato per la Magnani. Al terzo tentativo, ancora con Anna come protagonista, arrivò Bellissima.

 

   Attualissimo capolavoro viscontiano ebbro di crudeltà e cinismo.

 

   Visconti si fidò. Una pura scommessa. Ero inesperto. Facevo il galoppino. Cercavo gli abiti per strada perché Anna Magnani, da popolana, doveva indossare i vestiti della vita reale. Meglio se già usati. Lisi. Sgualciti. ‘Tutto deve essere vero’, diceva Luchino. Fu una prova impegnativa, ma aveva ragione.

 

   Accadeva spesso?

 

PIERO TOSI Credits Fiorenzo Niccoli PIERO TOSI Credits Fiorenzo Niccoli

   Visconti non covava dubbi. Aveva solo certezze. Era un condottiero medievale. Grande amore per il proprio lavoro ed estremo rigore nei confronti di se stesso. Rigore, neanche a dirlo, preteso anche dagli altri. Gente che dalla bottega rinascimentale di Luchino si sentiva protetta e ripagata. Visconti è l’unico maestro della sua generazione ad aver inventato registi, scenografi, costumisti. Francesco Rosi, Zeffirelli, Garbuglia, Scarfiotti. Ne ometto tanti altri.

 

   Giurano che Visconti fosse maniacale nella cura del particolare.

 

   L’ho visto tirare fuori le fotografie delle vacanze di famiglia al Lido in occasione di Morte a Venezia e divertirsi, esagerando forse, a riempire di polvere il cast di chi ne Il Gattopardo saliva in carrozza perché diceva Luchino: ‘Tutte le volte che ci andavo a Cernobbio, scendevo dal cocchio con le labbra arse, i vestiti color farina e gli occhi che erano due buchi neri’. Luchino era appassionato. Ma la passione è diversa dal puntiglio .

 

   Visconti è stato raccontato male?

 

   Su Luchino c’è stata molta cattiva letteratura. Molte leggende. Aneddoti irritanti, venati da una luce stupida. Molte bugie create ad arte. Alcune balle assolute. Ho letto che esigeva che le camicie avessero le cifre e fossero tutte di pura seta. Basta vedere certi colli inamidati per capire la demenzialità di certe osservazioni. Ma la calunnia è un venticello e quando i costi lievitavano, i cinematografari spandevano tempesta.

 

   Lei di produttori ne ha conosciuti tanti.

 

CARLA FENDI CON PIERO TOSI SARTORIA TIRELLI Credits Fiorenzo Niccoli copia CARLA FENDI CON PIERO TOSI SARTORIA TIRELLI Credits Fiorenzo Niccoli copia

   Alcuni straordinari. Era un’epoca aurea in cui registi di grande talento avevano la fortuna di un contraltare coraggioso. Per produrre 8 ½ , Il Gattopardo e La Dolce Vita, ci voleva fegato. La storia di Peppino Amato la conoscevamo tutti.

 

   Quale storia in particolare dello storico produttore napoletano?

 

   Peppino Amato entrò nell’ufficio di Angelo Rizzoli con un malloppo di fogli in mano: ‘Ho qui una sceneggiatura schifosa, ma talmente schifosa che bisogna farla per forza’. La Dolce Vita nacque così. Da un copione passato di ufficio in ufficio, regolarmente scartato. Una cosa pazzesca. La follia di un momento eccezionale. Amato era molto simpatico, incuriosiva al solo vederlo, sapeva affascinare, aveva uno slang tutto suo. Flaiano gli aveva attribuito alcune frasi storiche: “Su La Dolce vita c’è un’attesa sporadica” o anche “Al ricevimento non sono entrato, mi sono fermato sulla sogliola”. Chissà se poi le aveva dette veramente.

 

   Lei lavorò anche con Rizzoli.

 

   Facendo anche dei film schifosetti. In Vacanze a Ischia di Camerini, la preoccupazione principale era valorizzare l’albergo Regina Isabella in ogni sua foggia.

 

   In quel film recitò anche De Sica. Siete stati amici?

 

   Ooohhhh, passare le giornate con De Sica era una gioia incredibile. Vittorio era un genio. Un uomo meraviglioso. Non mi ha mai chiesto niente, si fidava. Per lui contavano i tempi. Sul set di un suo film, un brutto film a dire il vero, Caccia alla volpe, si sdoppiava nella doppia veste di regista e attore. Appena finiva una scena, chiedeva subito lumi: ‘Quanto è durata?’. Un assistente con un enorme cronometro rispondeva: ‘18 secondi’. ‘Deve durare di meno, ne giriamo un’altra’. E un’altra ne giravamo. Senza respiro.

QUIRINO CONTI CARLA FENDI PIERO TOSI A SPOLETO QUIRINO CONTI CARLA FENDI PIERO TOSI A SPOLETO

 

   Con De Sica le capitò di dividere più di un’avventura .

 

   Facemmo Ieri, oggi e domani e soprattutto Matrimonio all’Italiana. La Filumena di Sophia Loren è la migliore di sempre. Migliore anche di quella di Eduardo con Titina perché Sophia interpreta la prostituta con più credibilità. Nel film di De Sica ci sono scene di rara bellezza. Sophia era bravissima. Le davi un input e iniziava a suonare, come un carillon. Non ho mai litigato con lei né con gli altri attori incontrati nel cammino. Quando lavori con registi autoritari e autorevoli, l’attore diventa docile. Si abbandona. Anche in quell’occasione usammo roba vecchia riadattata all’uso. Vesti datate che a partire dall’abito delle nozze, cadevano perfettamente sul corpo e restituivano un vissuto. Una storia pregressa.

 

   Per un altro abito bianco indossato da una popolana, Claudia Cardinale introdotta in società ne Il Gattopardo, sfiorò uno dei tanti possibili Oscar della sua vita.

 

NICOLETTA ERCOLE ADRIANA ASTI PIERO TOSI NICOLETTA ERCOLE ADRIANA ASTI PIERO TOSI

   Se osservo Il Gattopardo ancora mi chiedo come ho fatto. Ero molto giovane e impreparato, fu un’impresa. Mesi di preparazione, di ritardi, di improvvisi stop. Claudia era un talento che custodiva un mistero. Era una donna mite e riservata. Quasi sotto tono. Poi sul set diventava un’altra. Non la ringrazierò mai abbastanza per essere andata a ritirare l’Oscar al mio posto.

 

   Le ha chiesto di andare a Los Angeles in sua vece?

 

   Ma siete matti? Non mi sarei mai permesso. Un favore simile non l’avrei chiesto neanche con un mitra alla schiena. Sono stati gli amici: ‘Deve andare Claudia’ hanno detto e Claudia ha deciso di sobbarcarsi santamente tutte quelle ore di volo. Io alla cerimonia non sarei andato, così come non andavo ai tempi in cui finivo in nomination arrivando persino a non rispondere alle lettere dell’Academy. Non prendo mai l’aereo, detesto i lunghi viaggi e – giuro che sono sincero – né i premi né l’apparire mi hanno mai particolarmente entusiasmato.

 

   Ha un film a cui è più affezionato di altri?

 

GIORGIO FERRARA PIERO TOSI GIORGIO FERRARA PIERO TOSI

   Forse Bubù di Mauro Bolognini, la trasposizione al cinema del Bubù de Montparnasse scritto da Charles-Louise Philippe. Mauro era rapido nel catturare le cose. Cercava invano un toscano da mesi, così per Metello gli suggerii Massimo Ranieri. Era napoletano e inesperto, ma io sentivo che poteva andar bene. Tra me e Bolognini c’era un’intesa straordinaria e facemmo insieme tantissime cose. Ma quel film apparentemente minore, Bubù, aveva una specie di coraggio visivo. Per cercare le puttane giuste, non le vamp a noi contemporanee, ma quelle che avevano ispirato gli scrittori di un altro secolo, sfogliai le foto del casino che aveva rapito Maupassant e ci ritrovai volti incredibili. Facce da criminali, donne brutte, deformi, eccessive. Bubù evadeva dalla routine, come del resto Medea.

 

   Come fu il rapporto con Pasolini?

 

   Complicato. Con grandi difficoltà d’intesa, almeno all’inizio. Se con Maria Callas il rapporto era idilliaco, con Pier Paolo mancava naturalezza e facevo fatica. Con me era strano. Pur amando le arti figurative ed essendo colto e intelligente, restava diffidente. Credo temesse che precipitassi nel film l’universo zeffirelliano. Mi guardava con sospetto. Poi ci chiarimmo. Smisi di disegnare e costruii dei prototipi per mostrargli cosa avevo esattamente in testa.

Piero Tosi per Silvana Mangano Morte a Venezia Piero Tosi per Silvana Mangano Morte a Venezia

 

   Lei collaborò attivamente anche a uno dei film più misteriosi di Fellini, Satyricon.

 

   Satyricon era un gigantesco calderone in cui nuotavano idee, suggestioni e diffusa confusione sul da farsi. Federico aveva avuto qualche controversia con Danilo Donati impegnato altrove e mi chiese una mano: ‘Che ti costa? Sono solo un paio di settimanelle’. La Caduta degli dei di Visconti era stato interrotto momentaneamente per mancanza di fondi e ci cascai. Le settimanelle diventarono mesi. Un lavoro enorme. Con i collaboratori storici, Fellini litigava spesso. Già una volta, ai tempi di Giulietta degli spiriti, mi convocò perché aveva rotto con Piero Gherardi, un signore che con lui aveva vinto due premi Oscar. Mi sottrassi e feci da paciere: ‘Ma Federico, perché mai dovresti interrompere un così proficuo scambio artistico?’.

 

   Fellini e Visconti erano molto diversi?

 

   Come il giorno e la notte. Fellini era l’opposto di Visconti. Tutto era gioco, variazione sul tema, scherzo semantico e immaginifico. Sapete come chiamava Terence Stamp? Terencino francobollo. Se voleva, Federico poteva conquistare chiunque. Ma era un indeciso cronico. Aveva dubbi continui.

 

   L’indecisione le creava problemi?

 

fidn34 piero tosi fidn34 piero tosi

   Io ho lo stesso carattere. Ma due indecisi in una stanza fanno danni. Se c’era un’idea che nasceva in corsa, all’ultimo momento, state pur certi che Federico avrebbe comunque optato per quella. Armava preparazioni infinite, ricerche insaziabili e faceva di tutto per rimandare i suoi film. Per aspettare. Per sognarci ancora intorno. Lo vidi sostituire senza troppe spiegazioni un attore inglese di primo livello mettendo al suo posto un buttafuori del Piper, un generico dal volto romanico e dalla faccia d’avorio che si era presentato quasi per caso sul set e in pochi minuti si ritrovò gettato in scena, davanti al ciak si gira. Da Fellini non sapevi mai cosa aspettarti e la cosa mi terrorizzava.

 

   Partecipava anche lei alle sedute di lavoro a cui Fellini sottoponeva Flaiano e gli altri collaboratori?

 

Che strano chiamarsi Federico Scola racconta Fellini Che strano chiamarsi Federico Scola racconta Fellini

   Nel breve percorso da Roma a Fregene, in quei pochi chilometri di Aurelia, Federico smontava regolarmente il lavoro fatto nelle settimane precedenti. Si andava al mare di sabato e si parlava praticamente solo di lavoro. Se Giulietta Masina provava a cambiare argomento, Fellini, con garbo, la azzittiva. Federico era un regista senza paragoni, ma amava starti sulla schiena come una scimmietta per vedere cosa facevi. Era abituato a lavorare così e non sarebbe cambiato. Così, pensando che se avessimo nuovamente lavorato insieme, avrei dovuto liberarmi a ogni costo da quella pressione, quando se ne presentò l’occasione mi difesi.

marina cicogna Luchino Visconti marina cicogna Luchino Visconti

 

Mi propose una collaborazione per Casanova. Risposi che avrei voluto a disposizione uno studio dove lui sarebbe potuto venire solo a distanza di tempo. Mi diedero un villone non lontano dalla Stazione Termini. Tre porte, due grandi finestre, lo spazio giusto. Una delle porte era sempre chiusa. Domandai invano per quale motivo, ma ricevetti risposte elusive. Dopo un paio di settimane capii. La porta si aprì ed uscì Federico. Si poggiò sulla mia schiena: ‘Allora? A che punto siamo?’. Alzai gli occhi e vidi che fuori dalla finestra, i germogli di lillà erano in fiore. Era primavera: ‘Fuori c’è la vita e io dovrei passare due anni così?’. Scappai.

 

   Tra una lezione al Centro Sperimentale e una rara collaborazione teatrale, lei ha diradato molto i suoi impegni.

 

helmut berger luchino visconti helmut berger luchino visconti

   L’età è quel che è e l’industria del cinema italiano di un tempo è svanita. Sono stato assai contento di lavorare con Quirino Conti, uomo fine, colto e intelligente, per Il Matrimonio segreto a Spoleto. Al Festival dei due Mondi, fin da un lontano Macbeth messo in scena da Visconti nel 1958, sono stato sempre legato. Di quello spettacolo diede un’acuta lettura Alberto Arbasino. Gli sono sempre stato grato. Capì e non era affatto scontato. Non sono felice di tutti i miei lavori, ho le mie schifezzuole nell’armadio anch’io, ma so anche che quel Macbeth valeva.

 

   Tramontata l’epoca di Menotti, è cambiato anche il Festival di Spoleto.

 

vittorio de sica vittorio de sica

   Spoleto è bellissima e lo spettacolo delle dame romane in gita, con gli abiti a palloncino a imbellettarsi eccitate all’angolo delle strade, mi è rimasto addosso. Una fotografia indelebile. Una combinazione fortunata. Certo, Spoleto è cambiata come tutto il resto. Quando passo per via Veneto, una via cadavere, mi pongo sempre la stessa domanda: ‘Come è nata?’. E soprattutto: ‘Come è morta?’. Non amavo la mondanità, ma la via Veneto con le ragazze seminude in piedi sulle macchine non l’ho scordata. C’era il timbro di un’epoca.

 

   Il cinema di oggi le piace?

 

claudia cardinale 3 claudia cardinale 3

   Dipende. Sono andato a vedere l’acclamato Birdman e mi è parso orrendo. Un film furbo che non si fatica a capire perché abbia vinto l’Oscar. In Italia da Garrone a Sorrentino passando per Amelio, abbiamo bravissimi registi. Mi piace Francesco Munzi. Anime nere è un bellissimo film. I registi esistono, non sempre sono messi nella migliore condizione per lavorare. Manca un sistema forte. Dei ragazzi del Centro Sperimentale usciti negli ultimi vent’anni, non ce n’è uno che abbia avuto un’occasione vera. La stagnazione non è recente, parte da lontano.

 

   Chi le manca, Tosi?

 

   Eeehhh, tanta gente. Se devo fare un nome dico Umberto Tirelli. Grandi litigate, stupendi viaggi al mercato delle pulci di Parigi. Chi mi ridà quegli anni? Quei momenti? Mi è rimasta solo la pigrizia. Il ricordo. E l’amata pigrizia.

 

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   C’è qualcosa che le piacerebbe raccontare ancora?

 

   Se mi guardo dentro non trovo niente. Non c’è nulla che mi piacerebbe davvero raccontare. Sono onesto. È terribile

 

PASOLINI PASOLINI

 

 

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