VASCO IS BACK – "MI SENTO UN 'SUPERVISSUTO'. NON MI SAREI MAI ASPETTATO DI ARRIVARE A 70 ANNI. MIRAVO A KURT COBAIN, COME GENERE – NELL'83 SONO FINITO IN GALERA PER DROGA, ERO ANCHE CONTENTO, MI È SERVITO PER SCENDERE DAL PERO - SCRIVERE E’ UN MESTIERE. LE CANZONI SONO COME LE PAGNOTTE, DEVI FARLE UNA PER UNA.. – OGGI HO RITROVATO IL PIACERE DI CAMMINARE E DI RESPIRARE, DOPO TANTI ANNI DI ANFETAMINA. BEVEVO MOLTO, PRIMA DEI CONCERTI. ADESSO HO SMESSO DI BERE PRIMA, BEVO DOPO” – VIDEO

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Michele Serra per “il Venerdì di Repubblica”

 

vasco rossi michele serra vasco rossi michele serra

Vasco, si sa, è un monumento. Ma Vasco Rossi, nato a Zocca, nell'Appennino modenese, il 7 febbraio del 1952 da Novella Corsi, casalinga, e Carlino Rossi, camionista, è una persona. Il monumento incombe (la mia macchina è piena della sua voce, c'è il lancio del suo nuovo disco, Siamo qui) mentre sto per incontrare la persona, in un giorno qualunque di questo autunno quasi normale.

 

Mi chiedo se, quando sarò con lui, riuscirò a dimenticare il monumento e parlare con la persona. L'appuntamento è in una delle sue tane, il grande locale multiuso che un poco gli fa da ufficio, un poco da sala di registrazione, lungo quella strada al tempo stesso modesta e decisiva che è la via Emilia, nel tratto che esce da Bologna verso oriente, in mezzo ai palazzi dell'ingloriosa architettura anni Settanta e Ottanta.

 

E qui bisogna fare una piccola premessa. È spesso un'estetica ordinaria, in Emilia, modesta e ordinaria, popolare e ordinaria, a fare corona a vicende e persone straordinarie. Non è una terra, questa, dove il segno l'ha lasciato la borghesia.

 

vasco rossi nel suo studio di registrazione a bologna vasco rossi nel suo studio di registrazione a bologna

Non è dai palazzi importanti dei centri storici che sono partiti i vincitori, i maestri, gli inventori, gli incantatori. Da queste parti il segno lo ha lasciato il popolo. Enzo Ferrari è figlio di un meccanico, Lucio Dalla di una sartina, Francesco Guccini di un impiegato alle Poste, Gianni Morandi di un ciabattino, Ferruccio Lamborghini e Serafino Ferruzzi entrambi di contadini, Enzo Biagi di un magazziniere, il clan transoceanico dei Panini nasce dai campi e da un'edicola nel centro di Modena, Ligabue il cantante ha cominciato come operaio metalmeccanico, Ligabue il pittore era povero, rachitico e senza padre.

 

Molti di loro neanche nati in città, sono scesi dai borghi e dai paesi dell'Appennino aspro e lontano, che dalla via Emilia sembra solo una vaga striscia ondulata all'orizzonte e invece è un mondo grande, sconosciuto e pieno di storie da raccontare. Nel giro di nemmeno cento chilometri, tra Reggio e Bologna, l'Emilia contadina e operaia, dalla seconda metà del Novecento ai nostri giorni, ha prodotto successo, ingegno, talento, denaro in quantità semplicemente inconcepibile da quei padri, quelle madri, quei nonni che faticavano a campare, avevano i geloni sulle mani e a cinquant' anni sembravano già vecchi, consumati dalla vita.

vasco rossi in copertina sul venerdi di repubblica vasco rossi in copertina sul venerdi di repubblica

 

Vasco è il figlio perfetto di questa terra che ha deciso di testa sua, dove non è chi ha fatto il Classico, ma chi ha fatto l'Istituto tecnico e Ragioneria, a battere ogni primato. E poiché, in un mondo dalla mitologia molto allargata e facilona come il nostro, la parola "monumento" non suoni retorica, o scontata, giova ripetere che il primato di Vasco, almeno il più vistoso, è quello (mondiale) del maggior numero di spettatori paganti per un singolo concerto: 225 mila, a Modena, nel luglio del 2017.

 

Nemmeno gli Stones, nemmeno Springsteen: così che la vecchia idea, un poco provinciale, che chi non canta in inglese è tagliato fuori, meriterebbe qualche ripensamento e qualche ridefinizione geografica. Tagliato fuori da dove? Il mondo è grande, c'è Los Angeles e c'è Teheran, c'è New York e c'è Seul, c'è Londra e c'è Lagos, c'è Nashville e c'è Modena.

 

Nessuno è la provincia di nessuno, se non accetta di esserlo, e la storia di Vasco è fatta apposta per dimostrarlo. (Uno dei suoi primi album, del resto, si chiamava Non siamo mica gli americani).

 

vasco rossi giovane vasco rossi giovane

Mi ritrovo davanti un bel signore non più giovane, in buona forma fisica (dimostra qualche anno meno dei suoi). Lo sguardo chiaro esce da occhi sottili, due fessure luminose, e sottile è anche il sorriso, quasi costante ma contenuto in un volto riflessivo, sorvegliato: c'è qualcosa di orientale nel ritratto dell'artista da quasi vecchio. Un copricapo rotondo e senza tese (tartaro? mongolo? cinese? turco? ho dimenticato di chiederglielo) completa il passaggio del suo volto dalla pura estetica pop-rock del giovane Vasco - era un capellone, come si diceva ai tempi - a questa compostezza un poco enigmatica, in forte sospetto di serenità, o addirittura di saggezza. Bastano un saluto e poche battute, e la persona fa subito dimenticare il monumento.

 

Tra quattro mesi la rockstar compie settant' anni...

«Pazzesco. Non me lo sarei mai aspettato. Di arrivarci, voglio dire. Miravo a Kurt Cobain, come genere. Mi sento un sopravvissuto, per meglio dire un supervissuto, per quantità e qualità delle esperienze.

 

Ho avuto una vita incredibile, e me la sono cercata proprio così come è stata. Non ho fatto il commercialista, voglio dire. Come sognava mio padre. È stata mia madre a farmi cantare, le mamme fanno di te quello che vogliono, a dodici anni ero già una piccola star.

 

Ho avuto la mia prima chitarra, era un gioco, poi è diventata un'arma, non potevo andare in giro senza, siamo diventati inseparabili. Ho cominciato a scrivere le prime canzoni, genere "cantautore".

vasco rossi al processo per droga nel 1984 vasco rossi al processo per droga nel 1984

 

Da lì in poi ogni esperienza, ogni incontro, ogni cosa che mi succedeva, l'ho usata per salire su un palcoscenico, l'unica cosa che mi interessava era quella. Ho usato me stesso e anche molto abusato di me stesso, ma non è che l'ho fatto così, tanto per farlo. C'era un fine molto preciso, sempre quello, ben chiaro: volevo stare sul palco per arrivare al cuore della gente. Più gente possibile».

 

E scappare da Zocca

«Beh sì, anche scappare da Zocca. In certi momenti credevo di impazzire, lassù. Per ingannare il tempo ho scritto anche una messa rock, d'accordo con il prete, non so se aveva capito bene - mi piaceva il coro delle ragazze del paese. Albachiara era una di loro.

 

vasco rossi siamo qui vasco rossi siamo qui

Poi ho fatto due anni dai salesiani a Modena, due anni buttati via, riuscivo a stare anche due ore con un libro aperto sotto gli occhi senza leggerlo, senza nemmeno vederlo. Scappavo a Bologna da mia zia, finché mio padre si è arreso e mi ha iscritto al Tecnico Commerciale.

 

Mi sono diplomato, volevo fare il Dams ma mi sono iscritto a Economia e Commercio per far piacere a lui, più tardi a Pedagogia per fare piacere a me. Devo tutto a Bologna, la Bologna di quegli anni (i Settanta, ndr), a quel clima culturale, politico, artistico.

 

Facevo teatro sperimentale, il mito era l'autocoscienza, l'uomo anarchico, senza condizionamenti, libero di esprimersi. Per me riuscire a rappresentare me stesso era tutto. Politica ne facevo poca, mi piacevano gli indiani metropolitani, ma quando è successo tutto il casino del '77 ero su a Zocca a fare la radio, Punto Radio, una delle prime radio libere italiane».

 

C'è un dibattito acceso e un po' di campanile, su chi ha cominciato per primo. Carlo Petrini dice Radio Bra Onda Rossa, a Varese dicono Radio Varese, a Milano c'era Radio Milano International

VASCO ROSSI 65 VASCO ROSSI 65

«Mah, chissà, spuntavano tutte assieme. Noi ci divertivamo da matti, si arrivava in quasi tutto il Nord, ci ascoltavano anche a Venezia. La voce del movimento comunque era Radio Alice, a Bologna. Io, di mio, facevo il dee-jay e scrivevo canzoni».

 

Vasco parla come scrive, le frasi sono brevi, dirette, senza fronzoli, forse è asciuttezza montanara, forse è la sinteticità del rock, che va per le spicce perché non ha tempo da perdere. Forse un mix di entrambe. È come se ci fosse una punteggiatura, quando parla lui, che non consente di menare il can per l'aia. E non è insicurezza («Ho letto per intero la Recherche, sono uno dei pochi al mondo!», dice sorridendo più del solito).

 

È proprio uno stile. «Siamo qui, pieni di guai», il verso che introduce (e quasi contiene tutta intera) la sua ultima canzone, è fatto di cinque parole, tutte brevi, bisillabe o monosillabe. Un solo sostantivo, "guai", un solo aggettivo, "pieni". Una frase comune, persino banale. Sta di fatto che detta da lui suona come un breve bilancio della condizione umana.

 

Sarà il carisma guadagnato in mezzo secolo di carriera, sarà la voce che sembra sciatta e strascicata, ma è guidata da una formidabile intonazione e molta più musica di quello che sembra, ma è così che succede, quando canta Vasco. E quando dice «la gente si riconosce nelle mie canzoni», altra frase semplice-semplice, proprio questo sta dicendo: riesco a farmi capire da tutti, e tutti sono convinti che io capisca loro. Se vi sembra poco, chiedetevi in quanti ci hanno provato e non ci sono riusciti. «Ho fatto la cronaca della mia vita scrivendo canzoni.

 

il concerto record di vasco rossi a modena nel 2017 il concerto record di vasco rossi a modena nel 2017

Mi hanno ispirato esperienze di tutti i tipi, ogni periodo della mia vita ha prodotto le sue canzoni. Le delusioni, gli schiaffi, le voglie. E in quello che canto si riconosce un sacco di gente, proprio un sacco. Sai cosa dice Springsteen? "Ho un pubblico democratico e un pubblico conservatore, il trait-d'union tra loro sono io".

 

Beh, io uguale. Non sono un maestro, né buono né cattivo, semplicemente non sono un maestro. Sono uno che scrive solo quello che sente. Scrivo, e spesso capisco solamente dopo quello che ho scritto. Lascio venire la prima frase, arriva da dentro, proprio da dentro, comincia tutto da lì, poi frase dopo frase vado avanti, un pezzetto dopo l'altro. Per rimanere attaccato a quel filo sottile, per non smettere di scrivere una canzone che mi piaceva, ho fatto di tutto e ho preso di tutto, pur di rimanere sveglio e andare avanti. Non so mai se riesco ad arrivare alla fine. Poi però ci arrivo. È un miracolo, ti dico».

 

E una grande fatica, anche

VASCO CON IL PADRE CARLINO ROSSI VASCO CON IL PADRE CARLINO ROSSI

«È un mestiere. Le canzoni sono come le pagnotte, devi farle una per una. Da ragazzo era solo una sfida e il primo disco è stato solo uno scherzo, poi poco a poco sono diventato un professionista, e quando dico poco a poco vuol dire che non arriva tutto e subito, bisogna sacrificarsi, sbagliare, riprovare. Io ci sono dentro da quasi cinquant' anni, nel tunnel della creatività, e niente è arrivato per conto suo, tutto mi è costato, tutto mi ha segnato.

 

Mi fa paura, adesso, vedere che il successo arriva di colpo, tutto in una volta, non capisco nemmeno che cosa significhi, che sostanza c'è sotto. Come gli influencer: non va mica bene. Io quando ho cominciato ero convinto di essere uno di nicchia e che lo sarei stato per sempre, ero troppo strano per avere il grande successo, quello di massa.

 

Ho cominciato a vendere molti dischi dopo parecchi anni che li facevo. Prima no, ne vendevo pochi. Ho fatto una cosa per volta, passo dopo passo, nel locale dove l'anno prima erano venute a vedermi cento persone, l'anno dopo erano mille. E il narcisismo non basta, per stare sul palco, l'ansia da prestazione è micidiale. Bevevo molto, prima dei concerti. Adesso ho smesso di bere prima, adesso bevo dopo (ride)».

 

È professionismo anche questo.

VASCO ROSSI 1 VASCO ROSSI 1

«Diciamo che ho fatto tesoro di tutte le esperienze, anche quelle negative. Nell'83 sono finito in galera per droga, non dovrei dirlo ma ero anche contento, mi è servito per scendere dal pero. Mi hanno arrestato il Venerdì Santo e il giudice doveva pure fare le sue vacanze di Pasqua, poveretto, e dunque è venuto a interrogarmi solo il martedì. Mi sono fatto quattro giorni di isolamento, ho rivisto tutto, ripensato tutto, sesso droga e rock' n'roll.

 

Vivevo come una star, però a Casalecchio di Reno, avevo una specie di capannone, - a New York sarebbe stato un loft, a Casalecchio era proprio un capannone. Dopo la galera salivo sul palco lucido. I miei si facevano tutti, io ero l'unico lucido. Mi sono accorto di cantare meglio. Certo, da lucido, proprio perché sei lucido, prima di salire sul palco la paura è tremenda. Ma passa subito, basta un attimo e pensi solo a cantare».

 

E il resto? La vita fuori dal palco?

vasco rossi e red ronnie 3 vasco rossi e red ronnie 3

«Senza la musica non sono niente. Ma le mie cose le ho fatte. I primi due figli sono venuti per puro caso, diciamo che è stata la provvidenza, perché i figli non sono mai una disgrazia. In un caso è stata la storia di una sera, la seconda volta era una storia già conclusa, un addio, ma nel salutarci, sai come succede, è successo.

 

Sono cresciuti con le loro madri. Mio nonno diceva "ti sposi, non ti sposi, ti penti lo stesso", ma negli anni Novanta ho letto Aut-Aut di Kierkegaard e ho deciso che non potevo essere sempre il centro del mondo. E dunque dovevo fare una famiglia.

 

vasco rossi vasco rossi

Laura era la donna giusta, non era una fan e anche questo ha contato molto, era una che ci credeva. È stata una grande vittoria, siamo insieme da trent' anni, c'è Luca, è un'avventura lunga, da tenere in piedi, anche lì faticando, sopportandosi. Non è mica facile. Niente è facile».

 

C'è qualcosa che ti piace fare quando non sei dentro il tuo mestiere, quando sei senza musica?

«Ho provato con il giardinaggio ma non funziona. Ho ritrovato, questo sì, il piacere di camminare e di respirare, dopo tanti anni di anfetamina. Ci sono stati periodi che ero una comunità di recupero, io da solo. Leggo. Ti piace Han, il filosofo tedesco-coreano? A me piace molto. In pandemia ho letto Heidegger.

 

Sai, io volevo fare il Classico e invece ho fatto la scuola tecnica, d'altra parte mio padre era camionista, bella grazia già che mi mandasse a scuola. Ma secondo me tutti dovrebbero fare il Classico o lo Scientifico, perché tutti dovrebbero studiare filosofia e sociologia».

 

vasco rossi vasco rossi

Tu il lockdown l'hai anticipato, una decina di anni fa

«Non ero mai stato in ospedale, e sì, è vero, dieci anni fa ho fatto il mio lockdown privato e anticipato, se sono diventato saggio è stato dopo una lunga malattia. Vedi che tutto serve».

 

Si dice, però, che il vero prezzo da pagare sia la fama. Una fama come la tua, voglio dire, una fama totale, di destra e di sinistra. Non credo esista un italiano che non ti conosce.

vasco rossi vasco rossi

«Sì, quello è un prezzo vero, ed è un prezzo molto alto. La fama è una giostra dalla quale non puoi più scendere, un po' di tregua me la prendo solo quando vado a Los Angeles, o in un paese dove nessuno mi conosce. A Bologna ho provato a uscire con una parrucca ma mi hanno sgamato subito».

 

Un disco vuol dire: finalmente torno sul palco

vasco rossi vasco rossi

«Sì, ho sempre fatto dischi solamente per quello. Per tornare sul palco con le nuove canzoni. Il disco l'abbiamo costruito nel pieno della pandemia, da gennaio a maggio, venivo qui e cantavo, poi gli altri ci lavoravano sopra, tornavo dopo un po' con l'orecchio vergine per sentire, capire, decidere. Adesso non vedo l'ora.

 

A giugno sarò di nuovo in mezzo al pubblico, il tour parte da Trento, la voglia è tantissima dopo l'isolamento di questi mesi».

 

A proposito di pubblico. Sono "pubblico" anche i social, con i quali ultimamente hai avuto parecchi problemi. Per esempio con i No vax.

 «I social avrebbero potuto essere la cosa più bella del mondo. Come andare in giro a vedere tutto quello che succede, sentire tutto quello che succede, e farlo da casa propria. È diventato, invece, un mondo di tribù.

vasco rossi vasco rossi

 

Io sono esterrefatto, si incazzano per tutto, soprattutto per quello che non capiscono, vedo valanghe di ignoranza e l'ignoranza fa dei danni spaventosi. Anzi, li ha già fatti. In una canzone del nuovo disco dico che "conviene arrendersi", ma non so se sarò capace di farlo, cioè di uscire dai social, lasciare perdere e non pensarci più.

 

vasco rossi firma per il referendum per l eutanasia legale vasco rossi firma per il referendum per l eutanasia legale

Non ancora, non ora, anche se l'ignoranza mi fa male, molto male. Io sono social da molto prima di loro, comunico con il mio pubblico, non so farne a meno, non sono capace di tenermi dentro quello che penso. In fin dei conti mi affido ai vecchi princìpi di Zocca e dei miei vecchi, che alla fine sono due: onestà, sincerità».

vasco rossi firma per il referendum per l eutanasia legale 4 vasco rossi firma per il referendum per l eutanasia legale 4

 

Già, Zocca. I cerchi si chiudono, o tendono a farlo. È un cerchio buddista, l'enso, il logo del nuovo album di Vasco. Rotondo come il suo cappello. A parte la sincerità e l'onestà, che a un intervistatore non sono certo dovuti (basterebbe, per cavarsela, una cordiale formalità), nella persona ho trovato qualcosa che non avevo previsto: la misura.

 

Misura di sé stesso, vedersi come si è stati, come si è, come si spera di essere domani. E dunque lunga vita a Vasco, lunga vita a chi voleva fare il Classico ma ha fatto il Tecnico e gli è bastato per conquistare il mondo. La via Emilia Levante, quando esco e risalgo in macchina, mi sembra tutta un'altra cosa. L'Appennino si vede poco, è nascosto dai palazzi piastrellati. Ma si sente nell'aria.

VASCO ROSSI VOGLIO ANDARE AL MARE VASCO ROSSI VOGLIO ANDARE AL MARE DAVIDE ROSSI E VASCO DAVIDE ROSSI E VASCO VASCO ROSSI VASCO ROSSI VASCO ROSSI E IL FIGLIO VASCO ROSSI E IL FIGLIO vasco rossi nettuno d'oro vasco rossi nettuno d'oro vasco rossi nettuno d'oro vasco rossi nettuno d'oro VASCO ROSSI BOLLE 3 VASCO ROSSI BOLLE 3 vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi BOLLE VASCO ROSSI 1 BOLLE VASCO ROSSI 1 vasco rossi vasco rossi vasco valentino rossi e fidanzata vasco valentino rossi e fidanzata vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi Claudio Golinelli vasco rossi Claudio Golinelli vasco rossi vasco rossi vasco rossi gianni morandi vasco rossi gianni morandi mascherina vasco rossi mascherina vasco rossi Vasco Rossi al tempo del coronavirus Vasco Rossi al tempo del coronavirus vasco rossi vasco rossi vasco rossi scuola vasco rossi scuola vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi 5 vasco rossi 5 vasco rossi 5 vasco rossi 5 vasco rossi la verita' 8 vasco rossi la verita' 8 vasco rossi vanity fair 7 vasco rossi vanity fair 7 vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi vasco rossi canta nessun dorma sotto l idromassaggio 3 vasco rossi canta nessun dorma sotto l idromassaggio 3

 

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