buste paga

ITALIANI, OCCHIO ALLA BUSTA PAGA: IN 10 ANNI I SALARI NETTI HANNO PERSO, IN MEDIA, 5MILA EURO - FRONTE COMUNE DI IMPRESE E SINDACATI PER CHIEDERE AL GOVERNO MISURE CHE POSSANO INCIDERE SU LAVORO E INVESTIMENTI - IL PRESIDENTE DI ASSOLOMBARDA, CARLO BONOMI, INVOCA UNA CURA SHOCK – LA CGIL BOCCIA FLAT TAX E REDDITO: L’IMPERATIVO È QUELLO DI RIDURRE LE TASSE SUL LAVORO…

Cristina Casadei per www.ilsole24ore.com

 

buste paga

La crescita zero ha creato il fronte comune di imprese e sindacati per chiedere al governo misure che possano incidere su lavoro e investimenti. Quindi sulla crescita. Litigare è un lusso che ci si può permettere nelle fasi espansive, ha detto nei giorni scorsi il presidente degli industriali Vincenzo Boccia. Non certo in questa, in cui semmai bisogna agire con la consapevolezza che si tratta di un periodo delicato che chiede a tutti senso di responsabilità. Se è una certa idea di società che ha fatto sedere al tavolo Confindustria e Cgil, Cisl e Uil per siglare il patto per la fabbrica, questa fase sta facendo ritrovare le parti sociali sul terreno di un confronto dove emerge con chiarezza che la questione salariale va risolta.

 

boccia

L’Isrf della Cgil ha calcolato che nell’ultimo decennio i salari netti hanno perso, in media, 5mila euro. Un dato significativo su tutti: prendendo come riferimento un salario netto medio mensile di 1.464 euro, l’Isrf calcola che, se il peso del fisco fosse stato quello degli anni ’80, questo salario sarebbe stato 1.695 euro: dagli anni ’80 ad oggi l’aumento della pressione fiscale ha quindi alleggerito i salari di ben 231 euro.

 

 

La complessità oggi è tale che le parti sociali «non sono autosufficienti», per dirla con gli industriali, e «non si può fare da soli», spiega il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan. La leva fiscale per sostenere il lavoro diventa così fondamentale. In questo contesto c’è chi, come il presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi, si spinge a dire che serve una cura shock. Quindi via reddito di cittadinanza, 80 euro e quota cento e di tutto ciò si restituisca una quota per contrastare la povertà, una quota per gli investimenti pubblici e una per supportare un drastico taglio del cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori con redditi tra 0 e 35mila euro, ossia la fascia sociale che ha sofferto di più negli ultimi anni. Una ricetta che per l’attuale governo significherebbe rinnegare tout court i temi della campagna elettorale e le misure fin qui approvate per concretizzarli.

 

buste paga

 

Nel nostro paese ci sono almeno due gravose questioni che aleggiano e con cui, forse prima che poi, bisognerà provare a fare i conti: la crescita che non c’è, come è stato detto ampiamente nei giorni passati, e i salari al palo. Con tutte le conseguenze che questo ha sui consumi e più in generale sull’economia. L’Isrf Lab della Cgil ha messo in fila i dati degli ultimi anni per mostrare come non c’è slancio per i salari degli italiani. Tra il 2011 e il 2018, dice Nicola Cicala, direttore dell’Istituto, «l’Ipca cresce del 9,9%, mentre i salari reali del 9,4%: questo significa che i lavoratori si ritrovano in tasca una perdita netta del 4%». Cosa sta succedendo? «I contratti nazionali di lavoro - sostiene il presidente dell’Isrf, Agostino Megale - anche nel decennio di crisi hanno assolto al loro compito, ossia tutelare i salari dall’inflazione, tant’è che se guardiamo i salari contrattuali e quelli reali vediamo che sono sostanzialmente allineati. Il problema si presenta quando andiamo a guardare la produttività. Il tasso di crescita in Italia è troppo basso: rispetto a Germania e Francia ci sono oltre 20 punti di differenza. Mentre noi cresciamo di 3 punti, la Germania è cresciuta di 27. E tutto questo è il frutto di una riduzione degli investimenti: nel nostro paese si sono ridotti sia quelli pubblici che quelli privati, mentre in Germania e Francia hanno continuato a crescere».

annamaria furlan

 

 

Sembra sempre la stessa storia del gatto che si morde la coda. La produttività è più bassa perché più bassi sono gli investimenti, la crescita si ferma e si fermano i salari. Secondo quanto ha calcolato l’Isrf i salari netti, nell’ultimo decennio, hanno perso 5mila euro. «Le retribuzioni nominali sono allineate al valore dell’inflazione - dice Cicala - ma anche quelle retribuzioni che sono nominalmente cresciute quando vanno all’impatto con le imposte fiscali crescenti cadono e quindi il valore netto che i lavoratori hanno in tasca diminuisce». Come se ne esce? Intanto prendendo la consapevolezza, a partire dai numeri, che «nel paese esiste una questione salariale che ha due diramazioni -spiega Megale -.

 

LANDINI

La prima è che la produttività deve crescere di più e anche i contratti nazionali devono cominciare a prevederne il recupero, redistribuendo anche una quota di produttività». La seconda, continua il sindacalista, è che «tutti gli eventuali investimenti pubblici su materie fiscali più che parlare di flat tax e reddito di cittadinanza dovrebbero avere come riferimento un imperativo che è quello di ridurre le tasse sul lavoro, sui lavoratori dipendenti e sui pensionati. Calcoliamo che servirebbe qualcosa come 100 euro al mese di tasse in meno per ridare ossigeno ai lavoratori dipendenti».

 

LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI GIUSEPPE CONTE

Sul tema della produttività vi è però stato un demando al secondo livello, soprattutto a partire dall’accordo interconfederale del ’93, che ha stabilito i due livelli di contrattazione. Anche per evitare sovrapposizioni del recupero. «Era però stato stabilito - precisa Megale - che la produttività non sarebbe stata usata solo da una parte». Sindacati e imprese si sono avvicinati sulla via che privilegia un intervento sui salari a partire dalla riduzione del cuneo fiscale perché aumentando per questa via i salari, sarebbe possibile innestare la leva keynesiana che può far ripartire i consumi e poi gli investimenti. «Non possiamo arrenderci a essere la maglia nera in Europa - dice Megale -, con la minor crescita e il concreto rischio di recessione».

salario minimo 4salario minimo 6salario minimo 1ANNAMARIA FURLAN BENTIVOGLI LANDINI

 

salario minimo 2

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…