“DEVI METTERE LA TESTA NEL CESSO E NON PARLARE SENNÒ TI TOLGO IL PANE DI BOCCA” - COSÌ SI RIVOLGEVA ALLE DIPENDENTI IL “CAPO” DI UN’AZIENDA DI PESARO - IL BULLISMO SUL LAVORO DANNEGGIA LA PRODUTTIVITÀ. NEL 65% DEI CASI, QUESTE AZIONI AVVENGONO IN PRESENZA DI ALTRE PERSONE O DIPENDENTI E NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI SI MANIFESTA ATTRAVERSO PETTEGOLEZZI (53%), ESCLUSIONE E BOICOTTAGGIO INTENZIONALE DELLA PERSONA COINVOLTA (OLTRE IL 34%) E…

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Elisabetta Reguitti per ilfattoquotidiano.it

 

“Devi mettere la testa nel cesso e non parlare sennò ti tolgo il pane di bocca”.

 

BULLISMO SUL LAVORO BULLISMO SUL LAVORO

Così si rivolgeva alle dipendenti un superiore di un’azienda/cooperativa di Pesaro del settore delle sanificazioni. Già oggetto di altre vicende giudiziarie, l’uomo avrebbe, peraltro, anche fatto pressione perché le donne si iscrivessero al suo stesso sindacato. Il “capo” avrebbe demansionato, insultato e costretto a lavorare le persone senza apposite protezioni rispetto all’utilizzo di sostanze tossiche e potenzialmente nocive se utilizzate a contatto diretto con la pelle.

 

La cronaca arriva dal quotidiano Il Resto del Carlino. È la cronaca di chissà quanti altri casi – magari anche più gravi – di prevaricazione e abuso di potere sul luogo di lavoro. Secondo una recente ricerca promossa da Aidp (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) – coordinatore il professor Umberto Frigelli, in collaborazione l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – emerge però che al cosiddetto mobbing verticale lavorativo si aggiunge sempre più con frequenza il “bullismo orizzontale” che coinvolgerebbe il 30 per cento delle imprese.

 

BULLISMO LAVORO BULLISMO LAVORO

Procediamo con alcuni dati messi a disposizione: per il 43% di coloro che subiscono atti di mobbing orizzontale si tratta di comportamenti frequenti; il 43% delle persone coinvolte sono donne. Il 60% delle imprese ha attivato strumenti di segnalazione anonima e di intervento per contrastare il fenomeno. Dall’analisi poi emergerebbe, come alla domanda, se nella propria azienda hanno avuto notizia, diretta o indiretta, di episodi devianti come abusi fisici o verbali, intimidazioni, riconducibili a fenomeni di mobbing orizzontale – quindi non da parte di superiori – o bullismo tra colleghi, oltre il 30% dei partecipanti all’indagine ha risposto di sì.

 

 

Altro aspetto che colpisce è che nel 65% dei casi, queste azioni avvengono in presenza di altre persone o dipendenti. Per i promotori della ricerca servirebbe una norma per debellare il fenomeno. Ma la domanda è: basterebbe?

 

Certo, come chiede Matilde Marandola, presidente Aidp (Associazione italiana per la direzione del personale): “È possibile aprire un dialogo con il Ministero del lavoro”, ma se, come attesta il report, la maggior parte dei casi si manifestano attraverso pettegolezzi (53%), esclusione e boicottaggio intenzionale della persona coinvolta (oltre il 34%), svalutazione delle opinioni e critica continua (oltre 32%), svalutazione del lavoro svolto verso il management (31,5%), azioni aggressive verso i colleghi (oltre 23%), invasione della privacy altrui (circa il 12%); una legge colpirebbe danni già sùbiti dalle persone.

 

BULLISMO LAVORO 1 BULLISMO LAVORO 1

 

La ricerca attesta come il fenomeno sia sempre più diffuso. Circa il 20% delle realtà imprenditoriali interpellate avrebbe previsto programmi di prevenzione del bullismo quali, ad esempio, la diffusione di un codice comportamentale (oltre l’80%) e la formazione del personale sulle relazioni interpersonali mirate a prevenire il bullismo e il mobbing (47% circa).

 

 

In ambito sociologico e aziendale, oggi viene riconosciuto come il bullismo, sul luogo di lavoro, danneggi la stessa produttività e a questo si sommi che le stesse imprese siano chiamate anche a rispondere di responsabilità legali. Per i promotori dello studio si tratta: “Di uno spaccato patologico della vita in azienda che forse non pensavamo fosse così ampio. Lo scopo della nostra iniziativa era quello di capire l’estensione del problema e, nel caso, farlo emergere, denunciarlo e renderlo visibile”. La nota positiva? Rispetto al passato, per il 55% degli intervistati, oggi prevale una maggiore tendenza a denunciare questi episodi.

 

Sì, ma poi?

 

e.reguitti@ilfattoquotidiano.it

 

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