“LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI, MA 150 OMICIDI NON POSSONO ESSERE RISARCITI CON 25 ANNI DI GALERA” – BELPIETRO: “È LA LEGGE, DICONO TUTTI IN CORO. BEH, ALLORA CAMBIATE LA LEGGE. PUÒ ESSERE CAMBIATO UN UOMO CHE CON GIUSEPPE DI MATTEO GIOCAVA CON LA PLAYSTATION MA NON HA ESITATO A TENERLO IN CATENE PER DUE ANNI, STRANGOLARLO E SCIOGLIERLO NELL' ACIDO?” – MICHELE SERRA: “O LI SI IMPICCANO ALLE QUERCE, QUELLI COME BRUSCA; O LI SI TRATTA SECONDO IL DETTATO DEI CODICI, CONSIDERANDO OGNI IMPUTATO, COME SE FOSSE UNA PERSONA. LUI FORSE NON SE LO MERITA. LA SOCIETÀ, SÌ…”

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MICHELE SERRA SULL'AMACA MICHELE SERRA SULL'AMACA

1 - COME SE FOSSE UNA PERSONA

Michele Serra per “la Repubblica”

 

Come è brava Maria Falcone, sorella di Giovanni, che a proposito della scarcerazione per fine pena del killer seriale Brusca dice: "Umanamente mi addolora, ma questa è la legge, una legge che per altro ha voluto mio fratello e va rispettata".

 

È una frase perfetta, disegna con semplicità e chiarezza la differenza tra il ruolo della legge e i sentimenti delle parti in causa. Proprio perché questi sentimenti sono fortissimi, le offese tremende, il dolore una voragine incolmabile, esiste la legge. Serve a sollevare le vittime dei delitti dal peso della vendetta, che della giustizia è l' antenato primitivo, la scimmia che ancora non ha sviluppato discernimento. Per questo la giustizia è spesso impopolare.

ARRESTO GIOVANNI BRUSCA ARRESTO GIOVANNI BRUSCA

 

Ricordo ancora lo sgomento (anche mio) per la condanna blanda - 21 anni, massimo della pena in Norvegia - del più disgustoso criminale della storia europea recente, quel Breivik, suprematista bianco, autore di una mattanza di ragazzini per puro odio politico.

 

GIOVANNI BRUSCA GIOVANNI BRUSCA

Settanta figli inermi uccisi come pecore. Una merda d' uomo, pensai e penso ancora: sparò con metodo, per ore, da quel boia nazista che è. Ma la legge norvegese prevede un trattamento rispettoso anche per uno come lui. Perfino per uno come lui. L' abietto non deve essere trattato con abiezione: e a ben vedere negare all' abietto l' abiezione è il solo vero modo per non confondersi con lui.

 

Brusca non è peggiore di Breivik: è un massacratore di inermi tanto quanto lui. O li si impiccano alle querce, quelli come loro, o li si lapidano, o li si fanno squartare dai cavalli; o li si tratta secondo il dettato dei codici, considerando ogni imputato, anche il più esecrabile, come se fosse una persona. Lui forse non se lo merita. La società, sì.

maria falcone maria falcone

 

2 - TROPPO POCHI 25 ANNI PER 150 OMICIDI

Maurizio Belpietro per “La Verità”

 

Siccome siamo in un Paese civile e la pena di morte è stata abolita da un pezzo, non si può dunque pretendere che Giovanni Brusca, il killer della mafia con un curriculum da 150 delitti, sia sciolto nell' acido come lui sciolse nell' acido Giuseppe Di Matteo, un ragazzino di 14 anni che aveva la sola «colpa» di essere figlio di un pentito di mafia.

 

maurizio belpietro maurizio belpietro

Tuttavia, se non lo si può segregare in un bunker senza finestre, né lo si può strangolare a mani nude, come pure lui fece dopo due anni di prigionia con il piccolo Di Matteo, almeno penso che si dovrebbe lasciarlo marcire in galera, buttando la chiave fino a che morte non intervenga.

 

Lo so, la legge di fatto ha abolito l' ergastolo, poi c' è la Gozzini che concede sconti di pena anche agli assassini più crudeli, e però la scarcerazione di Giovanni Brusca, uno che sulla coscienza ha la strage di Capaci e pure quella di via D' Amelio, mi fa venire il voltastomaco.

 

Giuseppe Di Matteo Giuseppe Di Matteo

Sì, la legge è uguale per tutti, anche per i carnefici, ma 150 omicidi, la sofferenza delle vittime e dei familiari di magistrati e poliziotti morti a causa del boss, non può essere risarcita con 25 anni di galera, cioè con meno di due mesi di detenzione per ogni omicidio. La legge è uguale per tutti, ma esiste un limite oltre il quale non si può andare e nel caso di Giovanni Brusca credo che lo si sia abbondantemente superato.

 

Ha ragione il padre del piccolo Giuseppe, Santino Di Matteo, l' uomo a cui Brusca sequestrò il figlio per impedirgli di collaborare con la Giustizia, a cui all' epoca fu negata la possibilità di abbracciare il cadavere del ragazzo e ancora oggi gli è inibita quella di piangerlo su una tomba.

 

santino giuseppe di matteo santino giuseppe di matteo

«Non trovo parole per spiegare la mia amarezza», ha detto in un' intervista al Corriere della Sera, «È passato meno di un anno da quando hanno liberato un carceriere di mio figlio. La verità è che tutti i sorveglianti e gli aguzzini della mia creatura sono liberi. Tutti a casa. E ora va a casa pure il capo che organizzò e decise tutto».

 

Il giornalista gli obietta ciò che ho scritto all' inizio, e cioè che esiste una norma che ne consente la liberazione, perché la giustizia è uguale per tutti. «La legge non può essere uguale per questa gente», replica Di Matteo: «Brusca non merita niente. Oltre a mio figlio, ha pure ucciso una ragazza incinta di 23 anni, Antonella Bonomo, dopo aver torturato il fidanzato. Strangolata, senza motivo, senza che sapesse niente di affari e cosacce loro. Questa gente non fa parte dell' umanità».

GIOVANNI BRUSCA GIOVANNI BRUSCA

 

Difficile dargli torto. Perché è impossibile credere che siano sufficienti 25 anni dietro le sbarre per dimenticare e redimersi, tornando a 64 anni a una vita normale senza più le mani lorde di sangue.

 

Può essere cambiato un uomo che con Giuseppe Di Matteo giocava con la playstation, uno che lo ha visto crescere ma non ha esitato a tenerlo in catene per due anni, per poi disfarsi di lui, cioè di un ragazzino, quando ha capito che non gli sarebbe servito più a nulla e per questo lo ha strangolato e sciolto nell' acido?

 

Si può giustificare uno sconto di pena in cambio della testimonianza contro i complici dei suoi stessi omicidi? Perché questo è il tema. Brusca si è pentito un secondo dopo essere finito in manette e da criminale capace di delitti efferati, con la stessa freddezza ha consegnato ai magistrati i nomi di chi lo aveva affiancato nelle stragi e negli omicidi.

Giuseppe Di Matteo Giuseppe Di Matteo

 

Da mafioso si è trasformato in un collaboratore di giustizia, cioè in una persona che ha diritto a uscire dal carcere e magari, come ha detto Santino Di Matteo, a farsi una passeggiata sul corso del paese che per anni è stato il suo feudo. Il padre del piccolo Giuseppe si dice disgustato. «Dopo trent' anni mi fanno ancora testimoniare ai processi. Io vado per dire quello che so. Ma a che serve se poi lo stesso Stato si lascia fregare da un imbroglione, da un depistatore».

 

GIOVANNI BRUSCA GIOVANNI BRUSCA

Già, perché quello che Brusca ha raccontato ai pm non è tutto oro che luccica. Molte delle sue testimonianze non sono state riscontrate o, peggio, hanno avuto riscontri negativi. E nessuno sa dire quanti altri segreti il boss si sia tenuto per sé, evitando di raccontarli nei tanti processi che ha subìto. Ma anche se il suo pentimento è dubbio, anche se è aberrante sapere a piede libero l' autore di una strage (non penso solo a Giovanni Falcone e alla sua scorta e nemmeno a Paolo Borsellino e agli agenti che lo proteggevano, ma a quei 150 cadaveri che in altro modo non saprei definire se non una carneficina), lo Stato lo libera.

 

Giuseppe Di Matteo Giuseppe Di Matteo

È la legge, dicono tutti in coro. Beh, allora cambiate la legge, perché è vero che la Costituzione dice che la legge è uguale per tutti, ma non tutti gli omicidi sono uguali, così come non tutti gli assassini sono del calibro di Giovanni Brusca.

 

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