“MI HANNO MINACCIATO CON UN COLTELLO POI MI HANNO LEGATO E VIOLENTATO A TURNO” - PARLA IL DETENUTO 65ENNE DEL CARCERE DI REGINA COELI CHE E’ STATO STUPRATO DA DUE BOSNIACI COMPAGNI DI CELLA: “MI HANNO DETTO SE RACCONTI QUELLO CHE TI ABBIAMO FATTO TI UCCIDIAMO” - I TRE ERANO STATI TRASFERITI IN UNA CELLA DEL REPARTO COVID DEL PENITENZIARIO, DOVE VENGONO RECLUSI I CONTAGIATI: PER RAGIONI SANITARIE, NON CI SONO CELLE APERTE E NON VIENE APPLICATA LA VIGILANZA DINAMICA…

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Flaminia Savelli per “il Messaggero”

VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO

 

«Mi hanno minacciato con un coltello, se racconti quello che ti abbiamo fatto ti uccidiamo. Poi mi hanno legato e violentato a turno». Inizia così il racconto dell'orrore di un detenuto, romano di 65 anni tossico dipendente e in carcere per reati legati allo spaccio. È l'uomo che sta scontando la pena nel carcere di Regina Coeli e che per due giorni è stato violentato dai compagni di cella: due stranieri di origine bosniaca che approfittando della scarsa sorveglianza, hanno sequestrato e abusato sessualmente del detenuto. I tre erano infatti stati trasferiti in una cella del reparto Covid del penitenziario, nella Settima Sezione, dove vengono reclusi i detenuti contagiati. Per ragioni sanitarie, non ci sono celle aperte e non viene applicata la vigilanza dinamica.

 

L'INDAGINE

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Così come è stato già confermato, la violenza è avvenuta la scorsa settimana nella camera di pernottamento in cui i tre erano ristretti. La procura di Roma ha aperto un fascicolo per sequestro e violenza sessuale. Gli agenti della polizia penitenziaria stanno ora procedendo con accertamenti. Infatti i poliziotti dopo aver accompagnato la vittima prima in infermeria e poi in ospedale dove i medici hanno confermato le violenze subite.

 

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Quindi, hanno inviato una prima informativa. I compagni di cella invece, accusati di violenza sessuale, sono ora in isolamento. Ma nei prossimi giorni si procederà con provvedimenti disciplinari: la misura più frequente adottata in casi analoghi è quella del trasferimento in altri istituti penitenziari.

 

«Un episodio vergognoso e raccapricciante certamente favorito dall'allentamento della sicurezza interna dovuto alla vigilanza dinamica» ha commentato Maurizio Somma, segretario per il Lazio del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria che ha denunciato quanto avvenuto.

 

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L'ALLARME

«La situazione è drammatica e quanto emerso in queste ore ci preoccupa. Il sospetto è che non si tratti di un caso isolato. La vigilanza, a causa del ridotto numero di agenti di polizia è ridotta all'osso. Rischiamo che i detenuti prendano il controllo del carcere» denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe. Sono i numeri a confermare la carenza del personale carcerario: a Regina Coeli si contano 143 unità in meno: «La vigilanza può essere garantita con un poliziotto ogni 10 detenuti. La media che registriamo da due anni a questa parte è molto più bassa, disponiamo di un agente ogni 70 carcerati» specifica il segretario Capece.

 

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Al numero ridotto di unità, si somma l'allarme scattato per la pandemia con i focolai che a più riprese si sono registrati nelle diverse sezioni del penitenziario. L'ultimo, il più grosso che si registra nelle carceri italiane in questo momento è proprio a Regina Coeli con 211 positivi con un numero di detenuti pari a quasi 300 in più rispetto ai posti disponibili. e insieme una carenza di 143 poliziotti penitenziari rispetto quelli previsti in organico. E solo il 4% dei reclusi svolge un'attività lavorativa.

 

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