PIU’ CANNE, MENO CANNUCCE – LA TENTAZIONE DI COCA COLA: UN DRINK ALLA CANNABIS - L' IPOTESI DI USARE UN COMPONENTE (NON PSICOATTIVO) DELLA MARIJUANA. ALTRE SOCIETÀ SI SONO GIÀ MOSSE: ECCO QUALI…

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Massimo Gaggi per il Corriere della Sera

Coca Cola alla marijuana? Può sembrare strano che la storica multinazionale delle bevande gasate di Atlanta, bastione di un' America tradizionale se non vecchia, si stia preparando a introdurre bevande basate su una sostanza che a livello federale è ancora considerata illegale, anche se otto Stati, oltre alla città di Washington, ne hanno autorizzato il consumo.

 

Una droga leggera, sicuramente meno nociva del fumo e dell' alcol, ma il cui commercio il ministro della Giustizia, il conservatore Jeff Sessions, è deciso a stroncare anche laddove, dal Colorado alla California, è già regolarmente in vendita.

 

Perché, allora, il portavoce della Coca Cola, Kent Landers, ha confermato ufficialmente che il gruppo sta studiando la possibilità di introdurre sul mercato bibite alla cannabis facendo impennare addirittura del 23% il valore delle azioni della Aurora, la società canadese che sarebbe partner di Coke nell' operazione?

 

La risposta va cercata nei grafici che indicano un calo continuo delle vendite di bevande zuccherate e gasate in America, soprattutto Coca e Pepsi, negli ultimi 12 anni. Male anche in Borsa: l' indice Dow Jones di quella di New York negli ultimi cinque anni è cresciuto del 67%, mentre il progresso della Coca Cola Company si è fermato a un modestissimo 16% (è andata poco meglio a Pepsi col 37%).

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Per uscire dalle secche i due giganti da anni cercano di diversificare l' offerta puntando su altre bevande, tè e acque gasate, vitaminizzate e aromatizzate nei modi più curiosi. Pepsi punta sulle acque Aquafina e Life Water, sul tè Lipton, sui Gatorade e l' acqua di cocco.

Scatenata anche Coca Cola che, oltre alle acque - coi marchi Dasani e SmartWater - ha Sprite, Powerade e un mese fa è entrata nel caffè comprando per 5,1 miliardi di dollari la catena Costa Coffee.

 

Tutte iniziative essenziali per tenere su fatturato e profitti, ma senza dimenticare il vecchio prodotto classico che, per quanto in calo, fornisce ancora il grosso del fatturato di un gruppo che capitalizza quasi 200 miliardi di dollari.

 

Coca Cola non è la sola a intraprendere questa strada. Il produttore di birra canadese Molson Coors ha già annunciato che sta avviando la produzione di bevande analcoliche a base di marijuana in collaborazione con Hexo, produttore di cannabis terapeutica. Constellation Brands, proprietario delle birre Corona e Modelo e della vodka Svedka e presente in Italia con il marchio Ruffino (Chianti classico), ha investito miliardi nella società canadese Canopy Growth. E anche Diageo (Johnny Walker) sta studiando il settore. Mentre Lagunitas (Heineken) ha lanciato un brand specializzato di bevande con Thc.

 

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Nulla di strano, nel tentativo di battere questa nuova strada anche perché il mercato in maggior crescita è quello delle bevande «salutiste» e per sportivi: e qui si sta cercando di usare solo un componente della marijuana, il cannabidiol (Cbd) che, a differenza del Thc, non è psicoattivo, non incide sullo stato d' animo. Mentre, secondo gli esperti, avrebbe una discreta efficacia come anti-infiammatorio e antidolorifico.

 

Ma non è detto che tutto questo basti a scongiurare i veti già annunciati dal governo.

Quando otto Stati hanno legalizzato, sulla base di referendum popolari, l' uso della marijuana, l' allora presidente Obama, per evitare conflitti tra governo centrale e amministrazioni locali, chiese ai giudici federali di interpretare il divieto di legge in modo flessibile. Ma Sessions, spalleggiato dal vicepresidente Mike Pence, ha abrogato quella direttiva e ha chiesto ai giudici di essere severi. Le aziende sperano in Trump che a suo tempo disse di voler delegare agli Stati.

 

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