ACQUA MARCIA (DENTRO) - MARIO RESCA, NOMINATO AD DELLA “SOCIETÀ PIA ANTICA ACQUA MARCIA” DOPO L’ARRESTO DI FRANCESCO BELLAVISTA CALTAGIRONE, DOVRÀ CERCARE DI SALVARE IL GRUPPO, SOMMERSO DAI DEBITI - DOPO LA BUFERA GIUDIZIARIA, MOLTI AFFARI SONO ANDATI ALL’ARIA - VIENE A GALLA LA DEBOLE ORGANIZZAZIONE INTERNA DI “ACQUA MARCIA”: OGNI CANTIERE CHE SI BLOCCA, METTE A REPENTAGLIO I 2 MLD € DEL VALORE DEL GRUPPO…

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Gianfrancesco Turano per "l'Espresso"

MARIO RESCAMARIO RESCA

Un miliardo di debiti. Un mese e mezzo in carcere per il porto turistico di Imperia. Dissidi in famiglia. La vita spericolata di Francesco Bellavista Caltagirone, classe 1939, è in piena tempesta. In Lungotevere Aventino, dove ha sede la sua Società Pia Antica Acqua Marcia, è arrivato Mario Resca. La sua missione è di salvare il gruppo. L'ex commissario del gruppo Cirio nel post-Cragnotti è stato nominato amministratore delegato dell'Acqua Marcia il 26 aprile, il giorno dopo la Festa della Liberazione e cinque giorni dopo la concessione degli arresti domiciliari a Bellavista per motivi di salute.

FRANCESCO BELLAVISTA CALTAGIRONE A IMPERIAFRANCESCO BELLAVISTA CALTAGIRONE A IMPERIA

Resca, reduce da un'esperienza al ministero dei Beni Culturali su nomina berlusconiana, ha promesso risultati entro l'estate. L'obiettivo principale dell'ex numero uno di McDonald's Italia, e attuale consigliere dell'Eni e della Mondadori, è convincere le banche creditrici a mettersi una mano sulla coscienza e comprendere che la liquidazione dell'Acqua Marcia non conviene a nessuno.

Non è la prima volta che Bellavista passa momenti difficili a causa degli istituti di credito. Il debutto dell'imprenditore nelle cronache giudiziarie risale appunto allo scandalo Italcasse (1979) rimasto nella memoria per la frase "a Fra' che te serve?" che il fratello Gaetano Caltagirone rivolse al proconsole andreottiano Franco Evangelisti.

FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONEFRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE

Preistoria. O forse è la stessa storia che continua a ripetersi sotto altre forme. Fedele a se stesso negli anni, Bellavista non ha perso nulla del suo stile generone romano, della sua eleganza da yacht (ne ha uno di 70 metri di cui era assiduo Cesare Previti) e di un carattere flamboyant che ha portato il suo compagno di reclusione in Liguria a chiedere e ottenere il trasferimento di cella per incompatibilità di carattere.

Difficile insegnare la convivenza in otto metri quadri a un uomo che possiede case a Montecarlo e alle Antille e un appartamento nella Trump Tower a New York, che ha la residenza a Knightsbridge, a due passi dai giardini londinesi di Hyde Park, che ha sposato donne ricchissime come Marina Palma (Squibb) e Rita Rovelli e che ha come sua ultima compagna un'altra imprenditrice agiata, Beatrice Cozzi Parodi. Difficile adattarsi al rancio del carcere per chi era abituato alle cene nel salotto della scomparsa vedova Angiolillo o a girare benedicente fra i tavoli del "Moro", dietro Fontana di Trevi, ristorante frequentato da vip e politici assortiti.

Proprio quando tutto sembrava mettersi al meglio, con i porti turistici di Imperia e di Fiumicino che promettevano di riequilibrare il conto economico, con un ex amministratore ed ex consulente Acqua Marcia, Piero Gnudi, nominato ministro - appunto - del Turismo, l'arresto del 5 marzo negli uffici del sindaco di Imperia ha stroncato la ripresa. Il porto della città ligure rimane bloccato. L'appalto per Fiumicino, 400 milioni di euro di investimento per il più grande porto turistico del Mediterraneo, è stato ceduto al gruppo pubblico Invitalia.

Non che l'imprenditore dia segni di resa. Se qualcuno si aspettava che tirasse in ballo l'ex ministro Claudio Scajola per la vicenda di Imperia, è rimasto deluso. Così non parlò Bellavista. Ma il colpo è stato durissimo. Durante la carcerazione dell'imprenditore, la guida del gruppo è rimasta in mano al suo settimo figlio, il ventunenne Camillo Nino, chiamato con i nomi, rispettivamente, di uno zio paterno e del nonno materno, il re della chimica Nino Rovelli.

Il giovane, nato a Lugano e residente a Montecarlo, è stato nominato presidente dell'Acqua Marcia il 14 marzo, poco dopo l'arresto del padre, ma il suo debutto in consiglio di amministrazione risale al giugno 2009. Non si tratta della solita cooptazione ereditaria tipica dell'impresa familiare all'italiana. Da poco maggiorenne, Camillo Nino ha dovuto bruciare le tappe per l'estromissione dal gruppo dei fratelli maggiori Ignazio, nato nel 1974, e Gaetano, nato nel 1978.

Tra belle donne e belle macchine, i due rampolli si erano divisi i settori di attività del gruppo Acqua Marcia. Ignazio (come il nonno paterno) seguiva il settore immobiliare e i porti turistici, mentre Gaetano (come il bisnonno e capostipite della dinastia Caltagirone) si occupava degli alberghi e degli aeroporti.

Il padre, insoddisfatto del loro rendimento, li ha cancellati dall'organigramma delle società italiane e li ha spediti a occuparsi di piccole operazioni immobiliari tra la costa orientale degli Stati Uniti e i Caraibi. Nella primavera del 2008, i reprobi sono stati rimpiazzati da Fabrizio Centofanti, ex portavoce di Maurizio Scelli alla Croce rossa italiana.

Franco EvangelistiFranco Evangelisti

L'operazione della magistratura ligure ha portato a galla la crisi dinastica ma anche le difficoltà strutturali del gruppo. Per come è organizzata l'Acqua Marcia, ogni cantiere che si blocca mette a repentaglio la sopravvivenza di un colosso che ha oltre 2 miliardi di patrimonio ma ricavi da impresa medio-piccola (200 milioni di euro nel 2010 con 77 milioni di perdite).

Acqua Marcia, insomma, è un gigante che fatica ad alimentarsi, ha smesso di pagare il fisco con possibili conseguenze penali (circa 40 milioni di euro di arretrati) e ha costi micidiali. Fra le spese più pesanti ci sono quasi 50 milioni di euro all'anno in interessi passivi con i creditori e 10 milioni di euro distribuiti ad avvocati e consulenti ingaggiati per districare le società controllate da un contenzioso che include un paio di sequestri penali (a Catania per il Mulino Santa Lucia e a Milano per il cantiere residenziale di Bisceglie), una lite con la Natuzzi (sempre per l'immobile di Catania), una con Giulio Malgara per l'ex area Chiari&Forti di Silea e una con Vegagest, un fondo immobiliare che avrebbe dovuto acquistare un lotto Acqua Marcia in piazza dei Navigatori all'Eur, e poi si è ritirata dall'affare senza versare 70 milioni di euro di saldo. Il socio principale di Vegagest è la Cassa di risparmio di Ferrara.

Banche dovunque, insomma. Le stesse che con una mano hanno finanziato l'Acqua Marcia e con l'altra l'hanno ingorgata di derivati per un valore nominale di oltre 900 milioni di euro. Non uno di questi prodotti risulta in attivo, con una minusvalenza complessiva di 25 milioni di euro ai dati del 2010.

Per salvare il salvabile il profilo di Resca è quello più logico. Il manager è uomo di relazioni e si è fatto le ossa alla Chase Manhattan. Il suo problema principale si chiama Bnl. Nel lungo elenco di istituti esposti con l'Acqua Marcia, la banca controllata dal gruppo francese Bnp-Paribas è la meno disposta ad accettare lo standstill, eufemismo molto in voga nel gergo finanziario che significa blocco dei pagamenti dovuti su interessi e capitale.

CESARE PREVITI CECESARE PREVITI CE

La Bnl, che ha finanziato il complesso turistico Marina di Archimede a Siracusa con 70 milioni di euro, ha un atteggiamento meno accomodante delle banche che battono bandiera italiana, come Unicredit, partner nella disavventura di Imperia, o la Carige di Giovanni Berneschi. La Royal Bank of Scotland gioca la stessa partita di Unicredit visto che ha partecipato con l'istituto di Federico Ghizzoni al megafinanziamento da 250 milioni utilizzato per ristrutturare il Molino Stucky sull'isola della Giudecca a Venezia e trasformarlo in un albergo a cinque stelle gestito dalla catena Hilton. In complesso tira un'aria pessima.

Le ultime chance dell'Acqua Marcia dipendono dalla capacità di Resca di piazzare sul mercato uno dei gioielli del patrimonio immobiliare. O magari la gestione dell'Ata di Linate, il mini-hub milanese per i voli dei vip. A dire il vero, l'operazione dismissioni è in corso da tempo nel gruppo Acqua Marcia. Ma in questa fase di mercato è difficile spuntare prezzi adeguati. Per lo Stucky o per gli hotel siciliani (Villa Igiea, Excelsior, des Palmes a Palermo, il Des etrangers a Siracusa e il San Domenico di Taormina), sceicco cercasi. Disperatamente.

 

 

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