conte merkel

CONTE VUOLE BUTTARE L'ITALIA NELLA TRAPPOLA DEL MES - ''USIAMO I 500 MILIARDI DEL FONDO DI SALVATAGGIO''. È PROPRIO QUELLO CHE VOGLIONO I PAESI DEL NORD: IL QUANTITATIVE EASING DELLA BCE NON HA CONDIZIONI, MENTRE SE PARTE IL FONDO, L'ITALIA PUÒ ESSERE COMMISSARIATA - GENTILONI SI ACCODA: ''LOGICA CONDIVISIBILE''. LA REALTÀ È CHE PER DARE L'OK AGLI EUROBOND, LA GERMANIA VUOLE CONTROLLARE I NOSTRI CONTI. PIÙ DI QUANTO GIÀ NON FACCIA

 

1.CONTE A FT,UE USI I 500 MILIARDI DEL FONDO SALVATAGGIO

CONTE MERKEL

 (ANSA) - Il premier Giuseppe Conte ha chiesto all'Ue di usare "tutta la potenza di fuoco" del fondo di salvataggio da 500 miliardi di euro per affrontare la crisi economica del continente. In un'intervista al Financial Times, Conte mette in evidenza come la "politica monetaria da sola non possa risolvere tutti i problemi" di uno "shock globale senza precedenti". Secondo Conte è quindi il momento di usare il Meccanismo Europeo di Stabilità per offrire linee di credito di emergenza ai paesi.

 

"La politica monetaria da sola non può risolvere tutti i problemi. Dobbiamo fare lo stesso sul fronte di bilancio e, come ho detto, il tempismo è essenziale. La strada da seguire è aprire le linee di credito del Mes a tutti gli stati membri per aiutarli a combattere le conseguenze dell'epidemia Covid-19", afferma Conte con il Financial Times. La richiesta di Conte di accedere al fondo salva stati, mette in evidenza il quotidiano, arriva mentre le banche centrali del mondo stanno cercando di calmare i mercati con aggressivi tagli dei tassi di interesse e acquisti di bond.

CONTE MERKEL

 

2.GENTILONI, CONDIVISIBILE LOGICA CONTE SU USO MES

 (ANSA) - "La logica, la filosofia" di Conte sull'uso del Mes "è assolutamente condivisibile. Le modalità con cui si può fare un'operazione di questo genere sono legate alla discussione su questi eurobond, cioè su strumenti che si costruiscono sul mercato e sono a disposizione per tutti i Paesi": lo ha detto il commissario agli affari economici Paolo Gentiloni a Radio Anch'io. Gentiloni ha sottolineato che la crisi "riguarda tutti", e che visto che abbiamo strumenti coordinati dobbiamo provare ad usarli".

 

CONTE LAGARDE

Gentiloni ha spiegato che gli eurobond, o Coronabond, "devono essere lanciati da strutture finanziarie perché sono titoli finanziari europei. La struttura più adatta per lanciarli è il Mes". Ma a livello di dibattito "non ci siamo ancora, è inutile dire cose che non sono ancora nelle decisioni prese, la discussione deve andare avanti. Temo che con l'evoluzione della pandemia aumenterà anche la consapevolezza di tutti che bisogna reagire anche con strumenti finanziari", ha aggiunto.

 

3.CORONAVIRUS: CRIMI, SERVE PIU' SEVERITA', NON CREDO AL MES

 (ANSA) - "Serve maggiore severita'. Non so se ci sara' un nuovo provvedimento, la catena di comando e' netta e Conte fa la sintesi, ma lo auspicherei almeno nelle zone come la Lombardia". Lo afferma il capo politico del M5s, Vito Crimi a Radio 1. "Tutto quello che non e' essenziale andrebbe chiuso. Ma tante aziende hanno scelto di proprio la chiusura", cosi' rispondendo alla domanda se sia necessario chiudere tutte le aziende. "Circa il ricorso al Mes senza condizionalita' - conclude Vito Crimi - purtroppo non ci credo".

 

giuseppe conte e ursula von der leyen a bruxelles

 

4.LA BCE È COSTRETTA A LEVARCI IL CAPPIO MES MA GIUSEPPI INSISTE

Giuseppe Liturri per ''La Verità''

 

Salta - per ora - la trappola del Mes. La Bce è costretta a smentire la sua presidente Lagarde, e interviene abbassando gli spread. Ma non basterà per la ripresa. Eppure ancora c' è chi sogna il cappio. Il bazooka messo in campo dalla Bce alla mezzanotte del 18 marzo è una risposta definitiva ai fabbisogni di debito pubblico generati dalla crisi da Covid-19? Il Mes, così improvvidamente richiesto dal nostro governo nei giorni scorsi (nessuno ha smentito le richieste attribuite a Giusseppe Conte e Roberto Gualtieri), è definitivamente accantonato?

 

«In Italia non c' è nulla di più definitivo del provvisorio e nulla di più provvisorio del definitivo», diceva Giuseppe Prezzolini.

GENTILONI CONTE

Con il passare delle ore, la risposta a entrambe le domande pare essere negativa. Né Christine Lagarde ha risolto tutto, né il Mes è definitivamente fuori gioco. L' intervento del presidente della Bce è sembrato un tappo messo a una barca che sta facendo acqua, un modo per comprare tempo, nonostante il malcelato dissenso dei tedeschi e degli olandesi. I nodi da sciogliere sono ancora tutti là.

 

Il fatto che il Mes sia ancora sul tavolo, però, è confermato dal premier in persona, che ieri ha detto al Financial Times che il Mes «deve essere messo in moto per rispondere urgentemente» all' epidemia. Secondo Conte, «la linea da seguire è aprire le linee di credito del Mes a tutti gli Stati membri per aiutarli a combattere le conseguenze del coronavirus».

 

PAOLO GENTILONI GIUSEPPE CONTE ROBERTO GUALTIERI

Ancora prima dell' Eurogruppo di lunedì 16, si erano levate voci per richiederne l' applicazione. Dapprima Giampaolo Galli e Lorenzo Codogno sul Sole 24 Ore del 12 marzo ne hanno invocato l' applicazione secondo il testo riformato ma non ancor approvato, invitando quindi a un rapido sì. Peccato che lo stesso Galli in audizione parlamentare aveva definito il riformando Mes «una pistola puntata alla tempia». Poi Enrico Letta che, ancora mercoledì sera, scriveva su Twitter: «Occorre agire; Mes è dotato di risorse, intervenga per fermare la crisi, purché si cambino le regole d' ingaggio, non sia un commissariamento come in Grecia e si elimini ogni condizionalità nell' utilizzo di quei fondi».

 

giampaolo galli 2

Quanto invocato da Galli e Letta non è fattibile, perché fuori dalle regole attuali. Il Mes è un finanziatore, con un proprio statuto, un trattato istitutivo ed è separato dalla Ue. È stato istituito nel 2012 come fondo per erogare sostegno finanziario ai Paesi che avessero perso l' accesso ai mercati. Ed è questo il primo punto: a oggi, nessun Paese dell' Eurozona, men che meno l' Italia, è in questa condizione. Inoltre, sia nella attuale versione sia in quella riformanda, può erogare due linee di credito una precauzionale (Pccl) e l' altra rafforzata (Eccl), entrambe soggette a condizionalità, ancora più severe nel secondo caso. Si tratta di sottoscrivere un programma di aggiustamento, tagli e aumenti di imposte, che garantiscano al creditore il puntuale rimborso dei prestiti.

 

Ricevere un finanziamento a condizioni rafforzate (Eccl), per l' Italia significherebbe spalancare le porte alle Omt, gli acquisti illimitati di titoli pubblici da parte della Bce previsti proprio all' interno di un pacchetto di salvataggio finanziato dal Mes. Ed è questo l' obiettivo del blocco nord europeo capitanato dai tedeschi: tenderci la trappola del Mes per far sì che gli acquisti della Bce non siano incondizionati, come accade oggi con il Qe, ma disciplinati da regole a carico del Paese debitore.

 

Klaus Regling

Probabilmente l' avrebbero già fatto, ma si sono fermati davanti alla prospettiva del panico che si scatenerebbe sui mercati se l' Italia entrasse in un simile meccanismo. In ogni caso, qualsiasi intervento del Mes fuori dai canoni previsti comporterebbe il vaglio da parte dei Parlamenti nazionali, ha ribadito da Angela Merkel.

 

Ecco quindi giustificata la titubanza del capo del Mes, Klaus Regling, di fronte alle richieste italiane. Il Mes è questo, prendere o lasciare. Se ne volete un altro, fatene un altro, ma ci vorrà tempo. Ma questo Mes serve proprio per riuscire là dove non è riuscita la Commissione: mettere definitivamente il guinzaglio all' Italia che dribbla ormai da cinque anni le regole del fiscal compact che le impongono di ridurre l' eccedenza di debito pubblico oltre il 60% di debito/Pil per 1/20 all' anno. Un bagno di sangue che continuiamo a rimandare e qui da noi qualcuno vuole facilitare, finendo sotto le forche caudine di un creditore privilegiato.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”