IL PACCO DI STABILITA - MEME SU GIORGIA MELONI BY DAGOSPIA
ACCORDO TRA ISTITUZIONI UE SU RIFORMA PATTO DI STABILITÀ
(ANSA) - BRUXELLES, 10 FEB - Dopo una trattativa di oltre 15 ore, i negoziatori del Parlamento e del Consiglio europeo hanno raggiunto un accordo sulla riforma del Patto di stabilità. Lo annuncia la Commissione per l'Economia del Parlamento europeo.
RIFORMA PATTO, A SETTEMBRE 2024 I PIANI NAZIONALI DI SPESA
(ANSA) - BRUXELLES, 10 FEB - Entro il 20 settembre 2024 gli Stati Ue dovranno presentare i primi piani nazionali che delineano spese, riforme e investimenti sulla base della riforma del Patto di stabilità. E' quanto emerge al termine del negoziato interistituzionale.
PATTO, DEROGHE SU PROCEDURE DEFICIT PER TRANSIZIONE E DIFESA
(ANSA) - BRUXELLES, 10 FEB - Le nuove norme del Patto di stabilità obbligheranno gli Stati a garantire che i piani spieghino gli investimenti nelle aree prioritarie dell'Ue quali transizione climatica e digitale, sicurezza energetica e difesa. Gli investimenti già intrapresi in questi settori devono essere presi in considerazione dalla Commissione quando redige la sua relazione sulle deviazioni di uno Stato membro dal suo percorso di spesa, dando così più spazio a quello Stato membro per argomentare la propria causa per non essere sottoposto a una procedura per disavanzo eccessivo.
Inoltre, la spesa nazionale per il cofinanziamento dei programmi finanziati dall'Ue sarà esclusa dalla spesa del governo, creando maggiori incentivi agli investimenti. I piani dovranno inoltre fornire informazioni sulle esigenze di investimenti pubblici, vale a dire dove esistono lacune negli investimenti.
PIÙ SPAZIO A INVESTIMENTI IN PATTO, PIANI DA SETTEMBRE
di Sabina Rosset (ANSA) - BRUXELLES, 10 FEB - Dopo una trattativa di quasi 16 ore, i negoziatori del Parlamento e del Consiglio europeo hanno raggiunto un accordo sulla riforma del Patto di stabilità. L'Eurocamera ottiene qualche piccolo spazio in più per gli investimenti pubblici e più margini per deviare sui percorsi di spesa in caso di circostanze eccezionali. Le nuove regole partiranno subito: gli Stati dovranno presentare entro il 20 settembre di quest'anno i primi piani di spesa a quattro anni, estendibili fino a sette.
PATTO DI STABILITA - VIGNETTA DI GIANNELLI
Per dar spazio agli investimenti, il Pe ha ottenuto che venga scorporata la spesa nazionale relativa al cofinanziamento dei progetti finanziati dall'Ue dal conteggio complessivo della spesa pubblica. Inoltre, gli investimenti già avviati nelle aree prioritarie Ue come transizione climatica e digitale, sicurezza energetica e difesa saranno presi in considerazione nella relazione dalla Commissione sulla deviazione dai piani di spesa dando spazio agli Stati per evitare la procedura per disavanzo eccessivo.
L'Eurocamera ottiene anche che in caso di circostanze eccezionali capaci di determinare un impatto notevole sui conti si potrà chiedere di deviare dai piani di spesa concordati per un tempo definito ma che potrà essere prorogabile fino a un anno, anche più di una volta. Alla fine, comunque, si è arrivati a una mediazione tra le posizioni raggiunte a dicembre dai 27 Stati membri dell'Ue al Consiglio e all'Eurocamera rispetto alla proposta legislativa della Commissione europea dell'aprile scorso per rivedere dopo 25 anni le intese comuni sui conti pubblici europei. L'ultimo scoglio al negoziato era appunto la richiesta del Parlamento europeo di garantire maggior spazio per gli investimenti pubblici.
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Il margine di manovra dei 27 era però quasi nullo dopo il faticoso equilibrio raggiunto un mese fa, al termine di estenuanti trattative tra Paesi 'frugali' e non. La riforma è incentrata su piani pluriennali di spesa sui quali gli Stati avranno autonomia, salvo per l'obiettivo di aggiustamento o 'traiettoria tecnica' che verrà calcolato dalla Commissione. Qui nel negoziato su pressante richiesta dei 'frugali' - Germania in testa - si sono aggiunte "salvaguardie" per impegnare i Paesi a un ritmo certo di riduzione del debito (dello 0,5 e dell'1% annuo per chi sfora rispettivamente il 60% e il 90% del rapporto debito/Pil) e del deficit pubblico (per portarlo all'1,5% del Pil, rispetto al 3% del Pil fissato dai trattati).