“PER LA MAGGIOR PARTE DEI DIPENDENTI PUBBLICI LO SMART WORKING È STATA UNA LUNGA VACANZA RETRIBUITA AL CENTO PER CENTO” - L’EX PARLAMENTARE PD, PIETRO ICHINO, FA UN PO’ DI DEMAGOGIA: “BISOGNAVA ESTENDERE A QUESTI SETTORI IL TRATTAMENTO DI INTEGRAZIONE SALARIALE, DESTINANDO IL RISPARMIO A MEDICI E INFERMIERI” - LA CGIL: “LO SMART WORKING NON L’HANNO SCELTO I LAVORATORI, I SERVIZI PUBBLICI NON SONO MAI ANDATI IN LOCKDOWN E LA PRODUTTIVITÀ È ANCHE AUMENTATA” - TOMASO MONTANARI: “PERCHÉ NON LO QUERELIAMO?”

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1 - DALL’ACCOUNT TWITTER DI TOMASO MONTANARI

Perché non lo quereliamo, come dipendenti pubblici?

 

2 - "CON LO SMART WORKING GLI STATALI IN VACANZA" LE ACCUSE DI ICHINO FANNO INFURIARE I SINDACATI

Luca Monticelli per “la Stampa”

 

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Per la maggior parte dei dipendenti pubblici lo smart working è «una lunga vacanza retribuita al cento per cento». Il giuslavorista Pietro Ichino, ex parlamentare di Pci, Pd ed esponente del partito di Mario Monti, si scaglia contro i lavoratori della Pa, in una lunga intervista a Libero. Secondo il professore della Statale di Milano sarebbe stato meglio «estendere a questi settori il trattamento di integrazione salariale, destinando il risparmio a premiare i medici e gli infermieri in prima linea, o a fornire i pc agli insegnanti, costretti a fare la didattica a distanza con mezzi propri».

 

Tomaso Montanari Tomaso Montanari

Un ragionamento che manda su tutte le furie i sindacalisti. La leader della Funzione pubblica della Cgil, Serena Sorrentino, ricorda innanzitutto che il lavoro agile «non è stata una scelta dei lavoratori, ma una direttiva del governo approvata per decreto che l'ha reso la modalità ordinaria. Fin quando sarà in vigore ci atterremo alle procedure. Poi, non si può generalizzare, la stragrande maggioranza degli impiegati del settore pubblico ha lavorato in presenza mentre chi era in smart working ha aumentato i propri ritmi».

 

Tutti gli osservatori stanno monitorando la produttività, sottolinea la dirigente di Corso Italia, e «il risultato che emerge è che è aumentata». Inoltre «i servizi pubblici, in quanto essenziali, non sono mai andati in completo lockdown. La sanità, i comuni, gli assistenti sociali, gli operatori che hanno garantito l'erogazione del reddito di emergenza, l'assistenza alle persone fragili, la polizia locale, sono tutte categorie che non si sono mai fermate. Quindi puntare il dito contro i lavoratori pubblici non ha senso».

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E tra chi era in smart working, Sorrentino fa l'esempio degli amministrativi dell'Agenzia delle Dogane che «da remoto hanno sbloccato la fornitura dei dispositivi di protezione quando c'era l'emergenza». Infine, la responsabile della Fp Cgil ribadisce di essere d'accordo con la ministra della Pa Fabiana Dadone: «Una quota di lavoro agile va garantito anche in futuro, non come strumento emergenziale, ma come una possibilità per i cittadini.

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Questo non vuol dire solo stare a casa, ma organizzare l'impiego rendendolo compatibile con i propri tempi di vita. Può essere un utile strumento di conciliazione e di flessibilità in grado di aumentare la partecipazione al lavoro influendo positivamente sulla produttività. Si tratta di un segno di civiltà, non di un abuso». Michelangelo Librandi, segretario della Uil Fpl, attacca: «I nostri colleghi chiedono di tornare al lavoro in sicurezza e nello stesso tempo di regolamentare lo smart working.

 

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Ancora una volta il settore della pubblica amministrazione viene trattato in modo vergognoso, quella del professor Ichino è una polemica sterile. In Italia c'è questa mentalità secondo la quale il lavoratore pubblico deve essere controllato a vista, è una vera e propria ossessione mentre il rendimento non interessa a nessuno, l'importante è vedere una persona alla scrivania invece di valutare quello che fa».  

 

 

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