la vignetta di mannelli sulla conferenza stampa di giorgia meloni

“PUÒ UNA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SOSTENERE PUBBLICAMENTE DI ESSERE OGGETTO DI RICATTI E TENTATIVI DI DESTITUZIONE SENZA ACCOMPAGNARE LA DENUNCIA CON NOMI, FATTI E CIRCOSTANZE?” - “REPUBBLICA” SBERTUCCIA IL VITTIMISMO DI GIORGIA MELONI: “LA CAPA DEL GOVERNO DI UN PAESE DEL G7 SI DICE TESTIMONE DI TRAME OSCURE MA NE TACE IL CONTENUTO. UNA SCELTA IMBARAZZANTE: SE COMPLOTTI E RICATTI NON CI SONO, LA MENZOGNA DI MELONI È MOLTO GRAVE. SE CI SONO E NON SPIEGA CHI, COME E PERCHÉ, È IRRESPONSABILE IL SUO SILENZIO. LA POSA VITTIMISTA È LA CIFRA NATURALE DELLA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO”

SPETTRI E VITTIMISMO MELONI EVOCA COMPLOTTI E SI RIFUGIA NELL’OMERTÀ

Estratto dell’articolo di Stefano Cappellini per “la Repubblica”

 

GIORGIA MELONI

Può una presidente del Consiglio sostenere pubblicamente di essere oggetto di ricatti e tentativi di destituzione senza accompagnare la denuncia con nomi, fatti e circostanze? Non può, secondo la più elementare logica e grammatica politica. Può, invece, se la presidente del Consiglio si chiama Giorgia Meloni.

 

Non è la prima volta che Meloni evoca scenari di complotto ai danni del suo governo, ma in altre occasioni ha lanciato l’accusa senza essere incalzata in tempo reale su una tale enormità. Stavolta, a domanda di Repubblica sull’obbligo di dare concretezza agli spettri che ha di nuovo evocato durante la conferenza stampa di fine anno, ha rivendicato l’omertà: non fatemi dire di più, ha tagliato corto, come davanti a un amico che le chiedesse un segreto personale o un pettegolezzo.

 

GIORGIA MELONI

La capa del governo di un Paese del G7 si dice testimone di trame oscure ma ne tace il contenuto. Una scelta imbarazzante anche per ragioni logiche: se complotti e ricatti non ci sono, la menzogna di Meloni è molto grave. Se ci sono e non spiega chi, come e perché, è irresponsabile il suo silenzio.

 

Non si può nemmeno escludere che Meloni, anche se la persecuzione non c’è, sia sinceramente convinta di essere minacciata da nemici appostati nell’ombra. Si è formata in una comunità politica autoconvintasi di essere ghettizzata per il coraggio delle proprie idee anziché per la sciagurata scelta di porsi in continuità con il ventennio fascista.

 

GIORGIA MELONI

La posa vittimista è la cifra naturale della presidente del Consiglio e della famiglia politica che l’ha allevata: non a caso ha impiegato parte consistente della conferenza stampa a descrivere una destra discriminata, anche ora che tutto decide e dispone, e lei stessa conculcata dalle prepotenze della «sinistra», citata così, senza riferimenti partitici, come un’entità, un blob di potere che ingloba e, se non può, aggredisce.

 

Meloni ha bisogno di simulare lo scontro tra lei e questo mostro per continuare a ergersi nella retorica della lotta al sistema («In questa nazione c’è chi è abituato a dare le carte») e nel sedicente eroismo della resistenza al pensiero unico. Fuori da questo schema, resta solo da governare, l’attività nella quale la presidente del Consiglio e i suoi ministri sono più in difficoltà.

 

LA CONFERENZA STAMPA DI GIORGIA MELONI - VIGNETTA BY ELLEKAPPA

La tendenza al complottismo è connessa a questa educazione sentimentale: in passato Meloni è stata capace di citare il piano Kalergi, fantomatico disegno delle élite cosmopolite per sostituire la razza bianca, cristiana ed europea, con l’immigrazione di massa islamica.

L’incubo del meticciato, uno dei cavalli di battaglia dell’ultradestra identitaria.

 

Resterebbe da capire, ma servirebbe un’altra iniezione di logica mancante, come sia possibile conciliare questa visione, ovvero una sinistra che muove leve occulte per tornare al vecchio regime, con l’identikit di alcuni dei soggetti che nei mesi scorsi Meloni ha chiaramente considerato attentatori del suo potere.

 

giorgia meloni conferenza stampa di fine anno 1

Come Silvio Berlusconi – al Cavaliere era rivolta la frase «non sono ricattabile» che ieri la presidente del Consiglio è tornata a pronunciare – oppure Mediaset, cui nell’annuncio di separazione da Andrea Giambruno attribuì pur senza citarla una strategia contro la sua persona («Se qualcuno pensa di colpirmi nel privato, ha sbagliato i conti») o anche Matteo Salvini, forse effettivamente l’unico che non abbia mai perso di vista l’obiettivo di indebolire Meloni, ma al quale è difficile attribuire l’etichetta di complottardo rosso o di agente della plutocrazia europeista.

 

giorgia meloni conferenza stampa di fine anno 6

Il resto degli avversari spunta dal mischione di totem e tabù ereditati dalle fumisterie ideologiche di Colle Oppio, la sinistra e i sindacati, la Corte costituzionale e la magistratura, i capitalisti «ben introdotti» e le lobby affaristiche, entrambi sempre ricondotti al progressismo, secondo la tipica logica da populismo missino […]

 

A livello sovranazionale […] ci sono invece il bau bau Mario Draghi, […] e il finanziere ebreo George Soros, che in passato Meloni ha più volte attaccato pubblicamente, […] Meloni, che ai tempi della militanza nella corrente missina dei Gabbiani aveva per soprannome Calimera […] accusa l’opposizione di praticare un doppio standard. Però non perde occasione di dimostrarsi campionessa nell’uso dei due pesi e due misure.

 

giorgia meloni conferenza stampa di fine anno 2

Il picco lo ha toccato con la risposta di ieri sul caso Degni: parlando del magistrato della Corte dei conti, nei guai perché sui social si è espresso inopportunamente contro il governo, Meloni chiede alla sinistra se sia giusto che persone nominate in ruoli super partes si comportino da militanti politici, proprio lei che […] ha insediato alla seconda carica dello Stato Ignazio La Russa, il quale dal primo giorno di mandato ha rivendicato il diritto di partecipare alla vita di partito, il suo, e di intervenire nel dibattito pubblico […]

Ultimi Dagoreport

giuseppe conte matteo ricci

FLASH – È ALTAMENTE PROBABILE CHE MATTEO RICCI, CANDIDATO DEL CAMPO LARGO ALLA REGIONE MARCHE, SIA PROSCIOLTO  DALL’ACCUSA DI CORRUZIONE NELL’INCHIESTA “AFFIDOPOLI” A PESARO, PRIMA DELLE ELEZIONI REGIONALI, PREVISTE PER IL 28-29 SETTEMBRE. È LA RASSICURAZIONE CHE VOLEVA GIUSEPPE CONTE, PER SCIOGLIERE LA RISERVA DEL SOSTEGNO DEL M5S ALL’EX SINDACO DI PESARO. E INFATTI OGGI PEPPINIELLO HA DATO IL SUO VIA LIBERA: “NON VEDIAMO ALCUNA RAGIONE PER CHIEDERE A MATTEO RICCI UN PASSO INDIETRO. SAREBBE UN BRUTTO PRECEDENTE. NON CI SONO ELEMENTI A CARICO DELLA SUA COLPEVOLEZZA

emmanuel macron john elkann donald trump

DAGOREPORT – A PARIGI SI VOCIFERA CHE MACRON SIA UN PO' INCAZZATO CON JOHN ELKANN PER LA SUA AMERICANIZZAZIONE FILO-TRUMP (VEDI LA VISITA CON LA JUVE AL SEGUITO, ALLA CASA BIANCA) - IN BALLO LA GESTIONE DI STELLANTIS, GRUPPO AUTOMOBILISTICO DI CUI LA FRANCIA POSSIEDE IL 6,2%: DOPO TAVARES, MACRON VOLEVA UN CEO FRANCESE MA TRUMP SI E' OPPOSTO, ED E' ARRIVATO L’ITALIANO FILOSA - I CONTI IN ROSSO DI STELLANTIS PREOCCUPANO YAKI, COME DEL RESTO L’EDITORIA CHE NON GENERA PROFITTI MA SOLO ROGNE COL GOVERNO MELONI. E A PRENDERSI "REPUBBLICA" E "LA STAMPA" NON CI PENSA PIU' NESSUNO (IMPOSSIBILE RIBALTARE LA LORO LINEA ANTI-GOVERNATIVA) - LA TENTAZIONE DI ELKANN DI MOLLARE TUTTO PER DEDICARSI AGLI INVESTIMENTI FINANZIARI DI EXOR È OGNI GIORNO PIU' ALTA, MA LA SOLUZIONE STENTA, PER ORA, A FARSI AVANTI...

ursula von der leyen donald trump emmanuel macron

DAGOREPORT - COME MAI IL SEMPRE LOQUACE EMMANUEL MACRON TACE DI FRONTE ALL’UMILIAZIONE EUROPEA CON TRUMP SUI DAZI? IL TOYBOY DELL’ELISEO, CHE SI È SPESO PER NON SCENDERE A COMPROMESSI CON IL TYCOON (ERA IL FAUTORE DELLA LINEA DURA, CONTRO QUELLA MORBIDA PROPUGNATA DAL DUO MELONI-MERZ), HA PREFERITO CONTATTARE DIRETTAMENTE URSULA VON DER LEYEN. E LE HA POSTO TRE DOMANDE: 1) HAI PARLATO CON TRUMP DELLA WEB TAX? 2) CHI FIRMERÀ L’ACCORDO MONSTRE PER L’ACQUISTO DI 750 MILIARDI IN ENERGIA USA? 3) CHE FINE FANNO I CONTRATTI GIÀ FIRMATI CON ALGERIA, QATAR, AZERBAIGIAN? LI STRACCIAMO?

giorgia meloni

DAGOREPORT - DOPO TRE ANNI DI FANFARE E BACI, UNA MELONI IN COSÌ TOTALE DIFFICOLTÀ NON S'ERA MAI VISTA - PER ESSERE COERENTE AL SUO ATTEGGIAMENTO DA "PONTIERA" USA-UE, FAVOREVOLE ALLA TRATTATIVA IN GINOCCHIO DI URSULA CON IL BOSS DELLA CASA BIANCA, MELONI È FINITA NEL TRITACARNE, FATTA LETTERALMENTE A PEZZI NON SOLO DALL'OPPOSIZIONE MA DA TUTTI: PER CONFINDUSTRIA, COLDIRETTI, FEDERACCIAI, CISL, ETC.: "L'ACCORDO CON TRUMP È UNA CAZZATA" - FUORI CASA, IL DILUVIO: LA ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' È STATA RIDICOLIZZATA PURE A DESTRA DAL LEPENISTA BARDELLA ALL'ANTI-UE, ORBAN – QUANDO IL SUO ALLEATO TRATTATIVISTA MERZ HA RINCULATO, TERRORIZZATO DAI POSSIBILI CONTRACCOLPI ALLA MAGGIORANZA DEL SUO GOVERNO, LA "PONTIERA" (SENZA PONTE) E' FINITA DA SOLA, COL CERINO IN MANO, A DIFENDERE URSULA VIOLENTATA DAL CETRIOLO DI TRUMP, MA GUARDANDOSI BENE DAL RIVENDICARE L'AMICIZIA (IMMAGINARIA) COL "PADRINO" DELLA CASA BIANCA – SE IL SOGNO MELONIANO DI AGGANCIARE FDI AL PPE SI ALLONTANA, LA RINTRONATA URSULA RIMARRÀ AL SUO POSTO: ALTERNATIVA NON C'È, HANNO TUTTI PAURA CHE LA DESTRA DEI ''PATRIOTI'' CONQUISTI BRUXELLES...

ursula von der leyen donald trump friedrich merz giorgia meloni emmanuel macron

DAGOREPORT - SIAMO DAVVERO SICURI CHE L’UNICA GRANDE COLPEVOLE DELLA ''DOCCIA SCOZZESE'' EUROPEA, COI DAZI TRUMPIANI AL 15%, PIÙ PESANTI IMPOSIZIONI SU GAS E ARMI, SIA LADY URSULA? - SE TRUMP NON DEVE RENDERE CONTO A NESSUNO, URSULA SI RITROVA 27 PAESI ALLE SPALLE, OGNUNO CON I SUOI INTERESSI, SPESSO CONFLIGGENTI: MENTRE MACRON AVREBBE VOLUTO USARE IL BAZOOKA CONTRO IL ''DAZISTA'', COME LA CINA, CHE HA TENUTO TESTA, DA VERA POTENZA, A WASHINGTON, MERZ E MELONI ERANO PER IL “DIALOGO”, TERRORIZZATI DALLE “VENDETTE” POLITICHE CHE TRUMP AVREBBE POTUTO METTERE IN ATTO (UCRAINA, NATO, MEDIORIENTE) - MELONI SA BENE CHE IL PEGGIO DEVE ANCORA VENIRE: LA STANGATA SULL’ECONOMIA ITALIANA DOVUTA AI DAZI SI ANDRÀ AD ACCAVALLARE ALLA FINE DEL PNRR E AI SALARI PIÙ BASSI D’EUROPA - SE L'AUTUNNO SARA' ROVENTE, NON SOLO ECONOMICAMENTE MA ANCHE  POLITICAMENTE (CON IL TEST DELLE REGIONALI), IL 2026 SI PREANNUNCIA DA SUDORI FREDDI... 

riccardo muti concerto agrigento alessandro giuli

DAGOREPORT - “AGRIGENTO CAPITALE DELLA CULTURA 2025” DOVEVA ESSERE PER IL MINISTERO GIULI-VO UN “APPUNTAMENTO CON LA STORIA” ED È FINITO NEL SOLITO “APPUNTAMENTO CON LA CASSA” - PER “INTERPRETARE IL SENSO DI UNA MEMORIA CONTINENTALE EURO-AFRICANA CONDIVISA E FARNE IL FERMENTO DI UN RITROVATO BENESSERE INDIVIDUALE DI CRESCITA COLLETTIVA” (SEMPRE GIULI), COME È POSSIBILE CHE LA REGIONE SICULA ABBIA SBORSATO LA FOLLIA DI 650MILA EURO PER UN SINGOLO CONCERTO NELLA VALLE DEI TEMPLI DELL’ORCHESTRA GIOVANILE CHERUBINI DIRETTA DA RICCARDO MUTI? LO STESSO EVENTO, ORGANIZZATO L’ANNO SCORSO DAL COMUNE DI LAMPEDUSA, ERA COSTATO APPENA 100MILA EURO - DEL RESTO, CON BUDGET DI 150 MILIONI, I 461MILA EURO PER LA “PROMOZIONE E PUBBLICITÀ DEL PARCO ARCHEOLOGICO” CI STANNO. COME IL “MOVITI FEST”: PER 473.360 MILA EURO, UN “PROGETTO CHE MIRA A COINVOLGERE E ANIMARE I LUOGHI DEL CENTRO STORICO AD AGRIGENTO” - ALLE CRITICHE, IL SINDACO DELLA CITTÀ DELLA CUCCAGNA, FRANCESCO MICCICHÈ, SI OFFENDE: “BASTA DILEGGIO STERILE. SE VINCE AGRIGENTO, VINCE LA SICILIA”! (QUI CE NE VOGLIONO 100 DI MONTALBANO…”)