“O NOI O I CRIMINALI” - ALTRO FUNERALE DI RABBIA A NEW YORK, I POLIZIOTTI VOLTANO ANCORA LE SPALLE AL SINDACO: “DÀ RETTA SOLO AI CRIMINALI E AI PROVOCATORI COME IL REVERENDO NERO AL SHARPTON, PERCHÉ SONO QUELLI CHE GLI PORTANO I VOTI”

Omaggio dei poliziotti al secondo agente ucciso il 20 dicembre, centinaia di agenti con le spalle girate mentre il sindaco parlava: “De Blasio non ci rispetta. Ma che bisogno aveva di mettere il figlio in guardia dai poliziotti?” - “Compiere questo servizio pericoloso diventa impossibile, se non hai l’appoggio del tuo sindaco”...

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Paolo Mastrolilli per “la Stampa

 

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Difficile spiegare perché un nero abbia ammazzato un poliziotto cinese, per vendicarsi degli abusi subiti dai bianchi. Però ascoltare il padre dell’agente WenJian Liu, che durante il funerale di ieri a Brooklyn salutava il figlio parlando in mandarino, e ricordando la sua dedizione all’etica confuciana del servizio, fa capire insieme la complessità di una città sempre più multietnica come New York, e l’assurdità della rabbia razziale che si è sfogata su due poliziotti uccisi appena prima di Natale.
 

Il capo del Police Department, Bratton, aveva invitato i suoi uomini a mettere da parte le polemiche col sindaco de Blasio, perché l’ultimo saluto a Liu doveva essere solo questo, non il terreno per una battaglia politica. Non ci è riuscito, però, perché centinaia di agenti hanno ancora voltato le spalle al sindaco mentre parlava. 
 

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«Traditi dal capo»
Una di loro, la detective Peralta, spiega il perché: «Quando non puoi dire cose buone sul tuo capo, è meglio sorridere e invocare il Quinto emendamento della Costituzione», cioè quello che garantisce agli indagati il diritto di non parlare per non autoincriminarsi. Più duro ancora John Megan, un ex poliziotto venuto al funerale con un cartello che diceva: «Dio, benedici il Dipartimento di Polizia, e scarica de Blasio».

 

Ma perché? Non aveva ragione a dire che certe volte i diritti delle minoranze sono stati calpestati dalle forze dell’ordine? «Sono stato nel gruppo dei first responder dopo gli attentati dell’11 settembre, e ho visto morire diversi colleghi. Il cappello che porto è dedicato a John Coughlin, uno di loro. Noi poliziotti faremo pure qualche errore, ma ogni giorno stiamo in strada ad aiutare la gente, con gesti che in genere non finiscono sui giornali. Compiere questo servizio pericoloso diventa impossibile, se non hai l’appoggio del tuo sindaco».

un aereo con un messaggio contro de blasio le nostre spalle sono voltate un aereo con un messaggio contro de blasio le nostre spalle sono voltate

 

Un agente di origini italiane, che ha perso la sorella l’11 settembre, dice cose che gli costerebbero il posto se usassimo il suo nome: «Ho voltato le spalle a de Blasio perché non ci rispetta. Lui dà retta solo ai criminali e agli spacciatori di droga, o ai provocatori come il reverendo nero Al Sharpton, perché sono quelli che gli portano i voti. Ma che bisogno aveva di mettere il figlio in guardia dai poliziotti? Se Dante non è un criminale, nessuno di noi si sogna di perseguitarlo». 
 

La scelta
Questa conversazione avviene in un ristorante italiano di Brooklyn, dove gli agenti si rifugiano a scaldarsi dopo il funerale. Hanno visto le lacrime della giovane moglie di Liu. Hanno sentito il capo dell’Fbi Comey che lamentava i 115 poliziotti uccisi negli Usa nel 2014, «un male che non capisco, ma che non vincerà». Hanno ascoltato il loro capo, Bratton, che invitava New York a ritrovare l’unità: «Non siamo più italiani e irlandesi, tutto il mondo lavora nel nostro Dipartimento».

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E poi de Blasio, che ha esaltato Liu come «un simbolo del sogno americano». La pace però non è stata firmata, né con i poliziotti di New York, né con le centinaia di colleghi venuti perfino dall’Arizona o da New Orleans. Vogliono che il sindaco scelga: o con loro, o con i criminali.

 

 

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