Carlo Tecce per “L’Espresso”
gianni letta silvio berlusconi
Il guaio delle nomine di Stato è che durano troppo. Un tempo insostenibile per una politica cagionevole che sa come si siede e non sa come si alza attorno al tavolo delle trattative.
Gli equilibri di appena un mese fa sono mutati, invalidati. Per esempio non esiste più l'asse fra la Lega di Matteo Salvini e la Forza Italia di Licia Ronzulli. Le nomine di Stato hanno accelerato un processo di riorganizzazione interna a Forza Italia e soprattutto nella residenza di villa San Martino di Arcore.
La giovane Marta Fascina, la quasi moglie di Silvio Berlusconi nonché deputata alla seconda legislatura, ha seguito la rotta dei figli Marina e Pier Silvio che, per buona abitudine azienda-le, deve coincidere con quella di governo, di qualsiasi tipo di governo. Ogni questione di potere è sempre una questione umana.
MARINA BERLUSCONI GIANNI LETTA LICIA RONZULLI - BY MACONDO
E il rapporto umano fra Marina e Pier Silvio e Gianni Letta e ancora fra la coppia di figli e Giorgia Meloni, alla prova dei fatti, ha prevalso. In presenza o per interposto Letta, al tavolo delle trattative c'è pure la famiglia di Arcore allargata a Fascina, che ha avocato a sé un pezzo di partito e ha "indicato" Alessandro Sorte coordinatore lombardo di Forza Italia.
GIANNI LETTA SILVIO BERLUSCONI
Forse è tardi e neanche presto, a questo punto del testo, citare Antonio Tajani. Il ministro de gli Esteri e reggente nazionale di Fi, temprato dall'elisir Farnesina, ha riconquistato territori del partito in mano agli indipendentisti e finalmente ha collocato un politico di sua fiducia - non ci era riuscito nel governo - con l'inopinato ritorno di Paolo Barelli a capogruppo alla Camera. L'elenco si fa lungo: Berlusconi, G. Letta, Marina, Pier Silvio, Fascina, Tajani.
E il resto di Forza Italia. Non c'è un simile affollamento in Fratelli d'Italia. I ministri sono ovviamente di più, i ministri che ascolta Giorgia Meloni per le nomine di Stato sono di meno. E ogni cosa passa per il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, l'unico che in cinque mesi di governo ha aumentato la sua influenza su Palazzo Chigi.
Meloni insiste con lo schema istituzionale che fu anche di Mario Draghi: convergenza con il Quirinale, nessun negoziato sugli amministratori delegati, sui presidenti ci si confronta, sui posti in consiglio maggiore libertà (se non sono di società quotate).
(...) Il timore di Salvini è finire schiacciato dagli accordi Meloni-Letta, patire la moderazione istituzionale e geopolitica (avrebbe volentieri cambiato più amministratori delegati), incidere poco, rasente lo zero, accontentarsi.
Ciò che va annotato, arrivati ormai ai giorni delle scelte vere e senza peccare di ingenuità, è l'assoluta inconsistenza delle idee. Il centrodestra guidato da destra, chiamato per la prima volta a intervenire senza limiti e bilancini sui ruoli di comando delle maggiori imprese italiane, non dispone di una strategia, di un afflato, di una convinzione. Tutto è possibile. Incerto. Variabile. Un nome per l'altro. Il mio, il tuo, il loro. E il nostro? Chi ci pensa al nostro?
MELONI FAZZOLARI fazzolari meloni
GIORGIA MELONI LICIA RONZULLI MATTEO SALVINI SILVIO BERLUSCONI BY MACONDO meloni berlusconi salvini ronzulli