PICCOLE CRONACHE DI BECHIS - GOTOR E GLI IMPRESENTABILI - I CONFETTI TRASVERSALI DELLA PELINO - LA GUIDI SI FA RIASSUMERE NELL’AZIENDA DI FAMIGLIA - I TAXI DI ZANDA - QUELLA FOTO DI ALDO MORO NELLE MANI DELLA BANDA DELLA MAGLIANA

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Franco Bechis per Libero Quotidiano

 

Gotor e quei visi dei fans del "no" di Massimo D' Alema

 

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È venuto uno stranguglione al povero Miguel Gotor, senatore della minoranza Pd, quando il 12 ottobre scorso ha visto la platea accorsa al residence di Ripetta per una manifestazione sul "No" al referendum organizzata da Massimo D' Alema e Gaetano Quagliariello. Vedere lì Gianfranco Fini, Antonio Ingroia, Paolo Cirino Pomicino, Lamberto Dini e tante vecchie glorie non proprio popolarissime fra gli elettori italiani è stata una doccia fredda. Così tornato in Senato il povero Gotor si è sfogato: «Certo che Massimo poteva stare attento agli inviti e magari distribuirli su più manifestazioni. Almeno avrebbe diluito quei visi. Ora temo che diventino i migliori manifesti per la campagna del "Sì" di Matteo Renzi...».

formigoni formigoni

 

Formigoni si sposta sul "no" ma è incerto sui motivi

 

Anche Roberto Formigoni, senatore Ncd e fin qui sostenitore del governo di Matteo Renzi sta per annunciare il suo "no" al referendum. «Sto lentamente e dolcemente spostandomi sul "no"», confida l' ex presidente della Regione Lombardia in un corridoio di palazzo Madama. Ma Formigoni ha un altro problema: come motivare questa scelta dopo avere votato ad ogni passaggio con entusiasmo il testo della riforma? A chi glielo chiede, azzarda: «Mah, forse il migliore argomento è quello di Bersani, il combinato disposto fra riforma e legge elettorale...». Ma un suo interlocutore lo gela: «Dai, Roberto, questa mi sembra una sciocchezza...».

 

Formigoni trova un' altra ragione: «Fra la nostra gente è popolarissimo un altro argomento: la riforma lima i poteri delle Regioni ordinarie, mentre lascia intatti quelli delle Regioni autonome. Questo è proprio inaccettabile, un bel motivo per dire "no"...».

 

Manovra tutte mance: Carraro chiude con Renzi

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Fino ad ora, pur stando all' opposizione nelle fila di Fi, l' ex presidente del Coni e senatore Franco Carraro ha sempre tenuto un filo discreto con Renzi. Ma ora Carraro sembra avere perso la pazienza.

 

Colpa della manovra, ancora una volta elettorale, che il governo ha presentato suscitando perfino l' indignazione dell' ufficio parlamentare di Bilancio. «Non ci si può comportare così», scuote la testa Carraro, «Va bene che l' Europa non è mai stata così debole e quindi è costretta a digerire bocconi che non avrebbe mai accettato. Ma non si può giocare la propria campagna elettorale a danno delle prossime generazioni. Renzi finanzia tutto in deficit, che diventerà debito sulle spalle dei prossimi anni. Così proprio non li si può seguire...».

 

L' azienda della Pelino risparmierà con il nuovo Senato

 

Non hanno calcolato quella cifra né l' ufficio studi di palazzo Madama, né la Ragioneria Generale dello Stato. Ma con la trasformazione del Senato scritta dalla riforma Costituzionale un risparmio sicuro c' è: quello per le tasche di Paola Pelino e le casse della sua azienda dolciaria.

 

ARRIVANO I CONFETTI, PAOLA PELINO_1 ARRIVANO I CONFETTI, PAOLA PELINO_1

La Pelino è una senatrice di Forza Italia nota nella sua Sulmona, dove con l' azienda di famiglia produce i più noti confetti della zona. I senatori ne vanno pazzi, e i confetti Pelino hanno un ventaglio di possibilità: da quelli tradizionali a quelli al ciocomandorla in vari colori, dai tenerelli al rum con gusto di ciliegia, cocco, banana e melone, a quelli al limoncello, fino ai confetti al cappuccino, alle noci e alla mela. Ogni seduta del Senato la generosa Pelino porta con sé una scatolona delle sue delizie e la apre su un banco a disposizione di tutti i senatori, mettendola proprio di fronte al disperato Augusto Minzolini («È una tortura, non so come ho fatto a non aumentare di 20 kg da inizio legislatura«, confessa lui).

 

CONFETTI PER TUTTI DALLA PELINO CONFETTI PER TUTTI DALLA PELINO

A scatola aperta inizia ogni volta un lungo pellegrinaggio, dai banchi della maggioranza come da quelli dell' opposizione (anche i 5 stelle non disdegnano). Appena arriva in Aula un esponente del governo, per caricarsi prima di parlare, fa un salto dalla Pelino. Risultato: certe sedute ne vanno via anche due o tre confezioni a più ripiani. La Pelino è per il "No" alla riforma, come tutta Forza Italia.

 

Ma a casa sua fanno un gran tifo per il "sì", nella speranza di mettere ancora qualche confetto da parte...

 

Zanda: "Niente auto blu. Vado in taxi al ristorante"

Luigi Zanda Luigi Zanda

 

Luigi Zanda, capogruppo del Pd al Senato, ammette come riferito da questa rubrica, di essere stato a cena al ristorante Evangelista alle spalle del ministero di Giustizia e pure di avere atteso l' auto che all' uscita avrebbe dovuto raccoglierlo. Ma fa sapere che non si trattava di auto blu: «Sarei matto ad andare la sera al ristorante con l' auto blu di questi tempi», spiega, «Stavo attendendo un taxi a mie spese, che era in ritardo...».

 

Zanda da capogruppo avrebbe un auto di servizio. Ma a sentire lui, anche in questo caso, la scelta sarebbe stata parsimoniosa: «C' è una Panda che uso solamente di giorno per gli spostamenti dovuti all' attività istituzionale...».

 

Carlo De Benedetti cambia il tiro su Matteo Renzi

 

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Forse è pentito delle critiche pungenti fatte in pubblico sulla riforma costituzionale e sulla legge elettorale che sta tanto a cuore del governo. Carlo De Benedetti ha voluto rettificare il tiro su Renzi dispensando qualche zuccherino al premier giovedì 13 ottobre in piazza di Pietra a Roma prima di correre a Londra per un incontro finanziario. E davanti a un gruppo di ragazzi che si occupavano di nuove tecnologie De Benedetti ha sostenuto che «non tutta la politica è ignorante su questo. Mi sembra che l' attuale presidente del Consiglio sia quello che più abbia capito le potenzialità delle tecnologie e la loro capacità di creare economia e creare valore.

 

Lui ha capito ed è molto più avanti del resto della classe politica e dirigente italiana...».

 

La lettera della Guidi per lavorare nella sua azienda

 

Nessuno ci aveva pensato ma per l' ex ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, è stato un problema rientrare nelle aziende di famiglia dopo le dimissioni a cui l' ha costretta una inchiesta giudiziaria sul suo compagno, Gianluca Gemelli.

 

FEDERICA E GUIDALBERTO GUIDI FEDERICA E GUIDALBERTO GUIDI

Secondo la legge sul conflitto di interessi un ministro non può nell' anno successivo al suo incarico pubblico essere nominato in alcuna azienda privata o pubblica che abbia avuto a che fare con la sua attività precedente. E la Ducati energia di cui la Guidi era ad prima della nomina ministeriale, ha a che fare con il ministero dello Sviluppo Economico. Per risolvere l' impasse la Guidi ha scritto una lettera all' autorità Antitrust. Che le ha dato il via libera al ritorno in azienda arrampicandosi un po' sui muri.

 

«L' Autorità», scrive l' Antitrust, «ha ritenuto che la relativa fattispecie non rilevasse ai fini della valutazione della incompatibilità post carica, trattandosi della mera riattivazione di un rapporto di lavoro subordinato pre-esistente, con una società presso la quale l' interessata svolgeva la propria attività prima di assumere l' incarico di governo».

 

Insomma, per potere tornare nell' azienda di proprietà della sua famiglia la Guidi si è dovuta fare assumere come un qualsiasi altro impiegato...

beatrice lorenzin giuseppe fioroni beatrice lorenzin giuseppe fioroni

 

Moro: le rivelazioni di un carabiniere a Giuseppe Fioroni

 

È stata piena di rivelazioni l' audizione dell' ex generale dei carabinieri, Antonio Federico Cornacchia, davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sulla fine di Aldo Moro presieduta da Giuseppe Fioroni. Cornacchia ha raccontato due incontri avuti con il leader comunista Enrico Berlinguer e quello democristiano Flaminio Piccoli dopo la seconda lettera di Moro dalla prigionia.

 

Era il marzo 1978, e «Berlinguer», racconta Cornacchia, «fu molto telegrafico (…) Disse: "Moro per noi è morto"». A quel punto il generale andò a piazza del Gesù per incontrare Piccoli. E la doccia fredda fu peggiore: «La risposta fu analoga a quella del segretario del Partito comunista, anzi fu più pesante. Piccoli disse: "Se dovesse ritornare, per noi sono dolori"...».

 

BANDA DELLA MAGLIANA BANDA DELLA MAGLIANA

Ma Cornachia ha dato anche un' altra notizia: il ritrovamento da parte dei carabinieri di una foto originale Polaroid che ritraeva Moro prigioniero con una copia di Repubblica in mano a casa di Tony Chichiarelli, il falsario della banda della Magliana appena assassinato in un regolamento di conti.

 

Di quella foto non c' è traccia in alcun verbale e in alcuna inchiesta della procura.

 

 

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