RODOTÀ GODE: “MI ASPETTAVO I VOTI DEL M5S E DI SEL, NON DEL PD” – QUANDO BOLLAVA M5S “UN MOVIMENTO ESTREMAMENTE PERICOLOSO”

Sebastiano Messina per "la Repubblica"

«Rodotà, duecentoquaranta » annuncia la presidente Boldrini nell'aula dove ancora rimbombano i colpi dei 151 franchi tiratori che al primo scrutinio hanno abbattuto la candidatura di Franco Marini. «Ro-do-tà, Ro-do-tà», gridano in piazza Montecitorio. Ma Rodotà dov'è, cosa fa, cosa dice? E' da tutt'altra parte, in uno studio Rai: per farsi intervistare da Paolo Mieli sul rapporto tra Internet, la democrazia e i diritti delle persone, ovvero quello che negli ultimi quindici anni è diventato il suo pane quotidiano. E la sua candidatura? Su quella non vuol dire nulla, o quasi.

«Non mi aspettavo questo risultato ammette - perché i numeri sono andati al di là delle mie previsioni e credo che questo qualcosa voglia dire. Mi aspettavo i voti del Movimento 5 Stelle e di Sel, ma se ho fatto bene i conti ne ho ottenuti 32 in più...».

E quei 32 voti in più venivano di sicuro da quei grandi elettori del Pd che lo avrebbero voluto come candidato ufficiale del partito, al posto di Marini. Ma lui che in Parlamento c'è stato per quindici anni, partecipando alle elezioni di due capi dello Stato e mancando per un soffio l'elezione a presidente della Camera, sa bene quanto la prudenza, in questi casi, sia la virtù più preziosa. «Ora non so che cosa possa accadere, bisogna attendere domani. Non credo di dover dire nulla, se non ringraziare chi mi ha votato e coloro che sostengono la mia candidatura».

Comunque vada a finire, lui ne uscirà con la soddisfazione di essere votato da un Parlamento di cui non fa più parte, messo in campo da un partito che non è nemmeno il suo. E anche se il suo stile gli detta regole diverse da quelle che hanno fatto dire a Beppe Grillo che «alla notizia Rodotà era felice come un bambino», quella candidatura deve avergli dato un'emozione almeno pari a quella che provò a 26 anni trovando nella prima pagina del "Mondo" l'articolo che, speranzoso, aveva mandato a Mario Pannunzio.

Il giovane Rodotà, arrivato a Roma dalla Calabria per studiare legge in quella facoltà che poi gli avrebbe dato la cattedra di ordinario, non immaginava che intrecciando settimana dopo settimana - prima sul «Mondo», poi su «Panorama» e infine su «Repubblica » - la riforma del diritto e le utopie della politica avrebbe disegnato un'originalissima figura: quella del giurista che diventa opinion maker.

Negli anni in cui bisognava andare controcorrente, per evocare i tre articoli della Costituzione (41, 42 e 43) che parlavano della prevalenza dell'«interesse
generale» sulla proprietà privata e della sua «funzione sociale», Rodotà faceva parte - con Galgano, Lipari, Irti, Rescigno, Barcellona e Berlingieri - di quel gruppo di giovani studiosi di diritto civile che lo facevano, da un convegno all'altro.

Fu lui nel 1964 a teorizzare la «funzione sociale del contratto», che era una tutela ante litteram dei consumatori, e da allora ha sempre esplorato le nuove frontiere, prima del diritto civile e poi - a partire dagli anni Settanta - dei diritti di libertà. Fino a diventare, nel
1997, il Garante della Privacy, dove ha dato una dimensione istituzionale alle sue intuizioni giuridiche sull'informazione come bene tutelato, le stesse che oggi lo spingono a battersi per un «Internet Bill of Rights» e a chiedere l'aggiunta di un nuovo articolo alla Costituzione: «Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet».

Tra la partenza e il traguardo ci sono stati 15 anni di vita politica. Radicale in gioventù con Pannunzio, nel 1979 accettò dal Pci la candidatura come «indipendente di sinistra», entrando nella formazione di cui quattro anni dopo diventò il capogruppo.

L'«indipendenza» finì insieme al Pci, e Occhetto volle che fosse proprio Rodotà il presidente del nuovo partito, il Pds. Gli ex comunisti, però, non l'hanno mai considerato davvero uno dei loro: quando si trattò di eleggere il successore di Scalfaro alla presidenza della Camera, per esempio, lui era il favorito ma il partito gli preferì Napolitano.

E così lui è tornato sul suo terreno preferito, il diritto. Perorando cause che poi sarebbero state fatte proprie da Grillo, come quella per il «reddito di cittadinanza» o per il referendum sull'acqua pubblica. E dev'essere nato da lì il feeling con il Movimento 5 Stelle, che a sorpresa lo ha messo ai primi posti delle sue Quirinarie, passando sopra i severi giudizi che Rodotà dava solo pochi mesi fa su Grillo (e che l'ex grillino dissidente Giovanni Favia ha rispolverato ieri, postandolo sul suo blog).

«Il fatto che Grillo dica che sarà cancellata la democrazia rappresentativa perché si farà tutto in Rete - diceva il professore in un'intervista a "Left" - rischia di dare ragione a coloro che dicono che la democrazia elettronica è la forma del populismo del terzo millennio. (...) Poi si scopre che Grillo al Nord dice non diamo la cittadinanza agli immigrati, al Sud che la mafia è meglio del ceto politico, allora vediamo che il tessuto di questi movimenti è estremamente pericoloso». Una perfidia, certo: ma la Rete, quella Rete studiata da Rodotà e adorata da Grillo, è fatta anche di questo.

 

Stefano Rodota Stefano Rodota Stefano RodotaStefano RodotaFRANCO MARINI ESCE DI CASA FRANCO MARINI E PIERLUIGI BERSANI Beppe Grillo

Ultimi Dagoreport

friedrich merz donald trump starmer macron meloni von der leyen jd vance

DAGOREPORT - L’INCONTRO DI GIORGIA MELONI CON VANCE E VON DER LEYEN È STATO SOLO ''ACCIDENTALE'': È STATO POSSIBILE IN VIRTU' DELL’INSEDIAMENTO DI PAPA LEONE XIV (NON È STATA LA DUCETTA A CONVOCARE I LEADER, BENSI' SANTA ROMANA CHIESA) – LA "COMPASSIONE" DI TRUMP, CHE HA COINVOLTO LAST MINUTE "COSETTA" MELONI NELLA CHIAMATA CON MACRON, STARMER E MERZ – LE FAKE NEWS DI PALAZZO CHIGI PROPALATE DALLA STAMPA E MEDIA DI DESTRA COL SUPPORTO DEL “CORRIERE DELLA SERA”:  ALL’ORIZZONTE NON C’È MAI STATO ALCUN INVIO DI TRUPPE EUROPEE AL FIANCO DI KIEV CONTRO MOSCA. SOLO DOPO LA FIRMA DI UNA TREGUA, GRAN BRETAGNA E FRANCIA SONO A FAVORE DI UN INVIO DI TRUPPE, MA UNICAMENTE AL FINE DELLA SALVAGUARDIA DEI CONFINI UCRAINI, E COL FONDAMENTALE SUPPORTO INTELLIGENCE DELLA CIA - ALTRA MINCHIATA DELLA PROPAGANDA ALLA FIAMMA: NON E' MAI ESISTITA LA VOLONTÀ DI ESCLUDERE L’ITALIA DAL GRUPPO DEI ''VOLENTEROSI''. È LA "GIORGIA DEI DUE MONDI" STESSA A ESSERSI CHIAMATA FUORI, IN PREDA ALL'AMBIZIONE SBAGLIATA DI DIVENTARE LA "PONTIERA'' TRA STATI UNITI ED EUROPA, E PER EVITARE GUAI IN CASA CON IL SUO NEMICO PIU' INTIMO, MATTEO SALVINI...

giuliano amato

AMOR CH’A NULLO AMATO – IL RITRATTONE BY PIROSO DEL DOTTOR SOTTILE: “UN TIPO COERENTE E TUTTO D’UN PEZZO, UN HOMBRE VERTICAL? O UN SUPER-VISSUTO ALLA VASCO ROSSI, ABILE A PASSARE INDENNE TRA LE TURBOLENZE DELLA PRIMA REPUBBLICA, UOMO-OMBRA DI CRAXI, MA ANCHE DELLA SECONDA?” – ALCUNI PASSAGGI STORICI DA PRECISARE: AMATO NON SI CANDIDÒ NEL 2001 A CAUSA DI ALCUNI SONDAGGI-PATACCA SVENTOLATIGLI DA VELTRONI, CHE DAVANO RUTELLI IN VANTAGGIO SU BERLUSCONI – A FERMARE LA CORSA AL QUIRINALE DEL 1999 FU MASSIMO D’ALEMA, CHE LO SCARICÒ PER IL “NEUTRO” CIAMPI  - IL MANCATO VIAGGIO AD HAMMAMET E IL RAPPORTO CON GIANNI DE GENNARO...

ernesto galli della loggia giorgia meloni

DAGOREPORT - FAZZOLARI E' PER CASO IL NUOVO DIRETTORE DEL "CORRIERE"? - IN UNA PRIMA PAGINA CHE NASCONDE LE MENZOGNE DI GIORGIA MELONI, SPUTTANATA DA MACRON, BRILLA UN EDITORIALE VERGOGNOSO DI GALLI DELLA LOGGIA CHE SI DOMANDA: "SE LA GERMANIA (DI AFD) HA DAVVERO FATTO I CONTI CON IL SUO PASSATO NAZISTA. IN ITALIA, INVECE, UN PARTITO CHE PURE HA LE SUE LONTANE ORIGINI NEL FASCISMO GOVERNA DA TRE ANNI IN UN MODO CHE SOLO I COMICI (DUNQUE PER FAR RIDERE…) GIUDICANO UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA" - L’EX MAOISTA, POI TERZISTA, QUINDI BERLUSCONIANO, 5STELLE, INFINE MELONIANO  DEVE STUDIARE UN PO’, INVECE DI CAMBIARE PARTITO A OGNI CAMBIO DI GOVERNO. NEL DOPOGUERRA IN GERMANIA, GLI EX NAZISTI RIENTRARONO NEL CONTESTO SOCIALE E OTTENNERO POSTI DI POTERE NELLE INDUSTRIE PIÙ AVANZATE FINO ALLA CONTESTAZIONE DEL '68, SIMBOLEGGIATA DALLO SCHIAFFONE RIFILATO DALLA STUDENTESSA BEATE KLARSFELD AL CANCELLIERE (EX NAZISTA) KURT KIESINGER – IN ITALIA LA DESTRA ALLA FIAMMA DI FINI FU SDOGANATA DAL GOVERNO BERLUSCONI, DOVE IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' ERA GIORGIA MELONI. COSA CHE IL GALLI OMETTE ESSENDO ORA COLLABORATORE DEL GOVERNO DUCIONI PER IL SETTORE SCUOLA...

andrea orcel unicredit

DAGOREPORT - IL RISIKO DELLE AMBIZIONI SBAGLIATE - COME PER IL GOVERNO MELONI, ANCHE ANDREA ORCEL NON IMMAGINAVA CHE LA STRADA PER LA GLORIA FOSSE TUTTA IN SALITA - IL RAFFORZAMENTO IMMAGINATO DI UNICREDIT, PER ORA, È TUTTO IN ARIA: IL MURO DI GOLDEN POWER DELLA LEGA HA RESO MOLTO IMPROBABILE LA CONQUISTA DI BANCO BPM; BERLINO RITIENE “INACCETTABILE” LA SCALATA ‘’NON AMICHEVOLE” DI UNICREDIT ALLA SECONDA BANCA TEDESCA COMMERZBANK; LE MOSSE DI NAGEL E DONNET GLI DANNO FILO DA TORCERE; CREDIT AGRICOLE, CHE HA UN CONTRATTO IN SCADENZA PER LA GESTIONE DEL RISPARMIO CHE RACCOGLIE UNICREDIT, HA UN ACCORDO CON BPM, DI CUI E' PRIMO AZIONISTA. E IL CDA DI UNICREDIT NON È PIÙ QUELLA FALANGE UNITA DIETRO AL SUO AZZIMATO CONDOTTIERO. COME USCIRE DAL CUL-DE-SAC? AH, SAPERLO…

orcel giorgetti

DAGOREPORT – GIORGETTI SI CONFERMA UN SUPPLÌ CON LE UNGHIE: ALL’INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI UNICREDIT PER LA MODIFICA DEL DECRETO GOLDEN POWER CHE BLINDA L'OPS SU BPM, BANCA CARA ALLA LEGA, CHI HA INCARICATO IL MINISTRO DI CAZZAGO? STEFANO DI STEFANO, DIRETTORE GENERALE DELLE PARTECIPAZIONI DEL MEF, MA ANCHE COMPONENTE DEL CDA DI MPS. INSOMMA, LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO... – CALTA C’È: LA GIRAVOLTA DEL CEO DI MPS, LUIGI LOVAGLIO, SULL'OPERAZIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI…