Alessandro Barbera per \"La Stampa\"
FEDELE CONFALONIERI - copyright PizziFedele Confalonieri si schermisce: «A noi non ce ne viene niente». A Mediaset, dice il suo presidente, non interessa il controllo del Corriere della Sera o di chissà quale altro giornale. «Tutte stupidaggini». Quali che siano le intenzioni dell\'azienda controllata dalla famiglia del presidente del Consiglio, a meno di un intervento del presidente del Consiglio, dal primo aprile, cinque giorni dal processo a suo carico di fronte ai giudici di Milano, il divieto introdotto dalla legge Gasparri di incrocio fra proprietà di televisioni e giornali verrà meno.
E\' quel che sancisce l\'ultima versione del decreto Milleproroghe sul quale la Camera (oggi) e il Senato (domani) - a meno di defezioni fra i «Responsabili» del Sud scontenti per le ultime modifiche - voteranno la fiducia. Nel Paese che ha dato i natali a Machiavelli può succedere anche questo: il governo vara una norma in violazione del conflitto di interessi, la modifica due volte, torna al testo iniziale e alla fine di questo giro dell\'oca tutti possono dire che la responsabilità è altrui.
Berlusconi e Murdoch a ArcoreLa storia è complicata, ma val la pena di essere raccontata. Il decreto «Milleproroghe» per il 2011, approvato come tutti gli anni a cavallo di capodanno, contiene - fra le tante - la proroga di un divieto previsto dalla legge Gasparri. I termini sono quelli di cui sopra: a meno di un decreto del premier in concerto con il ministro dell\'Economia, il primo aprile viene meno il divieto di acquistare un quotidiano per chi possiede una televisione.
Durante la discussione in Senato il Pd solleva la questione e presenta un emendamento che sposta la scadenza al 2016. L\'emendamento è bocciato, la maggioranza - almeno così fa credere - si mostra disponibile a fare sua l\'istanza. E così, il 12 febbraio, un emendamento del senatore Pdl Giuseppe Esposito sposta la scadenza del divieto al 31 dicembre 2012. La norma introduce però due nuovi criteri: il primo dice che nessun canale televisivo trasmesso su qualunque piattaforma possa acquisire giornali stampati se ha ricavi superiori all\'8% del cosiddetto «sistema integrato delle comunicazione» (Sic) «oppure» al 40% del settore delle comunicazioni elettroniche.
PAOLO GENTILONIL\'opposizione insorge; la tesi è che quei quei limiti siano fatti apposta per impedire l\'acquisto di quotidiani a Sky (il primo), a Telecom (il secondo) e non invece a Mediaset, che con quell\'«oppure» e il 32% del mercato delle comunicazioni elettroniche, potrà scalare, se vorrà, persino il Corriere.
Il pasticcio - non sarà l\'unico - non passa inosservato al Quirinale il quale, è notizia di martedì, scrive una lettera al governo per lamentare l\'«eterogeneità» del Milleproroghe. La norma che tocca il divieto di incroci è fra queste: si tratta di una proroga - dunque non estranea al decreto - ma che modifica la normativa esistente. E così il governo, dando seguito all\'indicazione (lo ricordava ieri maliziosamente Maurizio Gasparri), nel maxiemendamento al decreto cambia ancora: via i nuovi paletti, il testo prevede una proroga secca del divieto e solo fino al 31 dicembre 2011.
GASPARRIPoteva finire così? Troppo semplice. C\'è ancora spazio per il colpo di scena: nella notte di mercoledì una mano misteriosa fa sparire la proroga con un colpo di penna. Si torna al testo originario e alla mini-proroga al primo aprile. Tralasciamo le ragioni formali che, ufficialmente, spingono il governo a tornare alla casella iniziale. Secondo il Pd Enrico Morando è «il gran pasticcio di una maggioranza allo sbando».
L\'ex ministro Paolo Gentiloni è solo un po\' più malizioso: «Hanno approfittato dei rilievi del Quirinale per tornare alla soluzione che preferivano». Quel che conta è il risultato: qualunque cosa il premier sceglierà di fare - ovvero introdurre una nuova proroga e nuovi criteri, oppure non fare nulla - sarà attaccabile in nome di quel «conflitto di interessi» al quale nessuno dà più alcuna importanza.