san siro

ECCO PERCHE’ IL CALCIO NON VUOLE FERMARSI: LA PAURA DI UNA SERIE DI CAUSE LEGALI DIETRO LA “RIPARTENZA A TUTTI I COSTI” - LA FIGC STUDIA PIANI ALTERNATIVI E SPOSTA SEMPRE PIU' IN LA' LA DATA DELLA RIPRESA. LA PRESSIONE DELL'UEFA E DI CHI MINACCIA LE VIE GIUDIZIARIE – MALAGO’: “SAREI BEN FELICE SE IL CALCIO RIPRENDESSE IL SUO CAMMINO, MA LA VEDO MOLTO DIFFICILE...”

Daniele Dallera per il “Corriere della Sera”

 

san siro

Ripartire è un po' come non finire. Mai. Non è una esagerazione. Tutti abbiamo voglia di riaccendere il motore, ma basta sapere cosa sia una partita di calcio professionistico per capire che non si può, non si deve avere fretta. Sarebbe troppo pericoloso, alto il rischio di finire in testacoda.

 

«Prima di tutto la salute». com' è tenero il calcio. Un secondo dopo, con una faccia tosta che ha dell' inverosimile, si mette a programmare date per allenarsi prima e giocare poi. Forza gente, alleniamoci, stando stretti stretti, uno vicino all' altro. Una bella sudata insieme. Via con la partita e al gol abbracciamoci anche. E se l' arbitro non ci concede un rigore o ci annulla un gol, corriamo tutti da lui per urlargli in faccia la nostra rabbia. Come sarebbe felice il coronavirus atto secondo. E fa niente se non c' è la Var, come ha paventato il capo degli arbitri italiani, Marcello Nicchi, perché nel furgone dell' occhio magico non possono convivere tutti gli addetti alla tecnologia. Così due terzi del campionato con la Var, mentre l' ultimo tratto di stagione si gioca a mosca cieca: condizioni paritarie alle ortiche, sai le cause legali che nascerebbero.

emergenza coronavirus controlli a san siro

 

La parola d' ordine è «ricominciare a porte chiuse». Come se una partita fosse 11 contro 11, più la panchina. Coinvolge centinaia di persone, tutte qualificate, addetti ai lavori, i famosi broadcaster, tecnici, operai, impiegati, forse i giornalisti, gente che ha famiglia. Perché costringerli ad andare a lavorare a Brescia, Bergamo, Milano, Verona, tutte zone ora rosse? Non lo saranno più? Speriamo, ma non c' è un infettivologo, un medico, un virologo, un ricercatore che adesso garantisce un futuro così roseo.

 

san siro vuoto

Il calcio ha già rinviato gli Europei nel 2021: complimenti Uefa, più agile e tempestiva del Cio, che muovendosi veloce come una coda fuori dal supermercato ha impiegato troppo tempo per fare lo stesso con i Giochi di Tokyo. Invece il mondo del pallone nostrano, Federcalcio davanti a tutti, Lega più prudente, si ostina a voler ripartire, dimenticandosi che ogni data finora ipotizzata è stata spazzata via da medici e infettivologi, gente seria che combatte la morte, e poi dai provvedimenti del governo. Si era parlato addirittura di 25 aprile e primo maggio, simboli della liberazione dal virus. Miopia pura. L' occhio corto del calcio ha guardato a maggio, prime ciliegie e primi gol. Ieri la botta di novità: si riprende a settembre, magari a ottobre. Qui c' è l' uva. Ammettiamo, più ragionevole, anche se estremo, pensando al virus. Gabriele Gravina, presidente della Federcalcio, è un dirigente esperto, uomo di cultura, imprenditore serio, ma appare confuso: non è da lui, lontano da ogni interesse particolare. I maligni lo hanno battezzato «la tripla»: a colazione 1, dà una data; a pranzo X, altra scadenza; a cena 2, altra trovata presa in prestito dal calendario. È anche vero che ha a che fare con colleghi che gli dicono una cosa e poi, girato l' angolo, ne fanno un' altra. Non è il caso però di imitarli.

lo stadio di san siro chiuso per l'emergenza coronavirus 11

 

La strategia prevederebbe un guizzo, uno scatto, una visione. Verso il futuro. Il presidente del Coni Giovanni Malagò, pure membro Cio, quando interviene sul calcio, non invade il rettangolo di gioco, si limita a osservare: «Sarei ben felice se il calcio riprendesse il suo cammino, ma la vedo molto difficile...». Massimo Moratti si è chiesto «il perché di questa obbligatorietà a ripartire», una domanda posta con eleganza e fine ironia da parte di un uomo che sa di cosa stiamo parlando. Si ha paura delle cause legali, è la motivazione fondamentale che spinge a ripartire a tutti i costi. Il volley lesto e previdente ha già tirato giù la rete. Petrucci, ex numero 1 del Coni per 14 anni, chiuderà tra qualche giorno il suo basket in sintonia col neo presidente della Lega Umberto Gandini.

 

«Sta diventando il campionato degli avvocati», sfidando quei dirigenti, Bologna unita tra Virtus e Fortitudo, che hanno minacciato azioni legali se i giochi finissero qui.

È il timore di Gravina, di andare incontro a cause infinite, avviate da quelle società più sensibili ai fatti loro.

malagò gravina

 

Orientato ad accontentare l' Uefa, minacciosa con chi studia e programma piani alternativi. Non si ha il coraggio, la prudenza, l' etica, il buon senso di fare come in Belgio dove chi governa il pallone ha scritto la parola «fine». Meglio pensare alla salute, nostra, quella del calcio, industria importante per il Paese, e alla prossima stagione. Quella sì va organizzata per bene, con testa e cuore.

Significherebbe capire la lezione impartita dal mostro.

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