SOLO SE SEI SMART SOPRAVVIVI ALLO SMART WORKING - BUONI PASTO DIGITALI ANCHE PER I SERVIZI DI DELIVERY. MASSAGLI, CHE RAPPRESENTA LE AZIENDE DEL SETTORE, PARLA DI COSA CAMBIA CON LA PANDEMIA: ''BISOGNA OFFRIRE AI CLIENTI NON SOLTANTO BUONI PASTO “ELETTRONICI”, MA VERI E PROPRI DOCUMENTI DIGITALI, CHE NON HANNO BISOGNO DI MICROCHIP E POS, MA FUNZIONANO GRAZIE AD APP PER SMARTPHONE E TABLET, E DISPONIBILI NELLE MODERNE CASSE INTERCONNESSE"

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Da www.repubblica.it

 

EMANUELE MASSAGLI EMANUELE MASSAGLI

Nella Nota di aggiornamento al Def il Governo ha stimato per quest'anno una contrazione del Pil del 9%. Con la ripresa autunnale della pandemia, l’esecutivo ha messo in atto una serie di nuove limitazioni e, nello stesso tempo, un pacchetto di misure per assicurare un sostegno economico alle categorie più colpite. In questo contesto, sta crescendo il ricorso allo smartworking.

 

Durante l’emergenza, il 30% delle aziende ha scelto di non riconoscere i buoni pasto ai propri dipendenti. È un dato preoccupante, il segnale di un comportamento che contribuisce a togliere ossigeno alla ripresa dei consumi?

"Prima ancora che un problema macroeconomico collegato alla ripresa dei consumi, è una perdita di reddito e, indirettamente, di benessere per i lavoratori. Inoltre, è un danno per i pubblici esercizi che ritirano buoni pasto, tanto più oggi che sono forzatamente obbligati a rimanere aperti solo a pranzo. Non da ultimo, è anche una macchia su una soluzione organizzativa fondamentale in questo periodo per non bloccare le attività economiche: il lavoro agile. Se il lavoro a distanza diventa occasione per l’opportunismo economico delle imprese, intenzionate non soltanto a risparmiare sui costi di sede, ma anche sul welfare dei propri dipendenti, finirà per essere sempre più mal sopportato dai lavoratori".

 

Qual è per l’Anseb il punto di equilibrio per soddisfare le esigenze di lavoratori e aziende?

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"La legge non permette di negare il buono pasto a chi, per regolamento o contratto, ne ha diritto. L’azienda può decidere in senso diverso soltanto se si tratta di una concessione unilaterale o se questa facoltà è concessa da un accordo sindacale. La politica ha già annunciato la volontà di riformare le regole del lavoro agile a inizio 2021: è necessario che sia chiarito senza equivoci il diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello applicato a chi lavora in modalità ordinaria. Diritto che è già presente nella legge 81/2017 (art. 20), ma che evidentemente deve essere meglio specificato. La richiesta di sindacati e associazioni dei consumatori è assolutamente comprensibile e diversi sono i contenziosi attivi sul territorio. Vedremo anche quale sarà la posizione della giurisprudenza".

 

A che punto è la digitalizzazione dei buoni pasto da parte delle aziende del settore?

"Le imprese più moderne e solide del mercato, quelle rappresentate da ANSEB, sono da tempo in grado di offrire ai propri clienti non soltanto buoni pasto “elettronici”, ma veri e propri documenti digitali, che non hanno bisogno di microchip e POS, ma funzionano grazie ad APP scaricabili sugli smartphone, sui tablet, nonché disponibili nelle moderne casse interconnesse. Questo permette di usare il buono pasto anche per il delivery, ma, ancor più, lo rende uno strumento veloce, molto sicuro in termini sanitari poiché non vi è alcun contatto con oggetti e persone e meno costoso. Si pensi alla vecchia polemica sul POS unico, che è quindi superato nei fatti dalle moderne tecnologie".

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Il maggior ricorso alle modalità digitali di utilizzo dei buoni pasto può dare un contributo al raggiungimento degli obiettivi del piano cashless del Governo? 

 

"Proprio in coerenza con quel piano, il Governo nell’ultima legge di bilancio, quella del 2020, ha modificato le soglie di esenzione fiscale del buono pasto, aumentando quella per i buoni pasto digitali da 7 a 8 euro, e abbassando invece da 5,29 a 4 euro quella per i buoni pasto cartacei. Stando alla relazione tecnica di quell’atto, questo intervento avrebbe comportato un incremento di entrate per lo Stato nel breve periodo. Un sacrificio che abbiamo deciso di fare proprio per modernizzare il mercato e portarlo verso il superamento del supporto cartaceo, che personalmente mi auguro accada presto, magari già con la prossima Manovra.

 

Una recentissima ricerca curata dalla SDA Bocconi per Edenred – azienda leader di mercato nelle soluzioni welfare e buoni pasto – ha verificato che il 72% degli utilizzatori abituali di buono pasto effettua la maggior degli acquisti personali con bancomat; il 38% ricorre alla carta di credito; solo il 25% ai contanti. Vi è un evidente nesso, quindi, tra buono pasto e diffusione della cultura dei pagamenti digitali. Nella stessa ricerca è documentato che dopo aver iniziato a usare buoni pasto elettronici, il 36% del campione ha effettuato in ogni giorno lavorativo pagamenti digitali, il 32% circa due o tre volte a settimana, il 16% circa una o due volte al mese".

 

L’effetto Covid sui consumi ha provocato la più grande contrazione delle spese dei cittadini degli ultimi 25 anni. Secondo le stime di Confcommercio, la perdita annua tra il 2019 ed il 2020 è stata del 10,9% in termini complessivi e del 10,6% in termini pro-capite. Come si può invertire questa tendenza?

 

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"Rimanendo negli ambiti di mia competenza mi permetto di focalizzare l’attenzione verso una misura approvata dal Parlamento del c.d. DL Agosto. In quel decreto il legislatore ha deciso di raddoppiare la soglia massima di esenzione fiscale per beni e servizi offerti dall’azienda ai propri dipendenti, i cosiddetti fringe benefits, portandola per l’anno in corso da 258,23 euro a 516,46 euro per lavoratore. Una misura importante perché in un periodo di crisi economica come questo è cresciuta la richiesta di servizi da parte delle persone, soprattutto negli ambiti degli strumenti per la didattica a distanza e dei dispositivi personali di protezione. La misura sta avendo molto successo, ma è ora necessario renderla strutturale o, quantomeno, confermarla per il 2021. Il prossimo anno, infatti, molte aziende non riusciranno a riconoscere i tradizionali premi di produttività e, di conseguenza, i lavoratori perderanno ulteriore reddito.

 

Il welfare aziendale diventa quindi una strada economicamente vantaggiosa per le imprese per riuscire comunque a riconoscere beni e servizi ai propri dipendenti, senza la tagliola del cuneo fiscale. Secondo uno studio realizzato da Ambrosetti, il mantenimento della soglia di esenzione al valore attuale anche per il 2021 genererebbe 1 miliardo 600 milioni di euro di maggiori consumi nel Paese. In un momento come questo non mi pare una cifra che si può ignorare, né per i lavoratori e le loro famiglie, molto provate dalla crisi, né per il bilancio pubblico, considerata la forte incidenza dei consumi interni nel calcolo del PIL".

 

 

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