1. VENTINOVE BANCHIERI ITALIANI SONO INDAGATI DALLA PROCURA DI FORLÌ PER TRUFFA E USURA AGGRAVATA: UN’INCHIESTA SCONVOLGENTE PER IL CAPITALISMO ITALIANO 2. ISCRITTI AL REGISTRO DEGLI INDAGATI CI SONO MOLTI PEZZI DA NOVANTA DEL NOSTRO MONDO CREDITIZIO DEL PERIODO 2008- 2009: BASTI CITARE IL PRESIDENTE DI INTESA GIOVANNI BAZOLI, IL DG DELLA STESSA BANCA PIETRO MODIANO, L’EX AD DI INTESA ED EX MINISTRO CORRADO PASSERA, L’EX AD DI GENERALI GIOVANNI PERISSINOTTO 3. TUTTO PARTE DAL 2009, UN IMPRENDITORE FA ESPOSTO ALLA PROCURA PERCHÉ RITIENE SPROPOSITATI I TASSI AI QUALI LE SUE AZIENDE RICEVONO CREDITO DALLE BANCHE

Martino Cervo per Liberoquotidiano.it

Ventinove tra dirigenti di banca e banchieri italiani sono indagati per truffa e usura aggravata. Verso fine ottobre la procura di Forlì diventerà piuttosto frequentata: è qui che il gip ha convocato una Camera di Consiglio per decidere le sorti di un'inchiesta che potrebbe diventare un caso pilota per il capitalismo italiano.

Iscritti al registro degli indagati ci sono molti pezzi da novanta del nostro mondo creditizio del periodo 2008- 2009: basti citare il presidente di Intesa Giovanni Bazoli, il dg della stessa banca Pietro Modiano, l'ex ad di Intesa ed ex ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, l'ex ad di Generali Giovanni Perissinotto. Fa loro compagnia un gruppo di dirigenti bancari (italiani e non) che sono chiamati a comparire come indagati all'appuntamento fissato dal gip.

Tutto parte dal 2009, anno in cui un imprenditore fa esposto alla procura perché ritiene spropositati i tassi ai quali, in periodo di crisi post- Lehman, le sue aziende ricevono credito dal sistema bancario. Il pm si prende il suo tempo per le indagini, apre come di consueto un fascicolo contro ignoti, quindi chiede l'archiviazione.

Interviene qui il primo fatto notevole, che inizia a rendere decisamente interessante una vicenda giudiziaria cominciata come tante. Il gip infatti rifiuta l'archiviazione, chiedendo un supplemento di indagine. Il pm si riapplica alla pratica, disponendo una consulenza tecnica. Il documento, cui Libero ha avuto accesso, è frutto di un lavoro lungo e meticoloso.

In 22 pagine rendiconta i tassi applicati sui conti correnti delle aziende dell'imprenditore, riscontrando valori superiori anche di mezzo punto percentuali a quelli che la legge considera usurari. Una precisazione doverosa: l'indagine non si è ancora trasformata in un processo con degli imputati.

Il fatto che la «perizia» accerti tassi superiori a quelli fissati come soglia non determina in alcun modo l'eventuale colpevolezza di quelli che al momento sono solo indagati, né di chiunque all'interno delle banche interessate. Sta di fatto che in seguito a questa consulenza tecnica il pm iscrive al registro nomi e cognomi precisi, per i reati di truffa e usura (articoli 640 e 644 del codice penale).

Questi nomi sono desunti proprio dal documento della Guardia di Finanza. Per stabilire i «responsabili» dei tassi la GdF si rivolge direttamente alle filiali delle banche. Queste li rimandano ai direttori di filiali, e su su fino ai consigli di amministrazione che negli anni precedenti hanno fissato i criteri per erogare il credito e le linee guida dei loro istituti.

Per questo la lista degli indagati è una fotografia dei «quadri» del mondo bancario italiano, comprendenti vertici, direttori generali e membri dei consigli di amministrazione di Carisbo e Intesa, dalle quali l'imprenditore si riteneva truffato. A muovere l'indagine sembra essere la volontà di accertare le responsabilità specifiche di chi ha fissato tassi che una perizia giudica non leciti.

Le persone che in questi giorni stanno ricevendo la convocazione per la camera di consiglio sono, nell'ordine: Filippo Cavazzuti, Gianfranco Ragonesi, Carlo Bottari, Sergio Iovino, Paolo Lelli, Gianni Lorenzoni, Silvia Noè, Carlo Ricordi, Isabella Seragnoli, Pietro Modiano, Giovanni Bazoli, Giampio Bracchi, Corrado Passera, Giovanni Ancarani, Francesco Arcucci, Benito Benedini, Antoine Bernheim (nel frattempo deceduto), Ariberto Fassati, Paolo Fumagalli, Michel Le Masson, Giangiacomo Nardozzi, Eugenio Pavarani, Giovanni Perissinotto, Gino Trombi, Jean Frederic De Leusse, René Carron, Manuel Jorge Jardim Goncalves e Jean Laurent.

Anche un occhio non esperto dei meandri della finanza può riconoscere almeno 3-4 nomi di primissimo piano tra gli indagati.

LA RESPONSABILITÀ
Un passo indietro: in seguito alla perizia, il pm non chiede il rinvio a giudizio, ma una nuova archiviazione. La motivazione che adduce nella richiesta nel novembre 2012 merita di essere spiegata perché è esattamente il crinale su cui si gioca il futuro di questa inchiesta.

Nel chiedere al gip l'emissione di un decreto di archiviazione, il pm infatti riconosce la qualità del lavoro di ricostruzione della polizia giudiziaria che rileva «condotte oggettivamente usurarie ». Tuttavia, il pm si rifà alla giurisprudenza che non permette di contestare l'eventuale usura ai presidenti e ai dirigenti delle banche. Pertanto, non disponendo di «significativi e seri elementi a carico» che determinino la «mala fede» degli indagati, chiede l'archiviazione del «gotha» dei banchieri italiani. Qui accade il secondo fatto di rilievo: di nuovo infatti il gip non concede l'archiviazione, e dispone per ottobre l'udienza in camera di consiglio di cui si è parlato poco sopra.

LE OPZIONI
Cosa può accadere a fine ottobre? Le opzioni comprendono un raggio di tre possibilità. Ovviamente gli indagati si augurano che l'inchiesta venga archiviata. La parte offesa, invece, cioè l'imprenditore il cui esposto ha generato il tutto, avrebbe come maggior successo possibile la cosiddetta imputazione coatta, cioè un rinvio a giudizio disposto dal gip malgrado la richiesta opposta da parte del pubblico ministero.

Per citare un caso mediamente famoso, è quel che è successo all'ex ministro Saverio Romano, per il quale il gip di Palermo si oppose alla richiesta di archiviazione mossa dal pm per il reato di concorso in associazione mafiosa, e ne dispose appunto l'imputazione coatta.

Tra queste due opzioni - vittoria totale della difesa e successo dell'accusa che otterrebbe l'av - vìo del processo - c'è una gamma di possibilità che sinteticamente potrebbe tradursi in un nuovo supplemento di indagini, volte a stabilire i veri responsabili delle presunte «condotte usurarie» di cui parla la relazione tecnica voluta dalla procura. In queste settimane gli eserciti legali delle banche avranno ovviamente tempo per organizzarsi e far valere le loro ragioni.

Resta il fatto che dagli sviluppi di questo interessantissimo potenziale processo romagnolo potrebbero arrivare conseguenze anche clamorose per il nostro sistema bancario, visto il precedente che potrebbe creare e il numero di emuli che il ricorrente potrebbe scatenare. I lettori di Libero, nei prossimi giorni, ne saranno informati.

 

Bazoli e PasseraPIETRO MODIANO PERISSINOTTO BERNHEIMBENITO BENEDINI A BAGNAIA banche credito imprese banche

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…