
MASSIMILIANO ALLEGRI, LUKA MODRIC, STEFANO PIOLI, EDIN DZEKO, MAURIZIO SARRI E KEVIN DE BRUYNE: LA BRIGATA DI CALCIATORI E ALLENATORI ALLA RICERCA DI UNA SECONDA POSSIBILITÀ - LA SFIDA PIU' GRANDE LA AFFRONTA ALLEGRI, CHE DEVE RISOLLEVARE IL MILAN DOPO UNA STAGIONE DELUDENTE - PIOLI, DOPO AVER INCASSATO 10 MILIONI PER UN ANNO ALL'AL-NASSR, TORNA ALLA FIORENTINA INSIEME A DZEKO - IL 34ENNE KEVIN DE BRUYNE, PASSATO AL NAPOLI, E' QUELLO CON MENO PROBLEMI, PERCHÉ...
Estratto dell'articolo di Marco Ciriello per "Domani"
La seconda vita per calciatori e allenatori è direttamente legata all’inquietudine, potremmo dire che sia William S. Burroughs applicato al calcio: cercare, cercarsi, assaltare, perdersi e poi forse ritrovarsi.
Servono principalmente un titulo e un fallimento o un anno sabbatico e poi un posto e una squadra dove si è stati felici o un posto e una squadra dove si pensa che si possa ritrovare la felicità – sportiva, s’intende.
Poi, occorre la volontà di rimettersi in discussione, fare sacrifici, sopportare Lotito – un girone dantesco dove si parla il latino di Age e Scarpelli – o andarsene di casa in un paradiso abitato da diavoli o inserirsi in una squadra dove hanno giocato Dante, Brunelleschi, Botticelli, Boccaccio e Michelangelo, poi passato alla Roma papalina.
Insomma, la seconda vita va comunque sudata come la prima, anche se ha più leggerezza e pure la consapevolezza di sapere che cosa significa sbagliare. Massimiliano Allegri, Luka Modric, Stefano Pioli, Edin Dzeko, Maurizio Sarri e Kevin De Bruyne eccoli i candidati alla seconda vita – forse felice – in serie A.
Allegri è quello che ha più pressione di tutti, perché tornare al Milan significa tornare alla squadra dove è cominciato tutto, dove ha vinto per la prima volta e dove ricominciare a vincere, è evidente che è quello che gli si chiede, ma non solo. [...]
A Milanello sperano in una inversione a U, soprattutto con la regia di Luka Modric che ha lasciato il Real Madrid dove ha collezionato Champions e Lighe e dove ha trovato il Pallone d’Oro e anche la forza per portare la sua Croazia dove nemmeno Cristoforo Colombo poteva immaginare: in una finale di Coppa del Mondo. [...]
Uno che potrebbe scrivere: Il calcio, istruzioni per l’uso, anche se arriva al Milan e alla serie A stanco di guerre e partite con i suoi quarant’anni di sperpero e fantasie, dribbling e corridoi scavati per mandare in gol i compagni: tanti, troppi e tutti riconoscenti, perché un suo lancio è ancora una apertura prospettica, un viaggio di opportunità e riscatto.
Allegro y cansado ma non ancora triste eccolo col numero di Cruyff sulle spalle provare a essere l’Olanda che sempre manca e mancherà al Milan e ai milanisti, quell’invenzione di possibilità per un portoghese indolente che corre sulla fascia: Leao, provaci ancora come ci provo io, questo sembra dire Modric mentre cerca ancora d’essere il Mondrian del calcio, disegnando e pensando con i piedi una geometria che è mancata ai rossoneri.
L’ultima volta aveva provata a dargliela Stefano Pioli, piana e piano, ma con profitto: uno scudetto improvviso. Ora Pioli, dopo una stagione di calcio, deserto e scontento all’ Al-Nassr, ha deciso di tornare alla Fiorentina dove fu calciatore e allenatore, con molto vento. Torna dopo sei anni e tanta esperienza, dopo sei anni e tante suggestioni in una società che è molto cresciuta e che ha voglia di farlo ancora.
Torna con uno scudetto in bacheca e con lui torna in serie A Edin Dzeko che aveva giocato con Roma e Inter e ora si ritrova a fare da guida, chiocciola, maestro di gol e d’area e forse anche assistman per Moise Kean, uno dei pochi veri attaccanti a disposizione della Nazionale italiana, ma più discontinuo della linea internet in Nepal. Quindi Dzeko ha due compiti: ritrovarsi e trovare Kean, e Pioli ne ha tre: ritrovarsi, ritrovare Dzeko che ritrova Kean, una matrioska fiorentina.
E poi a Roma, sponda Lazio, c’è il curioso caso di Maurizio Sarri venerato maestro di pallone andato in crisi per una partita a scacchi col suo conto bancario, che tradisce le sue idee e perde l’anima a Torino e poi non riesce a trovarla più, anche se trova uno scudetto che aspettava da anni e che gli sarebbe spettato a Napoli, ma che perse in un albergo di Firenze.
La sua vecchia anima di avanguardista pallonaro gli riappare qua e là a Formello tra una discussione e una pennica del presidente Claudio Lotito, col quale forma e disfa sogni di pallone.
Per questo ora tornando alla Lazio dopo un anno di tregua spera in una ricerca archeologica che riscopra la sua Pompei tattica, che cominciò a sgretolarsi in un viaggio a Londra e che poi perse definitivamente su uno yacht in Costa Azzurra mentre, distratto, beveva Champagne con il re portoghese Ronaldo II.
Negli anni l’allegria del calcio sarriano ha lasciato spazio all’ombra cupa che sempre abita il suo volto e la sua anima, una tristezza da commesso viaggiatore che ha sbagliato strada, ma che ogni tanto si illumina ricordando quella volta che a Napoli ha visto la luce più di John Belushi, ma che poi è stato costretto al pragmatismo della vittoria, perdendosi la spensieratezza del flipper che da Carlo Verdone a Dries Mertens ha sempre dato grandi scene al cinema italiano.
Infine, c’è Kevin De Bruyne quello più algido e con meno problemi, che ha scelto Napoli e Antonio Conte per la sua seconda vita, riprogrammandosi dopo gli anni pieni di vittorie e tituli al Manchester City con Pep Guardiola.
De Bruyne è un pianista della stirpe di Thelonious Monk, un oscillante tra musica e silenzio, pallone e fughe, e andando a Napoli – «città dipinta dai suoni» come dice John Turturro in Passione – spera di ritrovare le piccole cose che poi per somma diventano grandi.
È il calciatore che ha più possibilità e meno pressione, ed è anche l’unico col mare. Per ispirarsi e fuggire. Perché quello che stanno tentando questi allenatori e questi calciatori è un raggiro, rispetto alla propria vita, la penultima piroetta – con un pallone o una lavagnetta – prima della fine. [...]