giacomo balla

UN CAPOLAVORO CHE BALLA - SCOPERTO A ROMA, IN UN EDIFICIO DELLA BANCA D’ITALIA, UN MURALE DI 80 METRI QUADRATI REALIZZATO DA GIACOMO BALLA - NEL PALAZZO C’ERA IL “BAL TIC TAC”, RITROVO DEI FUTURISTI DELLA CAPITALE, E LÌ IL GRANDE ARTISTA REALIZZO’ LA SUA OPERA (CHE SI PENSAVA PERDUTA) CON COLORI ACCESI E FORME ASTRATTO-DINAMICHE

Edoardo Sassi per il “Corriere della Sera”

 

il murale di giacomo balla

Si credeva perduto per sempre, distrutto: così almeno pensavano gli storici dell' arte del Novecento, che pure sapevano dell' esistenza - lì, in via Milano a Roma, subito all' uscita del traforo Umberto I - del Bal Tic Tac, dal 1921 il primo e più importante locale futurista della Capitale, immaginato e decorato da Giacomo Balla (1871-1958) che per quegli ambienti aveva progettato anche mobili, lampioni, insegna, réclame.

 

E invece 80 metri quadrati di superfici murarie, di mano del maestro, sono tornate alla luce dopo 97 anni sotto una spessa coltre di muri e superfetazioni successive, in un locale al pianterreno che è parte di un più ampio edificio di proprietà, oggi, della Banca d' Italia. «Una scoperta clamorosa e inattesa»,l' ha definita il soprintendente Francesco Prosperetti.

il murale di giacomo balla 9

Si tratta in effetti della più estesa opera pittorica dell' artista, tutto sommato in discrete condizioni, che oltretutto potranno migliorare di molto dopo un restauro già avviato in questi giorni.

 

Colori ancora vividi e accesi (soprattutto sul soffitto, preservato nei decenni grazie alla funzione «protettrice» di una carta fodera) e le tipiche forme astratto-dinamiche del Futurismo in quegli anni, realizzate a tempera: la scoperta, di qualche mese fa, è stata comunicata ieri mattina dai vertici di Bankitalia e del ministero per i Beni culturali, che ora procederanno al recupero dell' opera muraria in questo ambiente un tempo negozio di lumi e ora destinato a sede museale (vi sorgerà un Museo per l' educazione monetaria e finanziaria, la cui apertura è attualmente prevista per il 2021).

 

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Fino a poche ore fa del Bal Tic Tac (grazie soprattutto a pionieristici studi, già negli anni Sessanta, di Enrico Crispolti), si credeva di sapere (quasi) tutto. Ma nessuno lo aveva mai visto. Le memorie dirette risalgono per lo più alle cronache di un secolo fa: «Realizzata la nuova arte decorativa futurista. Forza, dinamismo, giocondità, italianità, originalità», riportava la rivista «Futurismo» nell' estate del 1922.

 

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L' inaugurazione, qualche mese prima - fine 1921 - avvenne con un discorso di Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del movimento. Quella stessa inaugurazione in cui Balla si presentò con una futuristica cravatta «di celluloide trasparente con dentro una lampadina accesa», come ebbe modo di scrivere sua figlia Elica nei tre volumi di memorie famigliari. «Danza, movimento, allegria - ricordava Elica, all' epoca bambina - l' artista era felice di svolgere questi temi i quali riflettevano una gioia che pure, per un attimo, aveva brillato alla fine della Guerra».

 

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A tre anni dalla conclusione del Primo conflitto mondiale, il Bal Tic Tac, tabarin o cabaret come allora si diceva, rappresentò in effetti, tanto più per le cronache contemporanee conservatrici, un «bizzarro ritrovo notturno», «spregiudicato e scapigliato», «pepato da una infernale orchestra Jazz-band» e con «danzatrici dalle ondulate movenze». Si trattava in verità di un locale modernissimo, commissionato a Balla (per la cifra di 4 mila lire) dal padre di un altro futurista, Vinicio Paladini.

 

Celebre, e a tutt' oggi dispersa, anche l' insegna luminosa, sequestrata già la prima sera dai Vigili del Fuoco che ravvisarono in quell' eccentrica scritta luminescente un oltraggio al decoro dell' ancora giovane Capitale d' Italia. Lettere tutte maiuscole componevano il nome del locale, ognuna delle quali formata da un danzatore stilizzato con gambe a zig zag e braccia levate in alto, come si vede in un bozzetto a lungo conservato nell' archivio Balla.

il murale di giacomo balla 5

 

Le pitture oggi ritrovate - in cui dominano le tonalità dei rossi, dei blu e dei gialli - corrispondono a quello che doveva essere l' ingresso del locale, al pianterreno.

Nel mezzanino era invece la sala da ballo vera e propria, quella che, stando almeno ai documenti (disegni preparatori oggi in musei o dispersi in aste internazionali, rare foto, cronache del tempo), Balla decorò con figure di danzatori e danzatrici su prevalenti tonalità verde-azzurre. Figure composte unicamente da linee sintetiche che delineavano i contorni con tratto continuo.

 

Di questo mezzanino non restano che pochissime tracce: «Una campagna di indagini conoscitive - hanno spiegato gli esperti - è stata effettuata anche al primo piano della palazzina, dove si trovavano gli altri locali del Bal Tic Tac. I primi saggi hanno tuttavia portato alla luce solo minime tracce di colore sulle quattro travi principali che sorreggono il solaio. Le radicali modifiche del contesto architettonico del piano superiore, avvenute in passato, hanno infatti comportato la demolizione sia del controsoffitto sia delle originarie murature di separazione tra gli ambienti.

 

il murale di giacomo balla 4

Nondimeno ulteriori verifiche saranno svolte prima dell' avvio dei lavori di ristrutturazione».

Salvo sorprese, dunque, questi 80 metri a tempera riemersi nei locali attigui all' ottocentesco Villino Hüffer (per i quali Balla chiamò come assistente, sempre secondo la testimonianza della figlia Elica, il giovane artista siciliano Luigi Verderame) resteranno l' unica testimonianza del Bal Tic Tac, luogo in cui per la prima volta si applicavano diffusamente i principi espressi nel «Manifesto» Ricostruzione futuristadell' universo (1915), firmato dallo stesso Balla con Fortunato Depero. Un testo in cui si teorizzavano l' uscita dalla bidimensionalità del quadro e il desiderio di «futuristizzare» il mondo: decorazione, abiti, mobilio, pubblicità, oggetti...

 

il murale di giacomo balla 3

Sempre ieri, presentando le pitture, è stata inoltre annunciata la messa in sicurezza dell' impiantistica di Casa Balla a Roma, l' appartamento in via Oslavia 39, nel quartiere Prati, dove il pittore futurista visse dalla fine degli anni Venti alla morte, nel 1958. Straordinariamente decorata anch' essa - corridoio, stanze, studio, terrazza - luogo unico, a lungo inaccessibile e sotto sequestro in seguito ad aspre contese fra gli eredi (le uniche due figlie del pittore, Luce ed Elica, non avevano figli), sarà ora restaurata con un finanziamento di Banca d' Italia e in futuro aperta al pubblico, sempre se si raggiungerà un accordo definitivo con i discendenti del pittore.

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