giorgia meloni mark carney donald trump

“L’ECCESSO TRUMPIANO HA FATTO ESPLODERE LA ‘BOLLA DEI BULLI’” - ALESSANDRO DE ANGELIS INVOCA LA “LEZIONE”, DEL CANADA DOVE IL TECNOCRATE MARK CARNEY HA RIBALTATO I SONDAGGI E HA VINTO LE ELEZIONI IN FUNZIONE ANTI-TRUMP: “PER CHI FA A GARA AD ESSERE ‘AMICO DI TRUMP’ E CHI A USCIRE DALLA NATO, RAPPRESENTA LA PROVA PROVATA CHE SI PUÒ DIFENDERE IL PROPRIO INTERESSE NAZIONALE CON VIGORE RIMANENDO OCCIDENTALI E LIBERALI” – “IN ITALIA NEPPURE LA SINISTRA ROMPE LO SCHEMA, ANZI LO RAFFORZA, PERCHÉ L’UNICO MODO PER CONTENERE TRUMP SAREBBE L’AUTONOMIA DELL’EUROPA, INNANZITUTTO SUL TERRENO DELLA DIFESA, E INVECE È CONTRARIA AL RIARMO…”

Da “Lo spigolo”, la newsletter settimanale di Alessandro De Angelis per “La Stampa”

 

mark carney dopo la vittoria 6

La politica italiana è ossessionata da Donald Trump. Non si parla d’altro. E da un certo punto di vista è anche normale, per quel che rappresenta, per quel che fa e per come lo fa […] .

 

In verità, il suo bilancio dei cento giorni, in termini di risultati concreti, è pressoché catastrofico. Gli indici di gradimento sono i più bassi registrati da un presidente in questa fase. E il consenso cala su tutto, compresa l’immigrazione.

 

Però questo non muta di una virgola la postura dei leader italiani. A casa nostra, è Trump-mania. Tutti imprigionati nella sua narrazione: nella narrazione, non nella fredda analisi della realtà.

 

donald trump canada

Gesta, battute, battito di ciglia: tutto, nel racconto, diventa sempre epocale, definitivo anche se è provvisorio come un una salita prima di una discesa sulle montagne russe. E così è “storico”, prima ancora che lo dica la storia, l’incontro a San Pietro, per il solo fatto che il tycoon non ha tirato in testa una sedia a Volodymyr Zelensky, come era quasi accaduto alla casa Bianca, ed è “storico” l’incontro alla Casa Bianca con Giorgia Meloni.

 

MEME SULL INCONTRO TRUMP MELONI - BY MEME DELLA TERZA REPUBBLICA

Lo è sia per i suoi supporter per cui la premier italiana è diventata una protagonista assoluta, il famoso “ponte” con gli Stati Uniti, sia per i critici, per cui invece quell’incontro attesta una “storica subalternità”. In fondo, è stato solo una zero a zero.

 

Insomma, lui è il grande influencer, gli altri follower, divisi tra chi mette i like e gli odiatori. Però, nella sostanza, lo seguono tutti.

 

Giorgia Meloni è entrata da tempo nel trip di esserne l’interlocutore privilegiato, perché ha l’ossessione di Matteo Salvini, che a sua volta è ossessionato da Trump perché sul trumpismo ha deciso di giocarsi l’esistenza in vita, anche se non guadagna un voto. E in fondo neppure la sinistra rompe lo schema, anzi lo rafforza, perché l’unico modo per contenere Trump sarebbe l’autonomia dell’Europa, innanzitutto sul terreno della difesa, e invece è contraria al riarmo. E così facendo gli conferisce la centralità assoluta del dominus dei destini europei.

 

donald trump e il canada - vignetta by vukic

C’è però, una lezione, che invece è sostanziale perché rompe lo schema, beatamente ignorata dai follower nostrani. E ha a che fare col Canada. Lì il partito liberale, solo qualche mese fa, era pressoché schiantato, e, sempre qualche mese fa, i favori del pronostico erano tutti per Pierre Poilevre, il leader dei Conservatori che aveva come slogan il “Canada first”.

 

Ebbene è successo che Poilevre è stato piuttosto tiepido rispetto alla sfida di Trump, che minacciava di annettere il Canada. Pensava di poter collaborare, e ci risiamo coi “ponti”, fondati sull’affinità ideologica. E ha lasciato sostanzialmente la bandiera del Canada First al suo competitor, il liberale Mark Carney, su cui occorre spendere qualche parola.

 

Il suo profilo è quanto di più testardamente contrario a questi tempi di leadership bullesche e ammalate di egotismo: governatore della Banca del Canada ai tempi della grande crisi del 2008, poi della Banca d’Inghilterra è il prototipo del tecnocrate noioso e grigio, competente, misurato nelle parole, alieno a sparate e promesse roboanti.

 

pierre poilievre

Durante la campagna elettorale è rimasto se stesso, però, politicamente parlando, ha incarnato una risposta ferma al trumpismo. Morale della favola, dopo il voto Pierre Poilevre si è dichiarato disponibile a collaborare su una linea autonoma rispetto a Trump, scintillante conferma che l’internazionale sovranista è una contraddizione in termini: se uno è sovranista non può partecipare ad alleanze internazionali contro il suo paese.

 

Quello che è accaduto è un segnale non banale per l’Occidente. Per chi fa a gara ad essere “amico di Trump” e chi a uscire dalla Nato, rappresenta la prova provata che si può difendere il proprio interesse nazionale con vigore rimanendo occidentali e liberali.

 

mark carney dopo la vittoria 3

E che, rimanendo seri e rigorosi, si può incrociare un sentiment popolare. Chissà, potrebbe essere l’indicazione che l’eccesso trumpiano ha fatto esplodere la “bolla dei bulli”, determinando il rifiuto dei medesimi eccessi, delle leadership egoriferite, delle abbuffate mediatiche.

 

[…] Per ora, dalle nostre parti, la bolla ha una sua persistenza. Non esplode. Semmai viene a noia. Per ora, magari spunterà qualche pacato ma tosto interprete dell’Europa First meno ossessionato dagli scatti in Vaticano, propri o altrui.

mark carney dopo la vittoria 5PIERRE POILIEVRE INCONTRO TRA GIORGIA MELONI E DONALD TRUMP - MEME BY 50 SFUMATURE DI CATTIVERIA DONALD TRUMP GIORGIA MELONIPIERRE POILIEVRE MARK CARNEY

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