SERATA IN RICORDO DI BIAGI (E DELLA RAI CHE FU) - E IL CENTRODESTRA NON C'E'
PALCO E MICROFONO IN MANO A PRODI, VELTRONI, ARBORE, SANTORO E FASSINO
IN PLATEA: GUZZANTI E LUTTAZZI, MINÀ E FLORIS - ZAVOLI RICORDA LA PIPÌ DI ENZO
PALCO E MICROFONO IN MANO A PRODI, VELTRONI, ARBORE, SANTORO E FASSINO
IN PLATEA: GUZZANTI E LUTTAZZI, MINÀ E FLORIS - ZAVOLI RICORDA LA PIPÌ DI ENZO
Virginia Piccolillo per il "Corriere della Sera"
Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
L'ultimo premio Enzo Biagi lo ha ricevuto, ieri sera, per una favola. Una Cenerentola musicale in tre atti, scritta nel 1949, ritrovata di recente in un vecchio scaffale della Siae, nella quale a fare notizia era il principe azzurro: annoiato, sospettoso di essere benvoluto più per le sue ricchezze che per amore. Ma nella serata in ricordo di Biagi organizzata da Articolo 21 ieri al teatro Quirino di Roma non si è parlato di favole, ma dei fatti che lui amava raccontare con parole disadorne, «ma che andavano dritto al cuore».
Lo ha sottolineato il presidente del Consiglio, Romano Prodi. «Aveva un modo di parlare semplice, quasi elementare, e non mi stupisco per niente che il ricordo sia così vivo » ha spiegato il premier. Ma con parole piccole non temeva di scontentare i grandi. «Era un simbolo di libertà, e ha anche pagato per questo» ha ricordato Prodi. Facendo cenno al «licenziamento » subito dalla Rai, e anche a quello precedente «dal Carlino».
Mentre da un maxi schermo un grande primo piano di Biagi con le braccia conserte e lo sguardo severo sembrava chiedere conto al mondo della politica, dei media, della tv che ieri lo celebrava: da Renzo Arbore a Sergio Zavoli, dal leader del Pd Walter Veltroni, a ministri Mussi e Gentiloni. Via via fino agli ex epurati come Michele Santoro e quelli ancora fuori dalla Rai come Daniele Luttazzi e Sabina Guzzanti. Tutti stretti attorno alle figlie Carla e Bice che hanno annunciato, dal prossimo anno, l'istituzione del «Premio Biagi per il cronista».
Tutti a parlare di Rai in un momento in cui è paralizzata. Prodi non ha concesso facili speranze. «Facciamo una legge», «ma se c'è una proprietà troppo concentrata, un rapporto tra proprietà e strutture giornalistiche troppo forte, com'è nella nostra storia, la legge non è sufficiente per avere un paese libero nei media». E ha aggiunto un richiamo all'etica che ha guidato la vita di Biagi. «L'idea di un giornalismo libero, di qualità, ha bisogno di una Rai un po' più autonoma dalla politica, più forte, meno condizionata» ha specificato il ministro Gentiloni, promettendo una nuova legge.
«La libertà di informazione è fondamentale, senza non c'è legge elettorale che tenga», ha ricordato il ministro Mussi. «Biagi era uno degli italiani belli che ha faticato, sofferto, legato alla cosa principale: la libertà » ha sottolineato Veltroni, ricordando come avesse sofferto quando venne messo fuori dalla Rai per lettera.
Ma ricordare Biagi è ancora ridere della sua ironia e della sua «emilianità». Lo fa Sergio Zavoli ricordando quando fecero pipì sul lunotto dell'auto sepolta dalla neve per poter ripartire. E lo fa dallo schermo lo stesso Biagi raccontando di aver visitato la tomba di Montanelli e avergli detto: «Tu dicevi che certi personaggi dovevamo provarli. Forse abbiamo sbagliato le dosi».
Dagospia 06 Dicembre 2007
Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
L'ultimo premio Enzo Biagi lo ha ricevuto, ieri sera, per una favola. Una Cenerentola musicale in tre atti, scritta nel 1949, ritrovata di recente in un vecchio scaffale della Siae, nella quale a fare notizia era il principe azzurro: annoiato, sospettoso di essere benvoluto più per le sue ricchezze che per amore. Ma nella serata in ricordo di Biagi organizzata da Articolo 21 ieri al teatro Quirino di Roma non si è parlato di favole, ma dei fatti che lui amava raccontare con parole disadorne, «ma che andavano dritto al cuore».
Lo ha sottolineato il presidente del Consiglio, Romano Prodi. «Aveva un modo di parlare semplice, quasi elementare, e non mi stupisco per niente che il ricordo sia così vivo » ha spiegato il premier. Ma con parole piccole non temeva di scontentare i grandi. «Era un simbolo di libertà, e ha anche pagato per questo» ha ricordato Prodi. Facendo cenno al «licenziamento » subito dalla Rai, e anche a quello precedente «dal Carlino».
Mentre da un maxi schermo un grande primo piano di Biagi con le braccia conserte e lo sguardo severo sembrava chiedere conto al mondo della politica, dei media, della tv che ieri lo celebrava: da Renzo Arbore a Sergio Zavoli, dal leader del Pd Walter Veltroni, a ministri Mussi e Gentiloni. Via via fino agli ex epurati come Michele Santoro e quelli ancora fuori dalla Rai come Daniele Luttazzi e Sabina Guzzanti. Tutti stretti attorno alle figlie Carla e Bice che hanno annunciato, dal prossimo anno, l'istituzione del «Premio Biagi per il cronista».
Tutti a parlare di Rai in un momento in cui è paralizzata. Prodi non ha concesso facili speranze. «Facciamo una legge», «ma se c'è una proprietà troppo concentrata, un rapporto tra proprietà e strutture giornalistiche troppo forte, com'è nella nostra storia, la legge non è sufficiente per avere un paese libero nei media». E ha aggiunto un richiamo all'etica che ha guidato la vita di Biagi. «L'idea di un giornalismo libero, di qualità, ha bisogno di una Rai un po' più autonoma dalla politica, più forte, meno condizionata» ha specificato il ministro Gentiloni, promettendo una nuova legge.
«La libertà di informazione è fondamentale, senza non c'è legge elettorale che tenga», ha ricordato il ministro Mussi. «Biagi era uno degli italiani belli che ha faticato, sofferto, legato alla cosa principale: la libertà » ha sottolineato Veltroni, ricordando come avesse sofferto quando venne messo fuori dalla Rai per lettera.
Ma ricordare Biagi è ancora ridere della sua ironia e della sua «emilianità». Lo fa Sergio Zavoli ricordando quando fecero pipì sul lunotto dell'auto sepolta dalla neve per poter ripartire. E lo fa dallo schermo lo stesso Biagi raccontando di aver visitato la tomba di Montanelli e avergli detto: «Tu dicevi che certi personaggi dovevamo provarli. Forse abbiamo sbagliato le dosi».
Dagospia 06 Dicembre 2007