PRO DAGO SPIA - "CHI" BUSSA, "ALTA PORTINERIA" APRE: "ESSI', LA VITA SI SCONTA SPIANDO."
Ernestina Miscia per "Chi"
A due anni dalla nascita, "Dagospia", diventa un libro. Roberto D'Agostino festeggia con Alta portineria il secondo anniversario del suo sito Web, dedicato alla cronaca del gossip minuto per minuto. Dal pettegolezzo via Internet torna alla forma tradizionale del suo genere letterario preferito, cucinandolo con gli stessi sapori forti degli amori andati a male, della politica arraffona e cafona, dei cialtroni blasonati, delle storie condite di passioni sfatte e di battute folgoranti. Dice: «E una specie di Bignami, il riassunto ragionato di un periodo vissuto pericolosamente sempre sull'orlo del burino (non sull'orlo del burrone che non esiste, ma del burino che invece imperversa), con l'intento di riuscire a essere giocosamente impiccioni.
Rappresenta, in particolare, un grido di dolore, la nostalgia per un personaggio che il progresso ha eliminato, cioè il portiere. I telefonini, i compact, i televisori al plasma, tutto ciò di cui oggi disponiamo, lo baratterei volentieri col vecchio portiere di una volta, che fungeva da collante della nostra vita sociale. A Roma, la mia città, che non è una metropoli, che non ha i ghetti della metropoli, che mantiene lo spirito e l'atmosfera del paesone, il portiere svolgeva il compito del conduttore televisivo (non a caso il programma di Bruno Vespa si chiama Porta a porta).
Il portiere era quello che ti spiegava la situazione: "Guarda che quello ha le corna!", o che ti raccontava: "Guarda che quell'altro lo trovi al ristorante ", era colui che ti dava il "meteo" delta vita sociale. Da ciò il titolo del libro, dove alta sta a indicare solo che è un prodotto nato in rete, e non certo che è riservato alle persone famose. Il sito e il libro sono per me un atto di umiltà, qualcosa che mi obbliga a confrontarmi coi passato, con le serate di "bassa Macelleria" trascorse nei salotti di Corbucci, della Ghergo, di Rosi, di Scola. Lì ogni sera scoppiava una Piedigrotta, di cattiverie, di neologismi, di calembour». E ora, diamo la parola allo stesso Roberto D'Agostino.
VITA DA SPIONE
di Roberto D'Agostino
Be', si potrebbe cominciare così: la vita si sconta spiando. I fatti degli altri, naturalmente. Non si può vivere solo di morti ammazzati, di policlinici devastati, di Tir mancini e di treni sinistri, di euro e di pensioni. Dopodiché, massimo cinismo e minimo riserbo per sussurri di corna, bibisgli di sesso, intrighi di potere. Una volta baciati dalla disgustina vocazione alla delazione sociale, lingua lunga e ciacolare. D'accordo, ma come si fa a cominciare? Intanto, sfruttare il famigerato "sentito dire", capitalizzare la chiacchiera da salotto, pompare la diceria da corridoio telefonico. Quindi barattare al volo (mai perdere tempo) la propria Alta Portineria con la Bassa Società di altre dotate malelingue.
Per capirsi: funziona come il gioco delle figurine. Io do una storiella a te, e tu racconti una maldicenza a me. Prima di abbassare la cornetta, basta raccomandarsi: "Non dirlo a nessuno", ed è fatta. Così la mayonese monta, si alimenta, gonfiandosi come un panettone. Si forma nel tempo una rete by-cell o by-eMail di impiccioni che by-passa i banali e normali canali di informazione.
Attenzione: quotidiani e rotocalchi servono eccome. Intanto, il gioco del mattino dello spione consiste nel mettere in minuzioso risalto certe interviste, sottolineare certi editoriali, evidenziare certi omissis di scoop. Quindi ritagliare e archiviare (o scannerizzare) i fattacci veri o verosimili. La regola aurea vuole che l'operazione archivio avvenga dopo un mese o due: certi personaggi oggi non ci dicono nulla, invecchiando diventano miti sorprendenti o mitomani imbarazzanti.
Roma, poi, è una specie di laboratorio ideale dei meccanismi del pettegolezzo. C'è il Palazzo, la Rai, Cinecittà, i tavoli del Bolognese e i tavolini del Bar Ciampini. Ma soprattutto è sempre piena di vincitori e vinti. Già, inutile vedere a cena i primi: i neo-potenti non parlano; gonfi come rospi, si godono solo il lecca-lecca di rito. Invece, da perseguire le cosiddette "cene dei perdenti". Appena una capa cade, subito invitarla a cena e accendere il registratore: l'inevitabile sfogo del perdente si trasformerà il mattino dopo in succoso pissi-pissi-bau-bau. Altro accorgimento: il gioco del "ballon d'essai". Si butta lì una frase (esempio: Renato Zero ha due mogli e tre figli, D'Alema non sa nuotare, Naomi si fa suora). Il falso gossip provoca un uragano di supposizioni e, per ripicca, una valanga di altri fatti veri o presunti, che travolge ogni ostacolo franando sulla città e avvolgendola in una slavina di pettegolezzo.
"Cose da serve", sentenzierebbe un umanista ferito nel cuore. "La finestra sul porcile", titolerebbe un moralista indispettito da questa Italia da pianerottolo. Come gli alcolisti, come i drogati, sappiamo benissimo che la cosa ci fa male. Che dovremmo occupare il nostro (poco) tempo libero a leggere "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust, anziché inseguire le peripezie di Vittorio Sgarbi. La ragione ci grida di infiammare le nostre cellule per le dotte elucubrazioni di Umberto Eco, invece di razzolare beati tra i tira e molla di Alba Parietti, le separazioni maleducate di Stefania di Monaco, gli amorazzi intercambiabili di Asia Argento e Madonna.
Ma la virtù di Sua Maestà la Chiacchiera è più forte di ogni barboso proposito. Massì: tra le forme di Pronto Soccorso ideale va messo, e a tutti raccomandato, il pettegolezzo. Il pissi-pissi-bau-bau, infatti, è liberatore, illumina la giornata, ravviva la democrazia repressa.. Essì, Dagospia ha il suo nume tutelare, guida spirituale, sostegno esistenziale nel duo Fruttero e Lucentini. La sublime coppia della letteratura italiana, nel libro recentemente uscito da Mondadori, "Il cretino in sintesi", osserva: "Noi dunque non scartiamo l'ipotesi che nella maldicenza si debba vedere l'estremo rifugio dell'individuo indipendente, il privato territorio dove ognuno può ancora ragionare con la propria testa, esercitare e affinare le proprie capacità di giudizio, di osservazione, di confronto, di critica, di satira. Tagliare i panni addosso agli altri è forse l'ultima trincea del libero pensiero.".
Allora: come si può resistere al richiamo della "sottologia"? Io non ci sono riuscito. Non ci riesco. In un'epoca non buona per i buoni sentimenti, in cui non sappiamo contro chi credere, la cicalata faceta e maligna, sinceramente, mi piace. Mi accompagna come il canto del muezzin la vita del musulmano. E' la casa di tolleranza del mio spirito. Sarà detestabile come idea, ma l'amo come sostanza. Perché la vita imita i pettegolezzi, e non ci riesce nemmeno troppo bene. In sostanza le dicerie risultano smisuratamente più autentiche, credibili, palpitanti della vita reale, della quale dovrebbe essere solo un peto - la parola pettegolezzo nasce ignobile, è una voce mutuata dal veneto "petegolo", cioè "piccolo peto".
E questi "piccoli sbruffi di aria intestinale", anche i più puzzolenti (e non a caso per indicare una diffusione a raffica di malignità e maldicenze c'è una pittoresca espressione inglese, "When the shit hits the fan", "Quando la cacca colpisce il ventilatore"), sono il normale rumore di fondo della civiltà, un modo importante di raccontare le piccole storie, senza cui non ci sarebbe forse oggi la Storia. Rivoluzioni sono cominciate per un'indiscrezione detta fuori posto, battaglie sono state perdute perché qualcuno aveva litigato con la moglie. Non sappiamo forse che i pettegolezzi da poco, men che minimi, quelli che si fanno incontrandosi in ascensore, in salotto, al bagno, sono il sale della vita? Come potremmo vivere armoniose giornate senza pettegolezzi maliziosi, puntigliosi, ora per ora, su quel che fa il tale, gli amici del tale, i nemici più intimi del tale?
Né va dimenticato, sottolinea Camilla Cederna, compianta regina del gossip alto, che "gran parte della letteratura, da Omero in poi, ha le sue radici nei fertili terreni del pettegolezzo. Litigano gli dei? Moltissimo! E come si tradiscono, si camuffano, quante ne fanno. E Svetonio non si basa forse sulla malalingua?". E i grandi scrittori venuti dopo? "Ciò che vediamo in Tolstoi, Flaubert, Dickens o Proust", ha scritto Mary Mac Carthy, "è la voce di un vicino che racconta l'ultimo pettegolezzo". "Narrant" dicevano i latini: e giù un mare di maldicenze, genialmente reinventate e messe in forma, contro imperatori e imperatrici. Bisogna dunque riconoscere che l'arte della diceria non è un genere letterario, ma la letteratura un settore molto fortunato del gossip. Da mille portinaie nasce un Proust, non viceversa.
Dunque, per vivere senza pettegolezzi, non bisogna essere eccessivamente contemporanei. Mentre persino la maldicenza più trucibalda può essere una forma di partecipazione, di attenzione a ciò che capita, di coinvolgimento, ricostruisce il vuoto, il rapporto sospeso tra i fatti veri e la gente Verusio. Ecco: il gossip è una bugia che dice la verità. Infatti, lo spettegolamento non coincide mai con la verità; o è una mezza verità o una verità e mezzo. Come disegnare i baffi alla Gioconda o infilare i jeans al David di Donatello. Quando la verità ci abbandona, è il pettegolezzo che ci resta accanto, come una filippina fedele. E come una colf, gira intorno alla verità senza potersi mai fermare. E quando si ferma, si avvia lentamente a diventare un aforisma di Lec: "I pettegolezzi quando invecchiano diventano miti".
Dagospia.com 10 Ottobre 2002