
ADDIO COL VELENO PER NAGEL – L’AD LASCIA MEDIOBANCA DOPO 22 ANNI AL VERTICE, IN SEGUITO ALLA CONQUISTA DI PIAZZETTA CUCCIA DA PARTE DI MPS, NON NASCONDE L’AMAREZZA PER IL RUOLO DEL GOVERNO NEL SOSTENERE SIENA, CALTAGIRONE E MILLERI (“IL MERCATO È STATO SCONFITTO”) E RIVENDICA L’OPERATO DELLA GOVERNANCE – NAGEL LASCIA SCONFITTO MA COL PORTAFOGLI GONFIO: HA VENDUTO LE SUE AZIONI DI MEDIOBANCA E INCASSATO 53 MILIONI DI EURO…
NAGEL VENDE ANCORA, FINORA HA INCASSATO 53 MILIONI DI EURO
(ANSA) - MILANO, 19 SET - I vertici di Mediobanca, nel giorno in cui si sono dimessi insieme al resto del cda, hanno continuano a vendere sul mercato le loro azioni, ottenute per i risultati raggiuti negli anni di lavoro nella banca.
Il presidente Renato Pagliato, in carica fino all'assemblea del 28 ottobre, ha ceduto 100.000 azioni a un prezzo medio di 21,37 euro l'una, il direttore generale Francesco Saverio Vinci 112.688 pezzi a 21,57 euro ciascuno e l'ad Alberto Nagel 465.222 azioni a 21,41 euro l'una. Nagel ha così incassato 10 milioni di euro che si aggiungono ai 43 milioni delle precedenti vendite arrivando a una cifra di oltre 53 milioni di euro.
L'AMAREZZA DI NAGEL PER IL RUOLO DEL GOVERNO "MERCATO SCONFITTO"
Estratto dell’articolo di Francesco Manacorda per “la Repubblica”
Lovaglio, Nagel, Caltagirone, Milleri
È l'ora delle dimissioni, è l'ora dei bilanci. Ed è l'ora, come ha scritto ieri Alberto Nagel ai colleghi, di «preservare l'eredità di Mediobanca», di mantenere, ha ribadito anche ai suoi consiglieri, «una cultura di cui questo istituto è imbevuto, fatta di serietà e trasparenza, di rapporti stabili con i clienti, di visione di lungo periodo. L'asset che vale più di tutti, più degli utili o del fatturato, è il modo in cui si fa banca».
Lo scossone azionario che dopo 34 anni lo catapulta fuori dalla Mediobanca in cui è professionalmente nato e cresciuto non cambia l'attitudine dell'amministratore delegato che dal 28 ottobre non lo sarà più.
Enrico Cuccia aveva scelto per l'assemblea annuale quella data, la Marcia su Roma, proprio per essere al lavoro mentre il regime festeggiava. Quest'anno, ironia della sorte, in piazzetta Cuccia si celebrerà invece la marcia di Roma – da Caltagirone all'attivo governo Meloni, con l'aggiunta della più nordica Delfin dei Del Vecchio – sulla stessa Mediobanca.
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«Tra Renato Pagliaro, Francesco Saverio Vinci e il sottoscritto – dice Nagel in cda - ci sono quasi cento anni cumulati di esperienza e di cultura aziendale condivisa». Una rivendicazione che non è fine a sé stessa: «Spero che chi arriva avrà l'intelligenza di mantenere almeno parte di queste competenze».
Non è certo una richiesta di rimanere al suo posto - le condizioni e i rapporti con i due grandi azionisti che hanno il 30% della banca rendono l'ipotesi impraticabile – ma la speranza è che, anche preservando alcune figure, la cultura aziendale non sparisca.
È anche l'ora di una sconfitta, inutile girarci attorno. Mediobanca ha scelto il mercato - era il mantra che Nagel andava ripetendo da oltre un decennio - e lo ha fatto anche sciogliendo i vecchi patti di sindacato che blindavano l'istituto ma che allo stesso tempo ne imbrigliavano la crescita assorbendo capitale nella rete di partecipazioni incrociate.
È quel mercato che lo ha tradito proprio mentre l'ad provava a smentire l'assioma di Cuccia per cui le azioni si pesano e non si contano? Se ci sono azionisti che hanno il 30% e i cui interessi non sono allineati con quelli del mercato - è il ragionamento - e se lo stesso governo contribuisce alla riuscita di un'operazione, allora c'è poco da fare.
Quale fosse a suo parere l'interesse del mercato, Nagel lo aveva già messo in chiaro al momento di portare al voto l'operazione su Banca Generali, che nei piani presentati ai soci avrebbe consentito di creare un grande polo del Wealth Management.
«Meglio questo o una fusione con una banca generalista per creare valore?», era la domanda nemmeno troppo implicita a chi doveva esprimersi? La risposta per lui era ed è scontata; il voto contrario di quei due grandi azionisti che sono lungo tutta la catena societaria – da Mps a Generali, passando appunto per Mediobanca – la dimostrazione che i loro obiettivi sono diversi da quelli della creazione di valore per l'istituto.
giorgia meloni e giovanbattista fazzolari
[...] non è che Mediobanca è stata davvero la Fortezza Bastiani che ha continuato a presidiare il Deserto dei Tartari di un capitalismo italiano sempre più asfittico? Tesi rifiutata, naturalmente.
Contro la lettura dell'istituto come elemento di conservazione nel paese, da Mediobanca rispondono con i numeri: negli ultimi vent'anni piazzetta Cuccia è stata coinvolta in oltre 1.200 operazioni di fusione e acquisizione per un controvalore di oltre 900 miliardi, e in 74 quotazioni in Borsa, per quasi 60 miliardi.
Anzi, si spiega, in questo stesso periodo Mediobanca è stata al centro di molti processi di consolidamento, non solo in Italia: tutte le principali fusioni bancarie e la crescita dei due campioni nazionali delle assicurazioni, i collocamenti in Borsa di marchi della moda come Brunello Cucinelli o Moncler, le unioni tra utilities locali come quella che ha dato vita ad A2A, o l'espansione internazionale di Enel con Endesa.
Fino alla presenza assidua in aiuto – ah, gli scherzi del destino - di una Banca Mps che dopo anni da grande malata del credito si è trasformata nello strumento per espugnare proprio "quella" Mediobanca.
MEDIOBANCA, L’ERA MPS NAGEL LASCIA LA BANCA E INCASSA ALTRI 21,3 MILIONI
Estratto dell’articolo di D. POL. per il "Corriere della Sera"
Mediobanca volta pagina e si appresta a entrare sotto le insegne del Monte dei Paschi, anche sotto il profilo della governance. Ieri il board di Piazzetta Cuccia ha preso atto dell’esito dell’Opas del Monte dei Paschi — che ieri ha registrato adesioni pari al 64,7% del capitale — e come da attesa ha rassegnato le dimissioni dalla carica, «con efficacia dalla data della prossima assemblea», convocata il 28 ottobre quando sarà nominato il nuovo consiglio.
A quella data lascerà anche Alberto Nagel, da 22 anni al vertice. Una scelta comunicata ai 6.200 colleghi del gruppo poco prima del cda attraverso una lettera. Le dimissioni sono avvenute in blocco, con l’eccezione di Sandro Panizza, indicato tre anni fa dall’azionista Delfin e che ora sarà ricandidato da Mps nella nuova governance dell’istituto. [...]
Il Monte dei Paschi ha infatti dato mandato ai cacciatori di teste di Korn Ferry per individuare una lista di profili adeguati per il nuovo vertice di Mediobanca, che ormai sta diventando una controllata del gruppo senese. Intanto il cda uscente gestirà le operazioni ordinarie per un altro mese.
In questo quadro di discontinuità sono continuate le vendite di azioni Mediobanca da parte dei vertici e dei top manager. Nagel ha ceduto un altro milione di titoli, incassando circa 21,3 milioni. Al ceo, che aveva già venduto per un ammontare di 22 milioni, restano titoli per circa 20 milioni.
Il presidente Renato Pagliaro ha poi messo sul mercato altre 100 mila azioni per un controvalore di 2,1 milioni, mentre il direttore generale Francesco Saverio Vinci ha venduto incassando 8,5 milioni. Tutti i primi livelli dell’istituto hanno colto l’opportunità di un titolo ai massimi (Mediobanca ha chiuso a 21,2 euro) per vendere le loro performance share maturate negli anni.
[...] Agli azionisti, ha ricordato Nagel, Mediobanca ha distribuito circa 8,5 miliardi negli ultimi 20 anni. I soci hanno ricevuto un ritorno del 500%. Il cda di Mediobanca poi ha anche deciso di non dar corso all’ultima tranche del piano di acquisto di azioni proprie per via «del mutato assetto azionario e del diverso quadro autorizzativo».