I SERVIZI SEGRETI DI MEZZO MONDO SEGUONO L’AFFARE TELECOM: ATTRAVERSO LA RETE ITALIANA PASSANO I COLLEGAMENTI PER ISRAELE

Giuseppe Oddo per il "Sole 24 Ore"

Medio oriente, Nord Africa, Asia. L'acquisizione del controllo azionario di Telecom Italia da parte di un operatore estero come la spagnola Telefonica solleva questioni di natura strategica che sono oggetto di riflessione, in questi giorni, non solo in Italia, ma anche in altre aree del mondo.

L'infrastruttura di rete di Telecom Italia, il cosiddetto global backbone, costituita da una molteplicità di cavi sottomarini che s'intrecciano e si dipanano per i cinque continenti, è infatti una sorta di grande centrale di smistamento di dati (voce e video) su scala planetaria.

Per la rete italiana transitano tutti i collegamenti verso Israele, una delle aree più "calde" del mondo. Non a caso l'attuale vertice di Telecom ha una consuetudine di rapporti con questo paese. La Sicilia in particolare rappresenta per le telecomunicazioni, insieme a Marsiglia, uno dei due principali hub a livello mondiale. Nell'Isola-Regione al centro del Mediterraneo confluiscono tutti i cavi transoceanici di Telecom Italia da e per il Medio oriente, da e per il subcontinente indiano, da e per l'Estremo oriente (verso Indonesia, Singapore, Filippine, Corea del Sud).

Questo è il lato più in ombra dell'operazione che ha portato Telefonica ad assumere la maggioranza di Telco e quindi di Telecom; una partita che desta qualche preoccupazione negli ambienti militari nazionali e internazionali e che ha spinto i servizi di sicurezza italiani, americani e israeliani ad occuparsi del dossier.

Qualche giorno fa il generale Carlo Jean ha dichiarato al "Corriere della sera" che, pur non essendo piacevole veder passare di mano un colosso delle comunicazioni come Telecom, sarebbe stato tuttavia peggio dal punto di vista della sicurezza nazionale se il controllo della società, anziché in uno Stato come la Spagna, aderente alla Nato, fosse finito in Russia o in Cina.

La verità - secondo una fonte addentro all'operazione - è che agli Usa, più che la cessione di Telco a Telefonica, non sarebbe dispiaciuto l'intervento del magnate egiziano Naguib Sawiris nel capitale di Telecom; accordo questo al quale stava lavorando il presidente esecutivo di Telecom, Franco Bernabè prima che i suoi rapporti con i soci di Telco si deteriorassero del tutto. Bernabè aveva chiare le implicazioni geopolitiche derivanti dall'ingresso in Telecom di un imprenditore egiziano.

Non a caso aveva individuato Sawiris, un cristiano appartenente a una minoranza religiosa egiziana che è stata massacrata dai Fratelli musulmani e che gli Usa ritengono essenziale per l'assetto strategico del Nord Africa. La medesima fonte sostiene che con Sawiris sarebbe arrivato in Telecom, oltre che un'iniezione di capitale, un uomo gradito agli Usa molto più dei francesi e dello stesso Cesar Alierta, presidente di Telefonica da tredici anni.

Vari episodi accaduti in Telecom nel corso degli anni sono illuminanti per capire quali e quanti interessi gravitino intorno alla rete e ai servizi di telecomunicazioni. Di uno, risalente al '97, il cronista ha dato conto ne "L'Affare Telecom" (Sperling & Kupfer). L'allora presidente esecutivo del gruppo, Gian Mario Rossignolo, subì pressioni dal Sismi, il servizio per la sicurezza esterna di recente trasformato in Aise, perché fosse messo sotto ascolto in Sicilia il "nodo" delle comunicazioni verso il Medio oriente. Rossignolo respinse la richiesta dopo aver avuto un colloquio con la presidenza del Consiglio dei ministri, anche perché c'era il rischio molto serio che informazioni sensibili di aziende italiane in rapporti commerciali con i paesi arabi finissero nella disponibilità di terzi o di paesi concorrenti.

L'interesse dei servizi per la Telecom è anche dimostrato in tempi più recenti dallo scandalo sull'attività di "dossieraggio" effettuata dalla security della Telecom, durante la presidenza di Tronchetti Provera, contro esponenti del mondo dell'economia, dell'industria, della finanza e del giornalismo.

Molti anni prima della privatizzazione, quando ancora la Sip operava in regime di monopolio ed era controllata dall'Iri, ossia dallo Stato, attraverso la Stet, circolarono rumors sull'esistenza di una Gladio dei telefoni.

Ma l'allora presidente Ernesto Pascale, al termine di un'intervista con il settimanale "Mondo Economico", a registratore spento, smentì l'indiscrezione, anche se manifestò la preoccupazione che tra il personale del gruppo Stet-Sip, all'insaputa del management, i servizi avessero inserito propri agenti regolarmente assunti o avessero ingaggiato dipendenti delle aree aziendali strategiche per ottenere informazioni riservate.

 

 

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