londra city

AVETE VOLUTO LA “BREXIT” E ORA V’ATTACCATE - LE BANCHE D’AFFARI IN FUGA DALLA CITY VERSO FRANCOFORTE PER NON PERDERE IL MERCATO EUROPEO - LONDRA PERDE LA SUA MIGLIORE INDUSTRIA, QUELLA DEL DEL DENARO. E NON E’ POCO: UN LAVORATORE SU TRE DELLA CAPITALE È IMPIEGATO NELLA FINANZA 

Francesco Guerrera per www.lastampa.it

 

city-londracity-londra

«Io a Francoforte non ci voglio andare». Andrea non è contento. Dopo anni a Londra, in una grande banca d’affari americana (che non vuole rivelare per paura di ritorsioni), il giovane milanese deve far fronte alla prospettiva di essere cacciato di casa dal voto-Brexit. Non è il solo. Quasi tutte le grandi società finanziarie hanno già annunciato che trasferiranno posti di lavoro a Francoforte, Dublino e Lussemburgo per non essere tagliate fuori dall’enorme mercato unico europeo.

 

Per ora si tratta di numeri bassi – duecento trader qui, centocinquanta esperti di tecnologia lì, e così via – ma ogni annuncio, ogni trasloco di banchieri e famiglie apre una ferita profonda nell’organismo economico di Londra. La capitale inglese è forse l’unica città al mondo di queste dimensioni che dipende così tanto da una sola industria – nel suo caso, quella del denaro.

 

New York ha Wall Street ma anche i media, lo spettacolo e un po’ di tecnologia. Hong Kong ha una comunità finanziaria notevole ma il settore immobiliare le fa concorrenza. E Parigi e Milano hanno la moda e un po’ di attività manifatturiere per bilanciare l’economia locale.

LONDRA IMPIEGATI DELLA CITY LONDRA IMPIEGATI DELLA CITY

 

Londra, invece, ha solo la City, ampliata da Canary Wharf, la giungla di grattacieli nella vecchia zona portuale. Gran parte della ricchezza della capitale britannica proviene dai gonfi portafogli dei signori che un tempo portavano la bombetta e che ora vestono Canali, Pink e Paul Smith e delle signore in carriera con i tailleur di Chanel.

 

Le statistiche sono chiare. Uno su tre dei lavoratori londinesi è impiegato nell’industria della finanza. Le banche d’affari, assicurazioni e affini – quasi tutte con base a Londra – contribuiscono il 12 per cento del Pil britannico. La metà delle esportazioni del Regno Unito è in servizi finanziari. 

 

londra city londra city

Senza Londra, la finanza mondiale non potrebbe funzionare. Ma senza la finanza, Londra sarebbe una città in cerca d’autore. 

 

Il voto per Brexit dell’anno scorso ha sconvolto una formula vincente che aveva permesso a Londra di utilizzare la sua potenza finanziaria per diventare un centro mondiale di cultura, spettacolo e sport (basti pensare a tutti gli investitori stranieri nelle squadre di calcio inglesi).

 

Se la Goldman Sachs e la Jp Morgan, ma anche la Deutsche Bank, Société Générale e Bnp Paribas sposteranno le loro truppe nel «Continente», Londra perderà il suo motore economico.

 

I venti della politica e della burocrazia non aiutano. La politica detta che i negoziati Brexit procedano lentamente, con pochi accordi fino alla dirittura d’arrivo alla fine del 2018 o, peggio ancora, all’inizio del 2019. 

londra city londra city

 

Ma la burocrazia costringe Goldman Sachs e compagnia a muoversi adesso. Tutto dipende dal «passaporto» per i servizi finanziari, il più grande regalo dell’Unione Europea a Londra (e alla Gran Bretagna). Grazie al «passaporto», le società finanziarie possono offrire i propri servizi in tutta l’Ue dai loro comodi uffici londinesi. Senza aprire filiali, o assumere gente, o completare complesse pratiche legali negli altri 26 paesi.

 

E’ un sogno per i grandi capi delle banche d’affari. Un sogno che gli ha permesso di risparmiare soldi, essere più efficienti e concentrare tutte le loro forze sul Miglio Quadrato della City. 

 

boris johnsonboris johnson

Se ne è accorto persino Boris Johnson, il clownesco ministro degli Esteri di Sua Maestà che è un fan della Brexit. «E’ nell’interesse di tutti mantenere i flussi commerciali [dei servizi finanziari]», ha detto di recente, non male per un ex sindaco di Londra. Purtroppo per Johnson, gli europei non condividono questa visione.

 

Anzi. Francoforte, Dublino e Parigi (ma anche Milano, Madrid ed Amsterdam) si sono precipitate a dissanguare Londra, «invitando» banchieri e trader a trasferirsi al più presto. I francesi hanno addirittura giurato che tutte le pratiche per il trasloco di una banca saranno in inglese – una concessione enorme da parte di un Paese così geloso della sua lingua. E Francoforte ha lanciato una campagna di marketing fenomenale per smentire le (molte) critiche di essere città insipida.

 

Gli ottimisti dicono che non importa granché se un po’ di banchieri se ne andranno. Che solo il 20 per cento delle attività della City dipende dall’Ue. Che la vera forza della finanza londinese è essere un centro mondiale, non continentale, in settori quali i mercati dei cambi o del reddito fisso.

 

theresa may  4theresa may 4

Il problema è che la Brexit non ha precedenti. E che non è mai successo che un Paese abbia deciso democraticamente di penalizzare la fonte principale di ricchezza nazionale. 

 

Chi, come me, bazzica nei mercati finanziari da un po’, si ricorda Londra prima della crescita inarrestabile dei servizi finanziari negli Anni 90. La causa principale fu la deregulation decretata da Margaret Thatcher nel 1986. I veterani della City lo chiamano «Big Bang», il grande botto che ancora echeggia tra i grattacieli del Miglio Quadrato. Cambiò l’economia in maniera radicale, permettendo a Londra di diventare il punto focale di un settore in fortissima espansione. 

margaret thatchermargaret thatcher

 

Prima di allora Londra era una piazza importante della finanza ma non l’ombelico del mondo del denaro. La Brexit potrebbe essere una macchina del tempo che riporta la capitale britannica a quei tempi un po’ provinciali, meno prosperosi, dove bere un caffè decente era pressoché impossibile. 

 

Andrea il Big Bang non lo ha vissuto. Ma ha paura di un nuovo botto, che potrebbe cambiare la sua vita per sempre. E anche Londra ha paura. Di un futuro senza finanza.  

Ultimi Dagoreport

ernesto galli della loggia giorgia meloni

DAGOREPORT - FAZZOLARI E' PER CASO IL NUOVO DIRETTORE DEL "CORRIERE"? - IN UNA PRIMA PAGINA CHE NASCONDE LE MENZOGNE DI GIORGIA MELONI, SPUTTANATA DA MACRON, BRILLA UN EDITORIALE VERGOGNOSO DI GALLI DELLA LOGGIA CHE SI DOMANDA: "SE LA GERMANIA (DI AFD) HA DAVVERO FATTO I CONTI CON IL SUO PASSATO NAZISTA. IN ITALIA, INVECE, UN PARTITO CHE PURE HA LE SUE LONTANE ORIGINI NEL FASCISMO GOVERNA DA TRE ANNI IN UN MODO CHE SOLO I COMICI (DUNQUE PER FAR RIDERE…) GIUDICANO UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA" - L’EX MAOISTA, POI TERZISTA, QUINDI BERLUSCONIANO, 5STELLE, INFINE MELONIANO  DEVE STUDIARE UN PO’, INVECE DI CAMBIARE PARTITO A OGNI CAMBIO DI GOVERNO. NEL DOPOGUERRA IN GERMANIA, GLI EX NAZISTI RIENTRARONO NEL CONTESTO SOCIALE E OTTENNERO POSTI DI POTERE NELLE INDUSTRIE PIÙ AVANZATE FINO ALLA CONTESTAZIONE DEL '68, SIMBOLEGGIATA DALLO SCHIAFFONE RIFILATO DALLA STUDENTESSA BEATE KLARSFELD AL CANCELLIERE (EX NAZISTA) KURT KIESINGER – IN ITALIA LA DESTRA ALLA FIAMMA DI FINI FU SDOGANATA DAL GOVERNO BERLUSCONI, DOVE IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' ERA GIORGIA MELONI. COSA CHE IL GALLI OMETTE ESSENDO ORA COLLABORATORE DEL GOVERNO DUCIONI PER IL SETTORE SCUOLA...

andrea orcel unicredit

DAGOREPORT - IL RISIKO DELLE AMBIZIONI SBAGLIATE - COME PER IL GOVERNO MELONI, ANCHE ANDREA ORCEL NON IMMAGINAVA CHE LA STRADA PER LA GLORIA FOSSE TUTTA IN SALITA - IL RAFFORZAMENTO IMMAGINATO DI UNICREDIT, PER ORA, È TUTTO IN ARIA: IL MURO DI GOLDEN POWER DELLA LEGA HA RESO MOLTO IMPROBABILE LA CONQUISTA DI BANCO BPM; BERLINO RITIENE “INACCETTABILE” LA SCALATA ‘’NON AMICHEVOLE” DI UNICREDIT ALLA SECONDA BANCA TEDESCA COMMERZBANK; LE MOSSE DI NAGEL E DONNET GLI DANNO FILO DA TORCERE; CREDIT AGRICOLE, CHE HA UN CONTRATTO IN SCADENZA PER LA GESTIONE DEL RISPARMIO CHE RACCOGLIE UNICREDIT, HA UN ACCORDO CON BPM, DI CUI E' PRIMO AZIONISTA. E IL CDA DI UNICREDIT NON È PIÙ QUELLA FALANGE UNITA DIETRO AL SUO AZZIMATO CONDOTTIERO. COME USCIRE DAL CUL-DE-SAC? AH, SAPERLO…

orcel giorgetti

DAGOREPORT – GIORGETTI SI CONFERMA UN SUPPLÌ CON LE UNGHIE: ALL’INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI UNICREDIT PER LA MODIFICA DEL DECRETO GOLDEN POWER CHE BLINDA L'OPS SU BPM, BANCA CARA ALLA LEGA, CHI HA INCARICATO IL MINISTRO DI CAZZAGO? STEFANO DI STEFANO, DIRETTORE GENERALE DELLE PARTECIPAZIONI DEL MEF, MA ANCHE COMPONENTE DEL CDA DI MPS. INSOMMA, LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO... – CALTA C’È: LA GIRAVOLTA DEL CEO DI MPS, LUIGI LOVAGLIO, SULL'OPERAZIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI…

guzzetti bazoli meloni fazzolari e caltagirone scannapieco giuseppe francesco gaetano dario cdp giorgia

DAGOREPORT - AVVISATE ‘’PA-FAZZO CHIGI’’ CHE IL GRANDE VECCHIO DELLE FONDAZIONI BANCARIE, GIUSEPPE GUZZETTI, HA PRESO IL BAZOOKA - L’INDOMABILE NOVANTENNE NON NE PUÒ PIÙ DI VEDERE CASSA DEPOSITI E PRESTITI (DI CUI LE FONDAZIONI HANNO IL 30%) RIDOTTA A CAGNOLINO SCODINZOLANTE DEI FRATELLI DI FAZZOLARI: AFFONDATA LA NOMINA DI DI CIOMMO ALLA PRESIDENZA DEL CDA DEL FONDO F2I - MA IL CEFFONE PIÙ SONORO AL SOVRANISMO BANCARIO DEL GOVERNO DUCIONI È STATO SFERRATO DAL TERRIBILE VECCHIETTO CON LA VENDITA DELLA QUOTA DELLA FONDAZIONE CARIPLO IN MPS, IL CAVALLO DI TROIA DEL FILO-GOVERNATIVO CALTAGIRONE PER ESPUGNARE, VIA MEDIOBANCA, GENERALI – STRATEGIE DIVERSE SUL RISIKO TRA GUZZETTI E IL SUO STORICO ALLEATO, IL GRANDE VECCHIO Di BANCA INTESA, “ABRAMO” BAZOLI…

giorgia meloni incontra george simion e mateusz morawiecki nella sede di fratelli d italia sergio mattarella frank walter steinmeier friedrich merz

DAGOREPORT –LA CAMALEONTE MELONI NON SI SMENTISCE MAI E CONTINUA A METTERE IL PIEDINO IN DUE STAFFE: IERI HA INCONTRATO NELLA SEDE DI FDI IN VIA DELLA SCROFA L’EURO-SCETTICO E FILO-PUTINIANO, GEORGE SIMION, CHE DOMENICA POTREBBE DIVENTARE IL NUOVO PRESIDENTE ROMENO. UN VERTICE CHE IN MOLTE CANCELLERIE EUROPEE È STATO VISTO COME UN’INGERENZA – SABATO, INVECE, LA DUCETTA DEI DUE MONDI INDOSSERÀ LA GRISAGLIA PER PROVARE A INTORTARE IL TEDESCO FRIEDRICH MERZ, A ROMA PER LA MESSA DI INIZIO DEL PONTIFICATO DI PAPA LEONE XIV, CHE E' GIÀ IRRITATO CON L’ITALIA PER LA POSIZIONE INCERTA SUL RIARMO EUROPEO E SULL’AZIONE DEI "VOLENTEROSI" A DIFESA DELL'UCRAINA - MENO MALE CHE A CURARE I RAPPORTI PER TENERE AGGANCIATA L'ITALIA A BRUXELLES E A BERLINO CI PENSANO MATTARELLA E IL SUO OMOLOGO STEINMEIER NELLA SPERANZA CHE LA MELONI COMPRENDA CHE IL SUO CAMALEONTICO EQUILIBRISMO E' ORMAI GIUNTO AL CAPOLINEA (TRUMP SE NE FOTTE DEL GOVERNO DI ROMA...)