CAPITALISMO CANNIBAL – PECHINO DILAGA SEMPRE PIU’ NEGLI STATI UNITI, E GLI AMERICANI SI PREPARANO, TREMANDO, A MANGIARE LA CARNE DEL DRAGONE

Alessandra Farkas per il "Corriere della Sera"

Quando mercoledì scorso l'azienda Smithfield Foods, uno dei più antichi e grandi produttori di carne suina in America, ha annunciato la cessione dell'attività al colosso cinese Shuanghui International, il web è insorto. Anche se Smithfield ha assicurato che la vendita «mira a portare più carne di maiale sulle tavole dei cinesi e non viceversa», l'accordo da 4,7 miliardi di dollari (un record) ha gettato nel panico salutisti, ambientalisti e medici Usa.

«Le crescenti esportazioni di cibo dalla Cina agli Stati Uniti sono un potenziale rischio per la salute degli americani», lancia l'allarme il New York Times in un lungo articolo che cita i dati del dipartimento dell'Agricoltura secondo cui l'anno scorso gli Usa hanno importato quasi 2 milioni di tonnellate di prodotti alimentari cinesi.

Dal pesce ai mandarini, dai funghi al tonno e dal succo di mele all'aglio e alle spezie, ormai è quasi impossibile non ritrovarsi nel piatto uno dei tantissimi prodotti alimentari made in China. L'invasione è continuata nonostante gli scandali finiti sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, dal latte in polvere alla melamina, dal riso al cadmio al maiale al clenbuterolo: tutte sostanze altamente tossiche.

Dopo il caso delle carcasse di maiale che galleggiavano nel fiume Huangpu che fornisce acqua potabile a Shanghai, l'ultimo episodio ha riguardato la carne di topo, volpe e visone, miscelata con gelatina e nitrati e poi venduta come montone. «I cinesi meriterebbero un premio per la creatività nella sofisticazione dei cibi», ironizza Jeff Nelken, esperto di sicurezza alimentare.

Ma fino a oggi l'America dei profitti facili ha preferito chiudere un occhio. «Più la Cina è immersa negli scandali alimentari e più noi importiamo i suoi prodotti», ha puntato il dito Patty Lovera, vicedirettore del Food and Water Watch, durante un'udienza congressuale l'8 maggio. E la deputata repubblicana della California Dana Rohrabacher ha incalzato: «Testare questi alimenti è una sfida che i governi del pianeta non possono vincere, data l'ubiquità dei prodotti cinesi sul mercato».

Le attuali leggi sull'importazione non aiutano. Anche se le norme Usa impongono ai prodotti alimentari venduti nei supermercati e nei negozi di avere l'etichetta con il Paese di origine, una grande parte di questi finisce nelle cucine dei ristoranti dove il consumatore non ha la minima idea della loro provenienza. Non solo. «Quando i cibi importanti vengono trattati», sottolinea il New York Times, «l'obbligo di etichettarli non è più richiesto». Così mentre un filetto di merluzzo cinese deve specificare il Paese d'origine, il bastoncino precotto ne è esente.

Il pessimismo di molti non è casuale. Da anni il governo di Pechino preme su Washington per esportare il suo pollame. Un'analoga richiesta riguardante la carne fresca di maiale e di manzo continua a incontrare le resistenze del governo Usa. Ma molti ora temono che il passaggio ai cinesi della Smithfield Foods possa non solo abbassare gli standard igienici della compagnia ma anche favorire in futuro l'immissione sul mercato Usa di salami e costolette di maiale avvelenati.

 

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