IL ‘’CONFLITTO D’INTERESSI 2.0’’ DI GRILLO-CASALEGGIO

Paolo Bracalini per "Il Giornale"

«Conflitti di interesse». Chissà a chi pensava Bersani quando ha sottolineato il plurale della proposta con cui alletta il voto M5S.

Proprio lì, in casa Grillo/Casaleggio, sembra nascondersene uno, di conflitto di interessi, e nemmeno tanto piccolo. Leader di partito, Grillo, unico proprietario del marchio «Movimento Cinque Stelle», ma soprattutto gestore, insieme all'amministratore Casaleggio, del sito Beppegrillo.it, e di quello - collegato allo stesso dominio - del movimento politico.

Sito-blog che guadagna (tutto assolutamente trasparente) con la pubblicità on line e che moltiplica i suoi accessi, e dunque la probabilità di introiti pubblicitari, col successo del partito. In breve, meglio va il M5S, più lettori ha il sito di Grillo che vende banner pubblicitari, parametrati sul numero di accessi al sito. Più voti, più visite, più pubblicità, più guadagni.

Il dato è abbastanza clamoroso. Secondo le rilevazioni della web company Alexa, nei mesi della campagna elettorale di Grillo (lo tsunami tour), il numeri di accessi al blog del comico sono aumentati dell'82%, le pagine viste del 96%. Di più, se ci limitiamo agli ultimi 30 giorni, che più o meno corrispondono al boom elettorale M5S, la percentuale di schizza al 107% per gli utenti e più 124% per le pagine viste. Significa che con le elezioni il sito ha raddoppiato il suo audience.

Il traffico stimato raggiunge 1,5 milioni di pagine web al giorno, 175mila utenti. Che hanno un controvalore economico. Il sito si appoggia a Google Adsense, la concessionaria pubblicitaria di Google. Il ricavo medio stimato è di 5 euro ogni mille pagine visitate. Perciò il Sole24Ore ha calcolato per Beppegrillo.it un ricavo annuo che oscilla tra i 5 e i 10 milioni di euro (secondo Webnews invece 1 milione di euro, più altri ricavi).

Al traffico sulla piattaforma del comico e del suo guru informatico contribuiscono ovviamente i clic sul sito del M5S. Che, se ci si prova a iscrivere, offre queste informazioni: «Titolare del trattamento dei dati è Giuseppe Grillo nato a Genova il 21/7/1948». Lui. «Mentre il responsabile del trattamento dei dati è Casaleggio Associati s.r.l». Per riassumere in modo brutale, è come se, cliccando sul sito del Pd, guadagnasse Bersani (ogni volta che un utente clicca sulla pubblicità o compra). Un conflitto di interessi, a occhio e croce.

«Certamente un merito per Grillo e Casaleggio, che hanno saputo tirare su il blog» spiega un esperto di web marketing. In effetti il sito di Grillo, che non è censito da Audiweb, risulta attualmente secondo Alexa il 39esimo sito più visto in Italia, dopo giganti come i motori di ricerca e i siti porno, superato soltanto, nel settore news, dai siti di Repubblica, Corriere e Mediaset.

Il boom di contatti avuto nel 2013, in pieno tsunami tour, è registrato anche dalla società americana Compete, cui si appoggiano Cnn e New York Times. Nel grafico riportato dal blogger Davide Casati si vede un picco impressionante che corrisponde a dicembre-gennaio 2013, periodo clou della campagna elettorale Cinque stelle. «La massa di visitatori - scrive il blogger, che parla di Guadagni a cinque stelle - è stata talmente sproporzionata ai dati medi che più volte il blog del comico è caduto sotto il peso dei troppi contatti».

Digitando in questo istante beppegrillo.it compare sopra la testata la pubblicità di Amazon, leader mondiale nella vendita di libri on line. Amazon è un partner del sito di Grillo, che per ogni libro venduto guadagnerebbe fino al 10% del prezzo del libro. Che spesso ha come autore lo stesso Grillo, e come editore la Casaleggio Associati. Ma altri inserzionisti compaiono sul sito del leader M5S. Un successo enorme. Che ha un prezzo.

Per avere la consulenza di Casaleggio, artefice del successo del blog di Grillo, bisogna avere un budget molto alto. «Lo dissi a Casaleggio, non ce l'ho 1 milione di euro da darti per il blog», racconta a Gaetano Pecoraro di Piazza Pulita l'europarlamentare «ex grillina» Sonia Alfano. Richiesta un po' più bassa fatta da Casaleggio al Fatto quotidiano (più di 500mila euro), e già prima all'Idv di Di Pietro, accettata (pare sui 400mila euro l'anno). E l'amato web conia il termine: «Conflitto di interessi 2.0».

 

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