generali giorgia meloni philippe donnet francesco milleri gaetano caltagirone

DIETRO AL “CALTA” CHE SI AGITA PER GENERALI SPUNTA LA FACCETTA DELLA MELONI – CALTAGIRONE PORTA AVANTI LA SUA CAMPAGNA CONTRO LA JOINT VENTURE TRA IL "LEONE" E LA FRANCESE NATIXIS IN NOME DELLA “SOVRANITÀ FINANZIARIA DEL PAESE” - L’AD DEL GRUPPO, PHILIPPE DONNET, NEGA CHE L’ACCORDO CONSEGNERÀ A PARIGI LE CHIAVI DELLA CASSAFORTE DI CENTINAIA DI MILIARDI DI RISPARMI ITALIANI: “È UNA BUFALA” – MA LO SCONTRO È SOLO UN ANTIPASTO DELLA SECONDA “GUERRA D’INDIPENDENZA”, CHE VEDE IL GOVERNO IMPEGNATO A FAVORIRE LA NASCITA DI UN TERZO POLO BANCARIO INCENTRATO SU MPS (DI CUI CALTAGIRONE E L’ALLEATO MILLERI CONTROLLANO IL 15%) E BANCO BPM. A COMPLICARE I PIANI È ARRIVATO IL BLITZ DI UNICREDIT SULL’ISTITUTO GUIDATO DA CASTAGNA…

Estratto dell’articolo di Vittorio Malagutti per “Domani”

 

francesco gaetano caltagirone

E Philippe Donnet infine sbottò: «E’ una bufala». Da giorni bersaglio delle critiche di alcuni soci di peso della compagnia, ieri in conferenza stampa il numero uno delle Generali ha negato che l’accordo con il gruppo francese Natixis consegnerà a Parigi le chiavi della cassaforte di centinaia di miliardi di risparmi italiani.

 

«È a rischio la sovranità finanziaria del paese», si è letto di recente a proposito di un affare che vale circa 1.900 miliardi di capitali in gestione, da affidare a una nuova società partecipata al 50 per cento ciascuno dai due alleati.

 

GENERALI

Poiché Generali contribuisce in modo rilevante a sostenere il peso del debito pubblico di Roma, tra l’altro comprando Btp, il timore è che in futuro l’influenza francese finisca per dirottare altrove gli investimenti del neonato colosso finanziario, […]

 

«Non c’è nessuna perdita di controllo», ha ribattuto Donnet, perché sarà il consiglio di amministrazione della compagnia a decidere come e dove investire i soldi dei propri clienti, «esattamente come succede adesso», ha aggiunto. […]

 

Parole che dovrebbero servire, almeno nelle intenzioni, a smontare la polemica cavalcata soprattutto dal costruttore Francesco Gaetano Caltagirone e amplificata nei giorni scorsi dalle testate del suo gruppo editoriale, a cominciare dal Messaggero.

 

FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PHILIPPE DONNET

Caltagirone possiede il 6,9 per cento di Generali e da anni è critico, per usare un eufemismo, sulla gestione Donnet. L’amministratore delegato ha l’appoggio del principale azionista Mediobanca, col 13,1 per cento, e dei grandi fondi internazionali che controllano il 35 per cento circa della compagnia.

 

Gli eredi di Leonardo Del Vecchio con il loro 9,9 per cento si sono fin qui schierati con il costruttore-editore romano, ma già nella primavera del 2022 la coppia di grandi azionisti uscì sconfitta da quella che Caltagirone definì «la guerra d’indipendenza delle Generali». Ad aprile è in programma l’assemblea dei soci che dovrà decidere se prorogare il mandato a Donnet, e in vista di questo appuntamento decisivo hanno già preso il via le manovre su entrambi i fronti.

 

ARTICOLI SU GENERALI - IL MESSAGGERO 18 GENNAIO 2025

L’impressione è che lo scontro sull’accordo con Natixis con annessi pensosi e preoccupati editoriali sui destini del risparmio italiano sia solo un antipasto della seconda “guerra d’indipendenza”, per usare le parole di Caltagirone. A sua volta, la battaglia di Trieste, dove ha sede il gruppo Generali, si inserisce in un contesto ancora più ampio, quello che vede il governo di Giorgia Meloni impegnato a favorire la nascita di un terzo grande polo bancario nazionale, dopo Intesa e Unicredit.

 

Un polo patriottico, per così dire, che privilegi le piccole e medie imprese nazionali, secondo gli slogan dei sovranisti al potere. Nei piani di Roma, il nuovo istituto tricolore sarebbe dovuto nascere dall’unione di Monte dei Paschi con il BancoBpm, che però a fine novembre è diventato il target dell’opa annunciata dall’Unicredit di Andrea Orcel. Sull’operazione aleggia la minaccia di uno stop almeno parziale da parte del governo con il ricorso al golden power.

 

NATIXIS

Intanto, a metà novembre, il Tesoro ha ceduto il 15 per cento di Mps, scendendo all’11 per cento, alla cordata composta da BancoBpm (5 per cento), Caltagirone e famiglia Del Vecchio (3,5 per cento ciascuno). Solo un primo passo: nel giro di un paio di mesi l’editore romano e gli eredi del fondatore di Luxottica hanno rastrellato altri titoli sul mercato e ora, messi insieme, controllano il 15 per cento circa dell’istituto senese.

 

È questo il nocciolo duro su cui conta il governo per mantenere in mani amiche il controllo di Mps, ma la partita decisiva si giocherà sul BancoBpm, la seconda gamba della strategia bancaria sovranista.

 

giorgia meloni giancarlo giorgetti foto lapresse 2

Giuseppe Castagna, a capo della banca sotto attacco di Unicredit, spera nell’intervento di Consob e Banca d’Italia per frenare l’offensiva di Orcel prima che l’operazione entri nel vivo a primavera. Negli stessi giorni andrà in scena anche l’assemblea di Generali. Il governo, a parole, vuol difendere il risparmio nazionale, preme perché siano innanzitutto gli italiani a sostenere l’enorme debito pubblico di Roma.

 

Che fine faranno i 37 miliardi di Btp in portafoglio alla compagnia di Trieste con l’arrivo del grande socio francese? La retorica sovranista alimenta i dubbi sulla strategia di Donnet, gli stessi dubbi amplificati dai megafoni mediatici di Caltagirone (e da quelli del centrodestra).

 

francesco gaetano caltagirone philippe donnet

A ben guardare, però, la questione dei Btp ha poco a che fare con la nazionalità degli investitori. Negli ultimi anni tutti i grandi gruppi finanziari italiani hanno ridotto la loro esposizione al debito sovrano di Roma. Generali nel 2020 possedeva circa 60 miliardi di titoli di stato italiani, contro i 37 miliardi attuali.

Banca Intesa è scesa dai 31 miliardi del 2021 ai 22,5 miliardi del 2023, quando Unicredit segnalava a bilancio 41 miliardi di obbligazioni governative tricolori, 2 miliardi in meno rispetto al 2021, ma 7 in più del 2022.

 

GIUSEPPE CASTAGNA

[…]  E il BancoBpm, la banca che secondo Matteo Salvini rappresenta al meglio gli interessi del paese, un istituto che va salvato dagli appetiti di Unicredit? Anche qui i Btp viaggiano in ribasso: BancoBpm ne possedeva per 12,7 miliardi circa nel 2021, mentre nel 2021 l’investimento si è ridotto a poco meno di 11 miliardi. Una manovra non proprio sovranista.

Ultimi Dagoreport

villa casa giorgia meloni antonio tajani matteo salvini

DAGOREPORT - AH, CHE STREGONERIA È IL POTERE: TRAFIGGE TUTTI. SOPRATTUTTO I PARVENU. E COSÌ, DA PALAZZO GRAZIOLI, CHE FU LA SEDE INFORMALE DI GOVERNO E DI BUNGA-BUNGA DI BERLUSCONI PREMIER, SIAMO PASSATI A "VILLA GRAZIOLI" CON LA NUOVA DOVIZIOSA DIMORA DELL’EX ABITANTE DELLA GARBATELLA, DOVE OCCUPAVA CON MADRE E SORELLA DUE DISGRAZIATE CAMERE E CUCINA - UN IMMOBILE CHE STA SOLLEVANDO UN POLVERONE DI POLEMICHE: VILLA O VILLINO? COL SOLITO AGOSTINO GHIGLIA CHE AVREBBE SOLLECITATO GLI UFFICI DELLA PRIVACY DI TROVARE UN MODO PER LIMITARE LE INFORMAZIONI DA RENDERE PUBBLICHE ALLA CAMERA, IN RISPOSTA A UN’INTERROGAZIONE DELLA BOSCHI SULLA RISTRUTTURAZIONE DELLA VILLA – LA SINDROME DI "IO SO' GIORGIA E NUN ME FIDO DE NESSUNO!" HA POI TRASFORMATO LA MAGIONE NEL SUO BUNKER PERSONALE, LONTANO DAGLI SGUARDI E ORECCHIE INDISCRETE CHE INFESTANO PALAZZO CHIGI - TUTTO BENE QUANDO VENGONO CHIAMATI A RAPPORTO I SUOI FEDELISSIMI, MOLTO MENO BENE QUANDO TOCCA AGLI ALTRI, AGLI “ESTRANEI” DELLA CONVENTICOLA MELONIANA. DAL CENTRO DI ROMA PER RAGGIUNGERE “VILLA GRAZIOLI” CI VOGLIONO, IN LINEA D’ARIA, BEN 40 MINUTI DI MACCHINA. ANCHE DOTATI DI SIRENE E LAMPEGGIANTI, È “UN VIAGGIO”…. - VIDEO

simone canettieri giorgia arianna meloni

DAGOREPORT - MASSÌ, CON I NEURONI SPROFONDATI NELLA IRRITABILITÀ PIÙ SCOSSA, ARIANNA MELONI AVEVA URGENTE BISOGNO, A MO’ DI SOLLIEVO, DELL’ARTICOLO DI DEBUTTO SUL “CORRIERONE” DI SIMONE CANETTIERI - MESSA DALLA SORELLA GIORGIA A CAPO DELLA SEGRETERIA DI FDI, ARIANNA NON NE HA AZZECCATA UNA - ALLA PARI DI QUALSIASI ALTRO PARTITO DI MASSA, OGGI FDI SI RITROVA ATTRAVERSATO DA UNA GUERRIGLIA INTESTINA FATTA DI COLPI BASSI, RIPICCHE E SPUTTANAMENTI, INTRIGHI E COMPLOTTI – DALLA SICILIA (CASINO CANNATA-MESSINA) A MILANO (AFFAIRE MASSARI-LA RUSSA), FINO AL CASO GHIGLIA-RANUCCI, DOVE IL FILO DI ARIANNA SI È ATTORCIGLIATO PERICOLOSAMENTE INTORNO AL COLLO - CHE LA SORELLINA NON POSSIEDA LA ‘’CAZZIMMA’’ DEL POTERE, FATTA DI SCALTREZZA E ESPERIENZA, SE N'E' AMARAMENTE ACCORTA ANCHE LA PREMIER. E PUR AMANDOLA PIÙ DI SE STESSA, GIORGIA L’AVREBBE CHIAMATA A RAPPORTO PER LE SCELTE SBAGLIATE: SE IL PARTITO VA AVANTI COSÌ, RISCHIA DI IMPLODERE… - VIDEO

carlotta vagnoli flavia carlini

COME SIAMO POTUTI PASSARE DA ELSA MORANTE E MATILDE SERAO A CARLOTTA VAGNOLI? È POSSIBILE CHE SI SIA FATTO PASSARE PER INTELLETTUALI DELLE FEMMINISTE INVASATE CHE VERGAVANO LISTE DI PROSCRIZIONE ED EVOCAVANO METODI VIOLENTI E LA GOGNA PUBBLICA DIGITALE PER “FARE GIUSTIZIA” DEI PROPRI NEMICI? LA CHIAMATA IN CORREITÀ DEL SISTEMA EDITORIALE CHE HA UTILIZZATO QUESTE “VEDETTE” LETTERARIE SOCIAL DA MILIONI DI FOLLOWER PER VENDERE QUALCHE COPIA IN PIÙ – VAGNOLI PUBBLICA PER EINAUDI, FLAVIA CARLINI HA VERGATO UN ROMANZO INCHIESTA SULL’ITALIA DEL GOLPE INFINITO PER SEM (FELTRINELLI) . MA SULLA BASE DI COSA? BASTA AVERE UN MINIMO SEGUITO SOCIAL PER ESSERE ACCREDITATI COME SCRITTORI O DIVULGATORI?

silvia salis giorgia meloni elly schlein matteo renzi

DAGOREPORT - IN ITALIA, DOPO TANTI OMETTI TORVI O INVASI DI VANITÀ, SI CERCANO DONNE FORTI. DONNE COL PENSIERO. DONNE CHE VINCONO. E, NATURALMENTE, DONNE IN GRADO DI COMANDARE, CAPACI DI TENER TESTA A QUELLA LADY MACBETH DELLA GARBATELLA CHE DA TRE ANNI SPADRONEGGIA L’IMMAGINARIO DEL 30% DEGLI ELETTORI, ALIAS GIORGIA MELONI - IERI SERA ABBIAMO ASSISTITO ATTENTAMENTE ALLA OSPITATA DI SILVIA SALIS A “OTTO E MEZZO”, L’EX LANCIATRICE DI MARTELLO CHE DALLA LEOPOLDA RENZIANA E DAL CONI DELL’ERA MALAGÒ HA SPICCATO IL VOLO NELL’OLIMPO DELLA POLITICA, SINDACO DI GENOVA E SUBITO IN POLE COME LEADER CHE SBARACCHERÀ ELLY SCHEIN E METTERÀ A CUCCIA LA CRUDELIA DE MON DI COLLE OPPIO - DOPO MEZZ’ORA, PUR SOLLECITATA DA GRUBER E GIANNINI, CI SIAMO RITROVATI, ANZICHÉ DAVANTI A UN FUTURO LEADER, DAVANTI A UNA DONNA CHE DAREBBE IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA ALL'AUTORE DE "IL MANUALE DELLA PERFETTA GINNASTICATA" - ECCITANTE COME UN BOLLETTINO METEO E LA PUBBLICITÀ DI TECHNO-GYM, MELONI PUO' DORMIRE SONNI TRANQUILLI - VIDEO

john elkann donald trump

DAGOREPORT – ITALIA, BYE BYE! JOHN ELKANN NON NE PUÒ PIÙ DI QUESTO DISGRAZIATO PAESE CHE LO UMILIA SBATTENDOLO PER 10 MESI AI "SERVIZI SOCIALI", COME UN BERLUSCA QUALSIASI, E STUDIA LA FUGA NEGLI STATI UNITI - PRIMA DI SPICCARE IL VOLO TRA LE BRACCIA DEL SUO NUOVO IDOLO, DONALD TRUMP, YAKI DEVE LIBERARSI DELLA “ZAVORRA” TRICOLORE: CANCELLATA LA FIAT, TRASFORMATA IN UN GRUPPO FRANCESE CON SEDE IN OLANDA, GLI RESTANO DUE GIORNALI, LA FERRARI E LA JUVENTUS – PER “LA STAMPA”, ENRICO MARCHI È PRONTO A SUBENTRARE (MA PRIMA VUOLE SPULCIARE I CONTI); PER “REPUBBLICA”, IL GRECO KYRIAKOU È INTERESSATO SOLO ALLE REDDITIZIE RADIO, E NON AL GIORNALE MANGIASOLDI E POLITICAMENTE IMPOSSIBILE DA GOVERNARE) - DOPO IL NO DI CARLO FELTRINELLI, SAREBBERO AL LAVORO PER DAR VITA A UNA CORDATA DI INVESTITORI MARIO ORFEO E MAURIZIO MOLINARI – SE IL CAVALLINO RAMPANTE NON SI TOCCA (MA LA SUA INETTA PRESIDENZA HA SGONFIATO LE RUOTE), PER LA JUVENTUS, ALTRA VITTIMA DELLA SUA INCOMPETENZA, CI SONO DUE OPZIONI IN BALLO…