IL GIOCO DELLE SEDIE - FATTA LA NORMA CHE VIETA GLI INCARICHI MULTIPLI IN BANCHE, ASSICURAZIONI E SOCIETÀ FINANZIARIE, TROVATO L’INGANNO: BASTA FARSI SOSTITUIRE DA UN FAMILIARE - COSÌ HA FATTO CALTARICCONE, CHE È RIMASTO ALLE GENERALI E HA PIAZZATO IL FIGLIO A UNICREDIT - PALINZONA E BOLLORE’ HANNO LASCIATO MEDIOBANCA, ORMAI FU SALOTTO BUONO - OGGI IL RUOLO DI PIAZZETTA CUCCIA SE LO CONTENDONO GENERALI E UNICREDIT…

Vittorio Malagutti per il "Fatto quotidiano"

Dimissioni a raffica, nuove nomine, discussioni bizantine su tempi e modi degli incarichi societari. Mai vista tanta agitazione ai piani alti della finanza nostrana. Il fatto è che scade oggi il tempo limite per mettersi in regola con l'articolo 36 del decreto salva Italia, quello varato a dicembre dal governo di Mario Monti. Una norma a dir poco innovativa, mai vista dalle nostre parti. E con rari precedenti anche all'estero. In sostanza, d'ora in poi gli amministratori di banche, assicurazioni e società finanziarie potranno ricoprire un solo incarico.

Al bando, allora, le doppie e a volte anche triple poltrone in società concorrenti. La legge, fortemente voluta dal sottosegretario Antonio Catricalà, già presidente dell'Anti-trust, ha innescato una girandola di dimissioni al vertice dei grandi gruppi. A cominciare, ed era inevitabile, da quello che è considerato il nocciolo duro del sistema. E cioè l'intreccio di partecipazioni e incarichi che ruota intorno a Mediobanca e comprende, per citare i nomi più importanti, le Assicurazioni Generali e l'Unicredit.

Novità in arrivo anche in Banca Intesa, l'altro colosso nazionale del credito. Ma i professionisti della poltrona hanno dovuto fare marcia indietro anche in molte altre grandi società quotate. Obiettivo dichiarato del governo era quello di dare un colpo al conflitto d'interessi, di arginare il potere della casta della finanza che perpetua se stessa scambiandosi incarichi da una società all'altra. Bersaglio centrato? Dipende dai punti di vista. Di sicuro la nuova legge ha sciolto alcuni nodi vistosi del capitalismo di relazione in salsa italiana.

La sostanza delle cose però non cambia. Il potere dei soliti noti resta blindato da patti di sindacato e partecipazioni incrociate. Senza contare che la nuova norma può essere facilmente aggirata. Prendiamo il caso di Francesco Gaetano Caltagirone, il costruttore ed editore romano che siede nel consiglio di amministrazione delle Generali. Nelle settimane scorse Caltagirone ha rilevato una partecipazione superiore all'uno per cento di Unicredit.

Nel board della banca sarà però nominato suo figlio Alessandro, manager di punta del gruppo di famiglia. Risultato: papà sta a Trieste, alle Generali, e l'erede esordisce a Milano all'Unicredit. Insomma, formalmente le regole sono rispettate, ma l'alternanza padre-figlio serve di fatto a lasciare le cose come stanno. D'altra parte non sono attese novità clamorose neppure nelle prossime settimane. I consiglieri dimissionari saranno sostituiti nel rispetto degli equilibri azionari esistenti.

Nessuna rivoluzione, quindi. Ma questa piccola iniezione di concorrenza ha comunque messo in allarme il sistema. E così, nei mesi scorsi, i lobbisti delle grandi banche hanno fatto un pressing discreto sul governo nel tentativo di limitare la portata della legge. C'è stato dibattito anche sulle modalità di applicazione della norma. Ad esempio, quando due società sono da intendersi concorrenti?

E la regola riguarda tutte le banche e le assicurazioni oppure solo quelle di una certa dimensione? Consob e Bankitalia hanno messo fine alle discussioni con un regolamento pubblicato quattro giorni fa. La soglia dimensionale minima è stata fissata a 47 milioni di euro di giro d'affari. Una soglia piuttosto bassa che ha finito per allargare a diverse centinaia le società interessate al provvedimento. E secondo alcune stime sarebbero oltre mille gli incarichi doppi o tripli da sfoltire.

A poche ore dalla chiusura dei termini i giochi più importanti sono già stati fatti. Grandi novità soprattutto nel sistema Medio-banca-Generali Unicredit. E così Fabrizio Palenzona ha lasciato Mediobanca per concentarsi su Unicredit. Alberto Nagel, amministratore delegato della banca che fu di Enrico Cuccia, ha invece dato l'addio alle Generali, mentre si è mosso in direzione opposta Vincent Bolloré, che resta comunque il capofila degli azionisti francesi di Mediobanca. Gabriele Galateri ha scelto Generali, è lascerà il consiglio di Banca Carige. Ennio Doris, invece, com'era prevedibile, resterà in Banca Mediolanum, di cui è fondatore e maggiore azionista lasciando l'incarico in Mediobanca.

Fin qui i nomi di peso che hanno già reso nota la loro scelta. Altri invece comunicheranno le loro intenzioni nelle prossime ore. Tra questi Giovani Bazoli, che dopo aver dato le dimissioni dal consiglio di sorveglianza di Ubi banca dovrà scegliere tra Intesa (molto probabile) e Mittel.

Sono attese anche le decisioni di Luigi Maramotti, diviso tra il Credem, la banca controllata dalla sua famiglia, e Unicredit, dove sarà riconfermato in consiglio nell'assemblea del mese prossimo. Il record però spetta a Jonella Ligresti. L'erede di Salvatore Ligresti è presidente di Fondiaria e siede nel board della controllata Milano e di Mediobanca. Tutte poltrone a rischio, se Fondiaria per evitare il crac dovrà fondersi con Unipol.

 

FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE ANTONIO CATRICALA MARIO MONTI FRANCESCO E ALESSANDRO CALTAGIRONE VINCENT BOLLORE Fabrizio Palenzona Alberto NagelEnnio Doris PIZ

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