I BENETTON SANNO COME “MUOVERE” I GIORNALI E PER COSTRUIRE UNA NUOVA ALA DELL’AEROPORTO DI FIUMICINO SUI LORO TERRENI (SIC!), DICHIARANO GUERRA AL GOVERNO

Gianfrancesco Turano per "l'Espresso"

Tutto si può dire del governo di Enrico Letta tranne che sia insensibile alle pressioni mediatiche. Martedì 6 agosto, l'abitualmente taciturno Gianni Mion, stratega finanziario del gruppo Benetton, è sceso in campo per protestare a mezzo stampa sui ritardi legislativi intorno all'ampliamento di Fiumicino.

L'8 agosto il ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando, e quello dei Beni culturali, Massimo Bray, hanno firmato il decreto interministeriale che dà il via libera definitivo a un investimento da 2 miliardi di euro di Adr-Aeroporti di Roma (Benetton) sul Leonardo da Vinci. Tutti contenti e polemica chiusa? Questo no. Adesso si fa qualche settimana di pausa, che serve per esempio a completare la fusione tra Adr-Gemina e Atlantia-Autostrade, approvata anche questa l'8 agosto.

Poi a settembre la battaglia ricomincia. I 2 miliardi di euro, impiegati nell'area di Fiumicino Sud in dieci anni e ripagati in anticipo attraverso gli aumenti tariffari autorizzati dall'ex ministro Corrado Passera (nel dicembre 2012), sono solo l'antipasto di un ipotetico banchetto da 12,5 miliardi che dovrebbe portare a una quarta pista, una seconda aerostazione, 90 milioni di passeggeri annui contro i 36 milioni attuali e una nuova rete di collegamenti infrastrutturali in una zona oggi occupata da paludi e servita da una stretta litoranea dal nome pittoresco di viale Coccia di Morto.

Il colosso sarebbe costruito nella zona di Fiumicino Nord, su 1.300 ettari di terreni che in larga parte (1000 ettari circa) appartengono alla tenuta Maccarese, dunque agli stessi Benetton.

Per realizzare Fiumicino Nord, l'Adr controllata dalla famiglia trevigiana esproprierebbe Maccarese, di cui è proprietaria, per un valore stimato al triplo del prezzo agricolo medio. Euro più euro meno, si sta parlando di 200 milioni. Una plusvalenza formidabile, se si considera che Edizione, la holding di Ponzano Veneto, ha acquisito i 3.000 ettari complessivi di Maccarese dall'Iri, nel 1998, per 93 miliardi di lire.

Guadagnare è umano. Ma non tutti vedono l'incanto del Grande Leonardo da Vinci e, prima che si trovi un accordo basato sul pragmatismo, bisogna aspettarsi un autunno a forte tasso ideologico.

Il fronte delle mani libere su Fiumicino vede, naturalmente, i Benetton, forti di un masterplan con traguardo nell'anno 2044 già approvato dall'Enac, l'Agenzia di Stato per l'aviazione civile guidata da Vito Riggio. Ad investire a fianco degli azionisti di controllo di Adr-Gemina potrebbe esserci un alleato inatteso come Vito Gamberale, pensionato pubblico da 45 mila euro al mese, ma manager attivissimo del fondo F2i.

È un ritorno di fiamma, visto che Gamberale è uscito da Autostrade in modo traumatico, seppure ben pagato, nel 2006, quando saltò la fusione con gli spagnoli di Abertis. Ma il meccanismo di garanzia assoluta agli investimenti dato dagli aumenti tariffari anticipati - lo stesso delle convenzioni autostradali - è il sogno di ogni buon gestore di fondi. A maggior ragione se Fiumicino Nord dovesse restare sulla carta e andasse in porto soltanto Fiumicino Sud, molto meno capital intensive.

Il fronte politico-sindacale a favore della quarta pista e della seconda aerostazione è variegato. Comprende il presidente di Unindustria Roma, Maurizio Stirpe, e pezzi di Pd locale, come il senatore Raffaele Ranucci e l'eurodeputato David Sassoli, trombato alle ultime primarie per sindaco di Roma.

Lo slogan di questa fazione è che il Grande Leonardo, anzi, il Grandissimo Leonardo, costruito sui terreni acquitrinosi di Maccarese, significherebbe migliaia di posti di lavoro in un periodo molto difficile dell'economia, oltre che, in prospettiva, decine di milioni di turisti in più ogni anno.

I perfidi egoisti che non vogliono i posti di lavoro sarebbero i vari comitati "nimby" (not in my back yard) e gli enti locali in blocco, dopo il recente rinnovo elettorale che ha portato Ignazio Marino in Campidoglio, Nicola Zingaretti alla Regione e, cattivissimo lui, Esterino Montino al Comune di Fiumicino, al termine di una campagna elettorale impostata sul no alla quarta pista e alla seconda aerostazione che ha fatto presa su un elettorato da anni orientato a destra (vedere l'articolo a pagina 112).

«La quarta pista è un errore», dice il sindaco Montino, «e la seconda aerostazione è lontana, messa malissimo, ai piedi di Fregene. Bisogna studiare Fiumicino Sud e Fiumicino Nord in modo organico alla prossima conferenza dei servizi, perché i problemi del Leonardo sono la logistica e i servizi a terra. Noi chiediamo di usare al meglio e senza vincoli le tre piste, visto che Heathrow ne ha solo due, in modo da raddoppiare i passeggeri attuali a 60-70 milioni, come appunto Heathrow. Ma se il problema sono le casse dei Benetton per espropriare Maccarese in conflitto di interesse, allora dico di no».

Da esperto navigante della politica, Montino sa che la scelta finale appartiene al Consiglio dei ministri. Ma proprio lì ci sono margini di manovra.

Nel decreto dell'8 agosto i ministri dell'Ambiente e dei Beni culturali, Orlando e Bray, hanno chiesto per Fiumicino Nord un nuovo masterplan e una nuova procedura di impatto ambientale. Prima ancora, bisognerà costituire un tavolo tecnico con Anas, Rfi, Atac e Enac e soddisfare un totale di 40 prescrizioni richieste (22 dell'Ambiente e 18 del Mibac).

L'altro che ha voce in capitolo è Maurizio Lupi. Ma il ministro delle Infrastrutture del Pdl ha come priorità immediata l'Expo che si terrà nella sua città fra due anni e vede con una certa pena il declino di Malpensa come hub nazionale, sancito in modo definitivo dal nuovo piano aeroporti dell'Enac.

Il 5 settembre si entrerà nel vivo della questione aeroporti proprio con l'incontro nazionale fra il ministero di Lupi, le regioni e l'associazione dei comuni (Anci) guidata da Piero Fassino. Fra i vari temi all'ordine del giorno ci sarà anche il rimpiazzo di Ciampino, la dépendance di Adr dedicata ai voli low-cost e destinata alla chiusura per motivi di sicurezza.

Dove andranno i 4,5 milioni di passeggeri all'anno del secondo aeroporto romano? Se verranno spostati sul Leonardo, sarà una mazzata per le compagnie di bandiera. I conti dell'Alitalia, in particolare, non ne sentono il bisogno. Tanto meno gli azionisti, e fra questi ci sono i Benetton, con un 8,85 per cento intestato ad Atlantia.

Per adesso non ci sono alternative a Fiumicino. L'idea di spostare le compagnie low-cost su Viterbo è tramontata dopo che il Cipe ha tolto i 350 milioni di euro programmati per il nuovo aeroporto della Tuscia e bisogna trovare una nuova alternativa, magari nel tanto ammirato stile inglese di Stansted, Luton e Gatwick.

Sempre a settembre sarà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale la riperimetrazione della riserva naturale statale proposta da Montino e appoggiata da Ambiente e Mibac. In sostanza, si tratta di un vincolo sulla quarta pista che, nelle aspettative del sindaco di Fiumicino, potrebbe portare a riconsiderare l'impostazione dettata dal primo masterplan.

Per quanto riguarda l'investimento su Fiumicino Sud, invece, a settembre l'operazione entrerà nel vivo. Dopo l'estate, si conoscerà anche la posizione ufficiale della nuova Atlantia riorganizzata con Giovanni Castellucci, confermato nel ruolo di amministratore delegato dopo l'incidente di percorso legato proprio al contenzioso con il ministero dell'Ambiente sulla causa di risarcimento da 800 milioni di euro contro Autostrade per il lavori sulla variante di Valico Firenze-Bologna.

Oggi è difficile fare previsioni sulla volontà dei Benetton di andare alla guerra, sia pure con gli altri mezzi del lobbismo, su Fiumicino Nord e i mille ettari di Maccarese. Il gruppo veneto è solito mostrare prudenza verso progetti molto costosi e basati su previsioni a lunghissimo termine. A Ponzano sanno che il problema non è Montino, non è Zingaretti e non è Marino, ma l'enorme fatica di costruire dal nulla un progetto che vede in prima fila Anas e Ferrovie. L'esperienza passata e presente non è incoraggiante.

Basta arrivare al Leonardo in treno. L'esistente, dai convogli della linea Fara Sabina-Fiumicino ai tapis roulant, funziona poco e di rado. In macchina non va poi troppo meglio. Forse è quello, più che qualche amministratore locale, a consigliare agli investitori internazionali di girare ben alla larga da un'operazione che ha un valore dell'ordine dei 12 miliardi di euro. E anche Atlantia, con circa 11 miliardi di euro di debito netto, forse preferisce accontentarsi di Fiumicino Sud.

 

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