BYE BYE/2 - PERCHÉ I MERCATI STANNO AFFONDANDO L’ITALIA SVENDENDO BTP? PERCHÉ NON CAPISCONO (COME NESSUNO, D’ALTRONDE) CHE CAZZO SUCCEDERÀ: IL BERLUSCA SI È DIMESSO O NO? AH, C’È UN DECRETO? E CON QUALI RIFORME? E CHI È IL SUCCESSORE? CI SARANNO ELEZIONI? - LA FINANZA GLOBALE CI PUNISCE NON SOLO PER IL BANANA MA PER TUTTA LA CLASSE POLITICA ITALICA IN PREDA A BAROCCHE MANOVRE DI PALAZZO (EUFEMISMO)…

Maurizio Molinari per "La Stampa"

Vista da Wall Street, la crisi finanziaria italiana ha dimensioni tali che l'impegno a dimettersi da parte di Berlusconi non basta a scongiurarla: ciò che serve è il nome di un successore credibile nell'impegno di realizzare riforme impopolari.

Il timore di un imminente default italiano è descritto dell'incertezza degli indici di Wall Street, dove gli investitori iniziano a liberarsi di titoli italiani, gli operatori prevedono che la soglia del 7 per cento di interesse potrebbe essere raggiunta entro domani e gli analisti ritengono che per rassicurare i mercati bisogna guardare oltre le dimissioni di Berlusconi perché ciò che ora conta è chi verrà dopo.

La seconda giornata consecutiva delle contrattazioni sul floor del New York Stock Exchange dominata dall'attualità italiana si svolge con continue oscillazioni a cavallo dello zero a causa di notizie, analisi e indiscrezioni su quanto avviene a Roma, considerata il nuovo epicentro della crisi del debito europeo. Poco prima della campanella di inizio i futures salgono perché «si attendono le dimissioni di Berlusconi», come titolano Cnbc e Fox Business. In attesa del voto alla Camera, l'interesse sui titoli di Stato decennali tocca il 6,74 per cento, poi ridiscende tradendo l'auspicio della caduta di Berlusconi ma quando i mercati si rendono conto che la sconfitta in aula non comporta le dimissioni immediate la discesa si arresta e poi l'interesse torna a risalire a quota 6,71 per cento.

Parallelo l'andamento dello spread con i titoli tedeschi: schizza a 489 prima del voto, scende a 486 e risale a 489. Il disappunto per un Berlusconi dimissionario ma ancora in sella spiega perché la banca di investimento Jeffries liquida i titoli di Stato europei, che sono in gran parte italiani, facendo affiorare una strategia non dichiarata da parte di numerosi investitori accomunati dalla convinzione che l'asta di domani potrebbe vedere i titoli italiani oltre la soglia del 7 per cento che ha implicato il default per Portogallo, Irlanda e Grecia.

Un documento di analisi di Barclays Capital riassume la situazione: «Il costo del danaro per l'Italia è chiaramente insostenibile: più l'interesse sul debito sale, più deve prendere prestiti dai privati e a causa dell'elevato debito pubblico ciò rende difficile se non impossibile ridurre il debito senza ricorrere ad aiuti». «I mercati vogliono vedere una soluzione veloce del problema italiano, Berlusconi non può garantirla e così i settori azionario e obbligazionario premono affinché se ne vada in fretta» sottolinea Kenny Polcari, direttore di Iacp Equities.

Se le dimissioni non bastano più è perché, come spiega Dan Greenhaus, stratega di Btig, «Berlusconi non ha più la maggioranza e di conseguenza ciò che conta per i mercati è chi viene al suo posto, un governo temporaneo o elezioni anticipate». Il Wall Street Journal dedica il live blog sulla crisi europea a descrivere le posizioni dei leader italiani, CnnMoney identifica come «personaggi decisivi» Giorgio Napolitano, Mario Monti, Gianni Letta, Giuliano Amato e Angelino Alfano ma, come commenta la tv Cnbc, «l'orientamento dei mercati non cambierà fino a quando l'Italia non sarà guidata da un governo stabile capace di fare le riforme».

Per Nicholas Spiro, titolare della Spiro Sovereign Strategy, «i mercati vogliono per l'Italia un governo tecnico non eletto dal popolo capace di varare riforme impopolari per migliorare la crescita di una delle economie più stagnanti del mondo» appesantita da un debito di 1,9 trilioni di euro considerato «inaccettabile» da Bgc Partners. Se dunque l'Italia è nel limbo di un governo dimissionario ma ancora in carica, i mercati aspettano il nome del nuovo premier.

Per questo «il rischio è lo scenario di giorni durante i quali in assenza del nome del successore ci sarà una vendita a pioggia di titoli» prevede Suki Mann, stratega del credito per Société Générale. «Ciò che importa in questo momento è chi sostituirà Berlusconi e cosa farà appena insediato», aggiunge James Dailey, manager del portafoglio di Team Asset Strategy Fund. Ecco perché la debole ripresa degli indici dopo l'arrivo della notizia sull'intenzione di Berlusconi di dimettersi non allontana le nubi.

 

Dopo il voto intorno a Berlusconi wall streetGIORGIO NAPOLITANOMario Monti Soc Gen

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…