LE MANI SUL “FINANCIAL TIMES” – DUELLO BLOOMBERG-MURDOCH PER “FT”, CHE HA I CONTI IN ROSSO E DUE TOP MANAGER IN USCITA - MA LO SQUALO HA GIÀ IL PRINCIPALE RIVALE “WSJ” E SAREBBE STOPPATO COME CON L’OFFERTA SU BSKYB - DOPO IL FLOP DI “THE DAILY”, RUPERT HA CAPITO CHE O HAI LE NOTIZIE (E “FT” LE HA) O COL DIGITALE NON VAI DA NESSUNA PARTE – PER “FT” INTERESSATI ANCHE TYCOON MEDIORIENTALI E RUSSI (QUELLI CI SONO SEMPRE, PER ALZARE IL PREZZO)…

1 - GIORNALI, LA CARTA DELLO SQUALO: CHIUDE TESTATE MA VUOLE IL "FT"
Aldo Fontanarosa per "Affari & Finanza - la Repubblica"

Comprare il Financial Times (sempre che gli inglesi glielo lascino fare). Chiudere magari il New York Post (testata amatissima, ma ormai febbricitante e fragile). Licenziare uno, cento, 500 giornalisti se necessario, in una replica del 1987 quando portò i pc nelle redazioni britanniche e mise alla porta 1430 tipografi. Sulla carta stampata, sua prima passione, ora Rupert Murdoch vuole le mani libere. Nel bene quando vorrà investire, nel male se costretto a drastici tagli.

Per questo, entro il 2013, sistemerà l'intera filiera dei suoi giornali dentro una società separata (dove ci saranno anche la casa editrice HarperCollins - sempre carta, sempre old economy - e le sole tv australiane). Mentre le roccaforti mondiali del suo business - le emittenti via cavo e via satellite (inclusa Sky Italia) e il cinema - andranno ad una diversa società, la FoxGroup. Racconta un manager vicino ai fatti: «Nel 1988 la Philip Morris, che faceva sigarette, comprò Kraft, alimentari.

Venti anni dopo, esasperata, Philip Morris - intanto ribattezzata Altria - decise uno spin-off che separò le due realtà. Il motivo? Ogni volta che Altria perdeva una causa per i danni del fumo, subito calavano le vendite dei formaggini e delle sottilette Kraft. Un gioco di vasi comunicanti, un perverso testa coda che andava spezzato». Sigarette da una parte, sottilette dall'altra. Così ormai ragiona anche Rupert Murdoch.

Investito a Londra dallo scandalo delle intercettazioni illegali, costretto a chiudere il
News of the World (a luglio 2011), l'editore ha avvertito le onde telluriche di questo sisma in ogni provincia dell'impero. Ed ora separa i suoi affari tradizionali e incerti (quelli su carta) da quelli fluidi e digitali (le televisioni e il cinema).

Qualcuno, per questo motivo, ribattezza già bad company la società che avrà il controllo dei giornali (la nuova News Corporation). Ma la severa etichetta non ha grande senso perché questo soggetto controllerà pur sempre il Wall Street Journal (gallina dalle uova d'oro) e domani magari il Financial Times. Neanche i conti autorizzano al pessimismo, visto che il bilancio 2011 dell'impero di Murdoch attribuisce al settore "Publishing", quello dei giornali, un margine operativo di 864 milioni, che non si butta via, di questi tempi.

La stessa operazione di scissione dell'impero mediatico in due entità, entrambe quotate, può aumentare la capitalizzazione complessiva del gruppo Murdoch, e non deprimerla. I mercati la pensano proprio così. Il titolo di casa Murdoch ha iniziato un rally alla Borsa di New York da maggio, alle prime indiscrezioni sulla scissione.

Corre sia l'azione ordinaria (Nws) a 25,23 dollari; sia l'azione con voto limitato (Nwsa) a 24,54. Infine la presunta bad company è stata al centro di una lotta di potere tra Robert Thomson, che ne assumerà il timone, e Tom Mockridge, invece sconfitto. Mockridge, che ha lavorato ben 22 anni per Murdoch anche a Sky Italia, ora lascerà il gruppo: «Ha scritto una email di saluto a tutti i dirigenti - racconta un grosso papavero della galassia Murdoch - ed era zeppa di complimenti per Rupert. Ho letto anche io i giornali italiani che lo vedono alla guida di Mediaset Premium. Ma dopo aver letto quella e-mail, sono certo che Mockridge non andrà a lavorare per Berlusconi».

Dentro questa storia industriale, fa sensazione il caso del Daily, quotidiano per tablet che Murdoch chiude ad appena 21 mesi dal lancio. Eppure Murdoch ci credeva. Nel 2010, l'editore sogna The Daily Planet come nome del quotidiano (è il giornale immaginario dove lavora Superman nei panni del timido Clark Kent). Poi deve accontentarsi del più semplice The Daily senza per questo perdere fiducia nelle doti soprannaturali della nuova creatura. Ora la dura realtà la precipita al suolo: il 15 dicembre, la testata chiuderà i battenti.

L'esperienza di The Daily contiene una serie di fenomenali insegnamenti per chi sperimenta nuovi modelli di informazione digitale. Alcuni lettori, intanto, sono ormai disposti a pagare per le news visibili via Internet oppure sul tablet. Ma puntano i loro soldi su marchi riconoscibili che offrano contenuti di qualità. Chiedere al Wall Street Journal - altra testata di casa Murdoch - che festeggia i 794 mila abbonati alla sua edizione online.

Un oceano rispetto alla bacinella dei 100 mila "paganti" strappati dal Daily. The Daily, a proposito di qualità, ha in bacheca i suoi scoop e merita l'onore delle armi. Ma alcune delle rivelazioni suonano oggi leggere, quasi da stampa popolare. Come nel caso di Paula Deen, chef di grido che scopre affetta dal diabete. The Daily è ricco e multimediale. Ancora oggi può offrire 120 pagine. Ma queste vengono aggiornate solo due o tre volte nelle ventiquattro ore.

Niente a che vedere con le cavalcate dei siti Internet, nuovi ad ogni istante. Se poi la fruizione dei contenuti è lenta o, peggio ancora, "crasha" per qualche difetto della App come è successo nelle prime settimane di vita del Daily, ecco allora la testata guadagnare una patente di inaffidabilità assai scomoda. Certi errori tecnici, d'altra parte, non si giustificano quando l'investimento iniziale nel giornale è di 30 milioni di dollari (cifra eccessiva per l'editoria digitale dove le funzioni tecniche sono realizzate ormai a prezzi di saldo). Anche il numero dei dipendenti è medio-alto.

The Daily parte nel 2010 con 170 "teste" quando poi ad agosto 2012 la prima ristrutturazione ne manda a casa 50. E ancora. Per abbonarsi a The Daily, il lettore deve scaricare la App sul proprio iPad. Per questo banale servizio, Apple trattiene il 30% del prezzo dell'abbonamento. Una enormità. Murdoch ha provato a divincolarsi da questo abbraccio mortale portando il quotidiano su altri supporti: alcuni tablet con sistema Android (come i Galaxy Samsung) e il Kindle Fire della Amazon.

I centomila clienti del Daily hanno pagato 99 centesimi alla settimana (per un abbonamento su iPad); 39,99 dollari l'anno sul Galaxy SIII; 19,99 l'anno per il Kindle Fire. Ma alla fine dei giochi quello che voleva essere il quotidiano di Superman ha smesso di volare. Sopra, Tom Mockridge ex manager di punta di NewsCorp A lato, la sede di Sky Italia a Roma. Nel riassetto del gruppo la pay tv italiana fa ora capo alla nuova sub holding per la tv Fox Group.


2 - ANCHE IMPRENDITORI MEDIORIENTALI E RUSSI INTERESSATI AL "FT". MANAGER IN USCITA
(ANSA) - Secondo indiscrezioni alcuni ricchi imprenditori medio orientali e russi avrebbero messo gli occhi sul quotidiano. Nonostante la sua incontrastata popolarita' e il marchio riconosciuto a livello mondiale, il Financial Times e' probabilmente in perdita: Pearson, la societa' a cui fa capo, non comunica i risultati disaggregati del gruppo e quindi l'andamento del quotidiano non e' ufficialmente noto. ma a fronte di una un'edizione cartacea che non viaggia con il vento in poppa, la formula online adottata dal Financial Times e' di grande successo. E da quando introdotta e' stata copiata.

La corsa al Financial Times e' scattata da quando, nelle scorse settimane, due manager del gruppo Pearson hanno annunciato la loro uscita. Fra questi Marjorie Scardino, l'amministratore delegato del gruppo, colei che aveva dichiarato: il Financial Times si vendera' solo passando sul mio cadavere. Scardino lascera' il 31 dicembre prossimo. Pochi mesi dopo a uscire sara' Rona Fairhead, numero uno del Financial Times. A sostituire Scardino sara' John Fallon che, gia' dalle prime dichiarazioni, ha lasciato intendere un cambiamento di rotta: e' un asset di ''valore'' che calza perfettamente con il gruppo Pearson, il cui ''portafoglio e' in costante cambiamento ed evoluzione''.


3 - RUSSIA: MEDIA, PROKHOROV INTERESSATO A QUOTIDIANO VEDOMOSTI
(ANSA) - L'oligarca russo Mikhail Prokhorov, sceso in politica lo scorso anno, potrebbe entrare nel quotidiano economico-finanziario Vedomosti, una delle principali voci critiche della stampa russa. Lo riferisce il quotidiano Kommersant, citando quattro fonti vicine al dossier.

Vedomosti è controllata in modo paritario da tre società straniere: la finlandese Sanoma Indipendent Media (che edita anche il Moscow Times), la società britannica Pearson (Financial Times) e News Corp, la holding di Rupert Murdoch che pubblica il Wall Street Journal. Onexim, la holding di Prokhorov, avrebbe proposto uno scambio di attivi a Sanoma, cedendogli Salon-Press (che pubblica magazine di decorazioni d'interni) in cambio della della quota in Vedomosti. Nessun commento finora dagli interessati.

 

RUPERT MURDOCH RUPERT MURDOCH bloomberg tra i resti del dopo uragano sandy FINANCIAL TIMESlogo dailyBSKYB LOGOMURDOCH VOGLIO BSKYB Wall Street Journal

Ultimi Dagoreport

xi jinping donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING E VLADIMIR PUTIN A BRACCETTO SULLA PIAZZA ROSSA, VENERDÌ 9 MAGGIO ALLA PARATA PER IL GIORNO DELLA VITTORIA - IL PRIMO MENTECATTO DELLA CASA BIANCA AVEVA PUNTATO TUTTO SULLO "SGANCIAMENTO" DELLA RUSSIA DAL NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA: LA CINA - E PER ISOLARE IL DRAGONE HA CONCESSO A "MAD VLAD" TUTTO E DI PIU' NEI NEGOZIATI SULL'UCRAINA (COMPRESO IL PESTAGGIO DEL "DITTATORE" ZELENSKY) - ANCHE SUI DAZI, L'IDIOTA SI È DOVUTO RIMANGIARE LE PROMESSE DI UNA NUOVA "ETA' DELL'ORO" PER L'AMERICA - IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO HA COMPIUTO COSI' UN MIRACOLO GEOPOLITICO: IL REGIME COMUNISTA DI PECHINO NON È PIÙ IL DIAVOLO DI IERI DA SANZIONARE E COMBATTERE: OGGI LA CINA RISCHIA DI DIVENTARE LA FORZA “STABILIZZATRICE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE...

alfredo mantovano gianni de gennaro luciano violante guido crosetto carlo nordio alessandro monteduro

DAGOREPORT – LA “CONVERSIONE” DI ALFREDO MANTOVANO: IL SOTTOSEGRETARIO CHE DOVEVA ESSERE L’UOMO DI DIALOGO E DI RACCORDO DI GIORGIA MELONI CON QUIRINALE, VATICANO E APPARATI ISTITUZIONALI (MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, SERVIZI. ETC.), SI È VIA VIA TRASFORMATO IN UN FAZZOLARI NUMERO 2: DOPO IL ''COMMISSARIAMENTO'' DI PIANTEDOSI (DOSSIER IMMIGRAZIONE) E ORA ANCHE DI NORDIO (GIUSTIZIA), L’ARALDO DELLA CATTO-DESTRA PIÙ CONSERVATRICE, IN MODALITA' OPUS DEI, SI E' DISTINTO PER I TANTI CONFLITTI CON CROSETTO (DALL'AISE AI CARABINIERI), L'INNER CIRCLE CON VIOLANTE E GIANNI DE GENNARO, LA SCELTA INFAUSTA DI FRATTASI ALL'AGENZIA DI CYBERSICUREZZA E, IN DUPLEX COL SUO BRACCIO DESTRO, IL PIO ALESSANDRO MONTEDURO, PER “TIFO” PER IL “RUINIANO” BETORI AL CONCLAVE...

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)