MARPIONNE DO BRASIL! - INCASSA GLI INCENTIVI VERDEORO ANTI-LICENZIAMENTO E FA PURE LO SCHIZZINOSO: LA RICETTA DELLA ROUSSEFF NON GLI PIACE - E CERTO! SE VENISSE APPLICATA OVUNQUE SAREBBERO CAVOLI AMARI PER MARPIONNE, CHE INVECE E’ UN FAN DELLA TERAPIA USA: CHIUDERE GLI STABILIMENTI MENO EFFICIENTI PER DIMINUIRE L’OFFERTA - INTANTO DE BENEDETTI, CAMUSSO E PASSERA SOGNANO PER ALFA UN FUTURO “TEDESCO”…

Ugo Bertone per "il Foglio"

Sergio Marchionne ringrazia ma non approva. Gli incentivi che Dilma Rousseff, ex guerrigliera e manager di polso approdata al vertice del Brasile - che è
il quarto mercato automobilistico mondiale -, ha garantito alle Case che non licenziano, sono una vera manna per Fiat, che dalle parti di Rio e di San Paolo gode di buona salute, a differenza che in Italia.

La ripresa delle vendite carioca a luglio (più 8,8 per cento) è senz'altro una bella boccata d'ossigeno per il gruppo del Lingotto, che in Italia è ormai a un passo dall'asfissia: nei primi sei mesi dell'anno la produzione italiana è scesa infatti di un altro 20 per cento abbondante.

E la fine del tunnel, per ora, proprio non si vede. Ma la ricetta brasiliana a Marchionne non piace affatto, o meglio non lo convince l'idea che possa essere replicata altrove. Non fosse che per una ragione: un conto è servire un mercato in espansione, dove la domanda potenziale è enorme; altro è operare nella vecchia Europa dell'ovest, afflitta da sovraccapacità produttiva e da sclerosi nei rapporti sociali, a tutto danno della competitività.

E dove il carisma di Marchionne si è non poco appannato: da un parte Volkswagen, ovvero il gruppo più potente, gliel'ha giurata al punto di chiederne la testa come presidente dell'Acea, l'associazione dei costruttori automobilistici europei; dall'altra cresce in patria il fronte di chi, da Carlo De Benedetti al segretario generale della Cgil Susanna Camusso (passando per lo stesso ministro dello Sviluppo Corrado Passera, che così la pensa ma finora lo ammette solo a mezza bocca), si ritrova attorno all'idea che l'Alfa possa rivivere una seconda giovinezza sotto le insegne di Wolfsburg assai più che sotto Fiat, ormai più americana che italiana.

Insomma, una situazione scomoda, ai limiti dell'assedio, non troppo diversa da quella di fine 2008, quando la Fiat sembrava la vittima sacrificale numero uno della grande crisi. Allora, però, Marchionne giocò una carta a sorpresa: l'avventura negli Stati Uniti, grazie all'acquisto di una vittima ancor più predestinata, la "povera" Chrysler massacrata dai precetti del made in Germany, ovvero dalla gestione Daimler.

Così, in questi giorni, Marchionne si prepara a fare il bis cercando oltre Atlantico quegli alleati per la partita europea che dalle nostre parti non si trovano. Il terreno comune c'è: sia Ford che Gm, attiva nel Vecchio continente con i marchi Opel e Chevrolet, soffrono nell'Unione europea di acciacchi assai simili a quelli di Fiat. Entro ottobre Gm, che nei primi sei mesi dell'anno ha perduto da questa parte dell'Atlantico la bellezza di 617 milioni, prenderà senz'altro misure forti.

Il nuovo ceo, Thomas Sedran, il terzo medico al capezzale di Opel in tre anni, potrebbe addirittura chiudere l'impianto di Bochum, la cattedrale dell'auto tedesca che già sfornava macchine a quattro ruote quando Wolfsburg, culla di Volkswagen, era coperta di piantagioni di asparagi.

Ford, che non intende chiudere stabilimenti in Europa, vuol limitare comunque i danni dopo i 400 milioni perduti nel secondo semestre (più del doppio di Fiat, per intenderci) con iniziative di vario genere, magari mutuate dall'esperienza a stelle e strisce. L'ultima carta? Esportare Detroit a Bruxelles. E qui sta la vera novità del test che i Big dell'auto di Detroit, ovvero Gm, Ford e Fiat/Chrysler, accomunati dai successi sul mercato nordamericano e dai problemi europei, dovranno affrontare nel nostro continente.

Una terapia all'americana, ovvero la chiusura di alcuni impianti, i meno efficienti, per ridurre l'offerta, è una mossa quasi obbligata. Ma, come dimostra l'esperienza americana (assieme a quella inglese) può avere successo soltanto se accompagnata da altre iniziative. Negli Stati Uniti, l'auto è il fiore all'occhiello della presidenza Obama. Sui 163 mila nuovi posti di lavoro creati a luglio, ci sono 25 mila posti nell'industria (una novità quasi assoluta), oltre la metà nell'auto.

La crescita dell'occupazione riguarda i Big di Detroit ma anche europei e asiatici: da quando nel 1983 la Nissan sbarcò in Tennessee a Smyrna (oltre 7 milioni di veicoli costruiti in uno stato agricolo, senza tradizioni operaie), ben 11 case straniere si sono insediate in territorio americano, grazie alla flessibilità salariale e contrattuale lì consentita. Una libertà che ha contagiato le tre sorelle di Detroit, arrivate sull'orlo del crack assieme al sindacato dell'auto Uaw per non aver dato ascolto a quel che avveniva negli impianti giapponesi e coreani.

Oggi la flessibilità contrattuale è di casa anche a Detroit. Ford ha appena proposto all'Uaw (sindacato del settore automobilistico) un accordo "indecente": paga ridotta ma impiego a vita per chi accetta lo "sconto". In Chrysler Marchionne ha seguito un'altra strada: stipendio base ridotto per tutti ma bonus legato ai risultati. Nel frattempo Uaw sta concludendo intese con i produttori coreani e giapponesi, nel pieno rispetto dei criteri fissati da Honda, Toyota o Nissan nel profondo sud: il sindacato è ormai consapevole che non si possono trascurare le richieste di chi ormai rappresenta il 40 per cento dell'industria auto nazionale.

La stessa lezione compresa dalle Unions britanniche. L'auto è uno dei casi di maggiore successo della reindustrializzazione made in Uk; il mercato va a gonfie vele (più 9 per cento le vendite di luglio), lo stabilimento Nissan di Sunderland è, tabelle alla mano, il più efficiente di Nissan, Giappone compreso. E a Ellesmere le Unions hanno offerto a Gm condizioni eccezionali pur di aggiudicarsi la produzione di Opel Astra a scapito della Germania.

Insomma, in questo giorni a Detroit i tre Big, alle prese con i loro guai europei, stanno cercando di mettere a punto una strategia per affrontare l'autunno caldo dell'Europa continentale, vittima di uno spread industriale a tutto vantaggio della Germania.

Un'intesa a tre non è facile né sicura, anche se l'egemonia dei tre Big tedeschi suggerisce di far fronte comune. Su una base, perlomeno: la flessibilità produttiva a vantaggio dei nuovi investimenti sperimentata con successo a Washington e a Londra può essere l'altra faccia di una medaglia in cui vanno chiusi gli impianti inefficienti e legati a una domanda del passato. Solo così si contrasta l'Europa degli immutabili veti di sindacati rigidi e Confindustrie pavide.

 

SERGIO MARCHIONNE DILMA ROUSSEFF FOTOGRAFATA DA ROBERTO STUCKERT FILHO CARLO DE BENEDETTI CORRADO PASSERA PENSIEROSO FIAT CHRYSLER SUSANNA CAMUSSO alfa romeo

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."

alessandro giuli beatrice venezi gianmarco mazzi

DAGOREPORT - A CHE PUNTO SIAMO CON IL CASO VENEZI? IL GOVERNO, CIOÈ IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA GIANMARCO MAZZI, HA SCELTO LA STRATEGIA DEL LOGORAMENTO: NESSUN PASSO INDIETRO, “BEATROCE” IN ARRIVO ALLA FENICE DI VENEZIA NEI TEMPI PREVISTI, MENTRE I LAVORATORI VENGONO MASSACRATI CON DISPETTI E TAGLI ALLO STIPENDIO. MA IL FRONTE DEI RESISTENTI DISPONE DI UN’ARMA MOLTO FORTE: IL CONCERTO DI CAPODANNO, CHE SENZA L’ORCHESTRA DELLA FENICE NON SI PUÒ FARE. E QUI STA IL PUNTO. PERCHÉ IL PROBLEMA NON È SOLO CHE VENEZI ARRIVI SUL PODIO DELLA FENICE SENZA AVERE UN CURRICULUM ADEGUATO, MA COSA SUCCEDERÀ SE E QUANDO CI SALIRÀ, NELL’OTTOBRE 2026 - CI SONO DUE VARIABILI: UNA È ALESSANDRO GIULI, CHE POTREBBE RICORDARSI DI ESSERE IL MINISTRO DELLA CULTURA. L’ALTRA È LA LEGA. ZAIA SI È SEMPRE DISINTERESSATO DELLA FENICE, MA ADESSO TUTTO È CAMBIATO E IL NUOVO GOVERNATORE, ALBERTO STEFANI, SEMBRA PIÙ ATTENTO ALLA CULTURA. IL PROSSIMO ANNO, INOLTRE, SI VOTA IN LAGUNA E IL COMUNE È CONTENDIBILISSIMO (LÌ LO SFIDANTE DI SINISTRA GIOVANNI MANILDO HA PRESO UNO 0,46% PIÙ DI STEFANI)

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO