BANCHE ALLO SBANDO - DOPO LA SCOPPOLA A GIARDA, UNA COSA E' CERTA: IN BPM COMANDA IL FANTASMA DELL'EX ASSOCIAZIONE DEGLI AMICI - SE BANKITALIA VUOLE INTERVENIRE, DEVE USARE LA FORZA (MA NON LO FARA')

Massimo Restelli per ‘Il Giornale'

Al termine di una giornata di contatti e verifiche telefoniche incrociate,l'ad Giuseppe Casta¬gna ha strappato a Bankitalia il permesso di procedere con l'au¬mento di capitale della Banca Popolare di Milano. Malgrado la scoppola ricevuta sabato dal¬l'¬assemblea dei soci che ha boc¬ciato la nuova governace volu¬ta dalla Vigilanza, l'operazione da 500 milioni resta quindi in agenda il 5 maggio. In Borsa pe¬rò è stato il caos: il titolo ha chiu¬so in picchiata dell' 8,5%, facen¬do sparire in poche ore 190 mi¬lioni di capitalizazione, mentre i fondi si riposizionavano in vi¬sta di probabili ripercussioni sul rating . Così come a poco è valso il divieto di vendere allo scoperto imposto dalla Con¬sob: è passato di mano il 7,4% del capitale.

Molto è la polvere della specu¬lazione, ma appena sotto resta una banca e una cooperativa che nessuno riesce realmente a interpretare (e domare) dopo il «regno» di Roberto Mazzotta. Né il finanziere Andrea Bono¬mi, chiamato da Bankitalia con Piero Montani nel 2011 per ri¬mediare al lascito del suo prede¬cessore Massimo Ponzellini e cancellare l'Associazione Ami¬ci, né negli ultimi quattro mesi l'ex ministro Piero Giarda. At-torno al quale i sindacati,sono infatti riusciti a fare temporane¬amente il vuoto in risposta al¬l'autonomia con cui il presiden¬te del cds avrebbe affrontato la riforma della governance, le no¬mine e altre partite calde del gruppo. Il blocco dei premi con¬seguente alla pulizia di bilan¬cio firmata da Castagna sem¬bra aver fatto il resto nell'indi¬spettire la struttura.

Sebbene l'Associazione Ami¬ci non esista più né la sua capa¬cità di fare pressione sui vertici come accadeva in passato, la ra¬gione principale è la seguente: Bipiemme, l'unica tra le ban¬che italiane ad avere la parola «Milano» nel proprio biglietto da visita, resta una realtà molto «politica», fortemente innerva¬ta sul territorio e nei suoi palaz¬zi di potere. E, altra particolari¬tà, è animata da una base socia¬le, percorsa da partiti e corren¬ti. Un «parlamento» in miniatu¬ra, dove il criterio della rappre¬sentanza si è spesso rivelato es-sere (quasi) tutto.

A dimostarlo sono state da un lato le campagne elettorali che hanno preceduto le assemblee per il rinnovo dei vertici,dall'al¬tro i «no» di pancia che i dipen¬denti- soci hanno sempre oppo¬sto ai¬cambiamenti imposti dal¬l'esterno, arrivando a sfidare anche Bankitalia. Simile, peral¬tro, anche il motivo della cadu¬ta lo scorso inverno di Bonomi, dopo che si era visto bocciare sia la trasformazione in Spa sia il progetto di aprire le assem¬blee al voto a distanza.

Non va peraltro dimenticato che lo stesso Mazzotta, portato in Piazza Meda dai sindacati in sostituzione di Paolo Bassi (era il 2001), sarebbe stato poi espul¬so sia per le frizioni con l'inter¬sindacale sia davanti a un pro¬getto di fusione con la Banca Po¬polare dell'Emilia Romagna (Bper) che avrebbe trasferito a Modena la sede politica della holding non quotata.

Dopo Montani, poco resta tuttavia delle vecchie logiche: il presidente del cdg, Mario Anol-li, si è così affrettato a dire che al¬l'interno dell'istituto «non c'è un incendio in corso», e anche alcuni degli storici catalizzatori di voto dell'istituto hanno la¬sciato filtrare che alla prossima assemblea la governance sarà approvata senza incidenti.

Nella base di Bipiemme, tut¬tavia, molti continuano a ritene¬re che il più grande errore com-piuto ne¬lla storia della coopera¬tiva sia stata la decisione di quo¬tarsi in Piazza Affari, per la diffi¬coltà di coniugare gli interessi dei soci (che attendono il divi¬dendo) con quelli dei dipen¬denti ( che hanno rivendicazio¬ni salariali).

Una posizione net¬ta che dovr¬ebbe far riflettere sul¬l'esito dei molti tentativi, passa¬ti e recenti, volti ad adattare il mondo delle popolari, che per definizione appartiene ai soci in ragione del voto capitario, con le regole del mercato.

In sostanza, se Bankitalia vor¬rà intervenire sulla Milano, do¬vrà usare la forza, ma questo ap¬pare difficile in una fase come quella attuale, dove il potere di Vigilanza sta per essere trasferi¬to dagli uffici di Palazzo Koch a quelli della Banca centrale eu¬ropea guidata da Mario Draghi.

 

Piero Giarda Piero Giarda ANDREA BONOMI logo BPMMassimo Ponzellini e Nicola Pietrangeli

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