1- LA POCHADE DELLO SCARPARO SULLA FIAT MARPIONNATA HA COME OBIETTIVO QUELLO DI METTERE LE MANI SUL “CORRIERE”, UNO DEI TANTI SALOTTI SU CUI DIEGUITO, CHE HA IL VIZIETTO DELLA CARTA STAMPATA, NON È RIUSCITO FINORA A METTERE LE MANI 2- PASSERA? “UN SEDICENTE TECNICO, TITOLARE DI COSPICUI REDDITI D’IMPRESA CHE LO DESTINANO PIÙ CHE ALTRO AD ESSERE SOGGETTO DI UN RILEVANTE CONFLITTO DI INTERESSI” 3- RICORDATE A ROMITI CHE LA FIAT PERDETTE LA CREATIVITA’ QUANDO LUI CACCIÒ GHIDELLA 4- I TEDESCHI DI SIEMENS SI PRENDERANNO ANSALDO ENERGIA, I GIAPPONESI DI HITACHI METTERANNO LE MANI SU ANSALDO BREDA, BAE E EADS OSCURERANNO I CIELI. A QUEL PUNTO AD ORSI NON RESTERÀ CHE GIRARE I POLLICI E DIALOGARE AMABILMENTE COL SUO AMICO DEL CUORE MAURIZIO LUPI, CHE SI FA INTERPRETE DEI SUOI AFFANNI NELLE STANZE VATICANE 5- DOPO L’ESPERIENZA TRONCATA IN TELECOM, BELEN RICICCIA A BANDA LARGA E SENZAFILI

1- LA POCHADE SULLA FIAT MARPIONNATA HA COME UNICO OBIETTIVO QUELLO DI METTERE LE MANI SUL "CORRIERE DELLA SERA"
Se non ci fosse di mezzo la sorte di 25mila operai e di un pezzo storico dell'industria italiana come la Fiat, sulle vicende di questi giorni ci sarebbe da ridere.
Per certi aspetti lo spettacolo ricorda la pochade, quel genere di commedia nata a Parigi nell'Ottocento dove i colpi ad effetto e gli intrighi si reggono su un canovaccio di sentimenti contrastanti.

I registi di questo genere di commedia sono due: Sergio Marpionne, il manager dal pullover sgualcito che con il candore di una vergine ha archiviato il progetto Fabbrica Italia, e Dieguito Della Valle, lo scarparo marchigiano che accusa i "supponenti signori del Lingotto" di essere dei furbetti cosmopoliti.

In mezzo a questi due personaggi si agitano una serie di attori e di comparse, prima fra tutte la ministra delle lacrime Elsa Fornero che suscita ilarità con quella manina attaccata al telefono in attesa che da Detroit le arrivi la conferma di un incontro. Eppure questa professoressa ex-banchiere è sposata con un economista di vaglia come Enrico Deaglio, torinese anche lui che avrebbe potuto avvisarla almeno tre anni fa sulle reali intenzioni del manager italo-svizzero-canadese.

Non l'ha fatto e adesso la consorte-ministra mostra la faccina feroce e dichiara in un'intervista a "Repubblica": "Marchionne ci dica subito come cambia Fabbrica Italia", senza capire che quel piano è morto e sepolto nel disinteresse assoluto della Sacra Famiglia degli Agnelli che ha come unico obiettivo quello di portare quattrini nelle sue tasche.

E con la Fornero si mostrano spiazzati anche quei sindacalisti come Bonanni e Angeletti che con la complicità di Maurizio Sacconi (il peggior ministro del governo Berlusconi) non hanno capito le reali intenzioni degli azionisti Fiat e dell'uomo che nel 2004 è stato chiamato a salvare l'azienda riportandola, come spiega oggi l'economista Penati, da 6 a 16 miliardi di valore.

La pochade diventa poi irresistibile quando si legge che Marpionne è rimasto sorpreso dalle polemiche e che in settimana rientrerà in Italia per spiegare che cosa sta avvenendo sul mercato mondiale dell'automobile. Su questo punto nessuno (Dieguito Della Valle per primo) ha fatto uno sforzo di analisi e ha cercato di valutare un po' meglio e in concreto la visione Fiat nel mercato globalizzato.

Anche il guru del "Corriere della Sera", Massimo Mucchetti che questa sera sarà nello studio dell'"Infedele" per ascoltare un'intervista di Gad Lerner a Della Valle, si è sforzato di indicare la differenza che corre tra le quote di produzione interna dei vari gruppi stranieri dell'automobile con quelle della Fiat. Se l'avesse fatto ci saremmo accorti della distanza in anni luce tra quanto l'azienda torinese riesce a produrre in Italia rispetto ai volumi dei concorrenti (Volkswagen, Psa, Renault, Toyota, Gm, Ford) nei rispettivi paesi.

Nella pochade il colore prevale sulle analisi e a rendere più divertente lo spettacolo sono i fuochi d'artificio dello scarparo marchigiano che dal marzo 2006, quando si scontrò con il Cavaliere a un convegno confindustriale, non ha risparmiato giudizi con un linguaggio grossolano che sembra mutuato dalla cultura contadina.

Così ha fatto nei confronti di Antonio Fazio ("stregone di Alvito"), di Cesare Geronzi e Abramo-Bazoli ("arzilli vecchietti"), Nagel e Pagliaro ("inadeguati alle loro esperienze") senza risparmiare quella creatura fragile di Yaki Elkann ("un ragazzino che non ha ancora imparato a lavarsi i denti"). Il risultato complessivo è che oggi agli occhi dell'opinione pubblica Dieguito può sembrare un ricco Masaniello che difende le cause dei lavoratori e delle loro famiglie, mentre nei salotti ha accumulato la fama di un rompicoglioni sprezzante e provinciale che ricorda il Marchese del Grillo nella celebre espressione: "io so' io, voi nun siete un cazzo".

L'ultima sortita contro i ‘'furbetti cosmopoliti'' che non sanno gestire la Fiat, ha prodotto il risultato inatteso di sintonizzare sulla stessa indignazione Luchino di Montezemolo e Cesarone Romiti, l'uomo che ha guidato la Fiat per vent'anni appendendo nel suo ufficio lo scalpo del presidente della Ferrari.

Adesso molti si chiedono se l'elefantino di Casette d'Ete ha mandato in frantumi la lobby di interessi che lo legavano a Montezemolo. È presto per dare una risposta poiché i due compagni di merenda sono così intrecciati nel business da rendere difficilmente immaginabile un divorzio.

Certo, Dieguito non ha mai fatto mistero di essere abbastanza perplesso sull'avventura ferroviaria di Ntv, la società dei treni che va ricapitalizzata e dove gli uomini al vertice sono stati scelti tutti ed esclusivamente da Luchino. E anche sulla discesa in campo del "ragazzo dei Parioli" ha mostrato in più di un'occasione di essere perplesso perché nella sua filosofia gli imprenditori devono fare gli imprenditori e non ripetere i disastri del famoso imprenditore di Arcore.

Un discorsetto a parte merita Cesarone Romiti che, come abbiamo detto, è saltato sulla polemica scatenata da Marpionne ritrovandosi in sintonia con Luchino.
E qui non sarebbe male se qualcuno suggerisse all'89enne supermanager che Dieguito definì "un esponente della famiglia Adams" di usare un po' della saggezza che appartiene alla terza età. Da questo orecchio però Cesarone non sente e non perde occasione per alzare un muro tra la sua gestione in Fiat e quella di chi si è preoccupato soprattutto delle stock options sospendendo la progettazione di nuovi modelli con una decisione "che ha decretato la morte dell'azienda".

Il Romiti smemorando dimentica che la crisi dei modelli Fiat non è nata l'altro ieri, nemmeno due anni fa, e ancor meno nel 2004 quando arrivò Marpionne. Con un po' di umiltà potrebbe guardare l'album del 1988 quando dentro l'azienda si scatenò la guerra tra l'Avvocato e il fratello Umberto che tirava la volata a Vittorio Ghidella per il vertice dell'azienda. E quando Ghidella se ne andò sbattendo la porta dopo un'indagine di Romiti sui fornitori dell'universo Fiat, l'Avvocato perse l'uomo che ancora oggi a distanza di tanti anni è considerato un campione di creatività.

Da quel momento la Fiat di Romiti investì migliaia di miliardi in treni, telecomunicazioni, case e ospedali, seguendo il motto "Terra, Mare, Cielo" con il risultato di perdere il treno rispetto agli altri concorrenti. Non a caso tra il '97 e il 2009 il Governo dovette incentivare per cinque volte l'automobile che perdeva colpi sui mercati.

I grandi accusatori di ieri e di oggi dovrebbero sedersi sulle rive del Po e bagnare la loro furia senza voglia di vendetta e di narcisismo, e soprattutto sgombrare il campo dal dubbio che la pochade abbia come unico obiettivo quello di mettere le mani sul "Corriere della Sera", uno dei tanti salotti su cui Dieguito, che ha il vizietto della carta stampata, non è riuscito finora a mettere le mani.

2- COME FINIRA' FINMECCANICA

Gli uscieri di Finmeccanica non sono riusciti a capire se è vero che venerdì scorso il Presidente della Repubblica ha convocato al Quirinale Giuseppe Orsi.
La notizia è rimasta appesa per aria anche se sarebbe perfettamente comprensibile l'attenzione di Napolitano sulla guerra stellare che si è aperta dopo l'annuncio del progetto di fusione tra i due colossi dello spazio Bae Systems e Eads. Se il merger andrà avanti nascerà un mostro di quasi 72 miliardi di euro che rischia di emarginare Finmeccanica e di creare grosse preoccupazioni anche al Pentagono.

Gli inglesi di Bae sono il più grande fornitore delle forze armate americane e il 40% dei loro affari arriva dagli Usa dove operano altri colossi come Boeing, McDonell Douglas e Lockeed. Stiamo parlando quindi di uno scenario che tocca nel vivo i rapporti internazionali e chiama in causa l'interesse del Governo e del Gruppo dove il Tesoro detiene la golden share.

Gli uscieri non hanno ancora capito fino a che punto il ministro Passera abbia voglia di mettere le mani in questo dossier. Dopo una dichiarazione in cui Corradino ha detto "Finmeccanica non può guardare con indifferenza a un evento come questo", gli uscieri pensavano che il pallido ministro Grilli facesse sentire la sua voce.

Ma dopo la vicenda delle consulenze alla sua ex-moglie il ministro del Tesoro ha staccato il telefono e ha interrotto le comunicazioni con piazza Monte Grappa. Da parte sua Corradino ha dimostrato in questi mesi di non essere cuor di leone e ieri si è beccato, insieme alla Marcegaglia, dall'editorialista del "Corriere" Ernesto Galli della Loggia il giudizio di essere "privo di qualunque vera immagine pubblica che non sia quella di sedicente tecnico, mentre in realtà è titolare di cospicui redditi d'impresa che lo destinano più che altro ad essere soggetto di un rilevante conflitto di interessi".

È probabile che Corradino sia rimasto molto colpito e che abbia valutato questo affondo con la moglie Giovannona Salza e con lo psicanalista Enrico Pozzi, un docente di psicologia alla Sapienza di Roma al quale ogni giorno ricorre per capire la sua identità.

La palla è comunque nelle mani di Orsi che di fronte alla fusione tra gli inglesi di Bae e il gruppo franco-tedesco Eads rischia un colpo micidiale. L'argomento è così grande da aver risvegliato anche il vecchio orso Guarguaglini che sembrava ormai seduto tra i giardinetti di Castagneto Carducci. "Finmeccanica dovrà cercare di reagire in qualche modo", ha detto Guarguaglini "di fronte a un vero gigante industriale a tutto tondo e ci vorrà immaginazione".

La tesi del Guargua e di altri manager del Gruppo che non hanno però il coraggio di avvicinarsi alla stanza di Orsi, è che Finmeccanica dovrebbe allearsi con i francesi di Thales. In pratica il piacentino superprotetto dovrebbe capire che è a rischio la presenza di 12mila dipendenti in Gran Bretagna dove l'elettronica della Difesa è targata Finmeccanica e dove aziende come Selex Galileo, Agusta Westland, Sts hanno messo in piedi fabbriche gioiello.

Così mentre Corradino si consulta con il suo psicanalista e con la moglie, Orsi e Pansa dovrebbero tirar fuori (ammesso che lo abbiano) uno spirito imprenditoriale mettendo da parte la strategia che tende a privilegiare la gestione dei debiti e a vendere i gioielli di famiglia. Se non lo faranno l'Italia potrà dire addio a quello che fino a poco tempo fa era un esempio di eccellenza tecnologica.

I tedeschi di Siemens si prenderanno Ansaldo Energia, i giapponesi di Hitachi metteranno le mani su Ansaldo Breda, Bae e Eads oscureranno i cieli. A quel punto ad Orsi non resterà che girare i pollici e dialogare amabilmente con il suo amico del cuore Maurizio Lupi, il vicepresidente della Camera che si fa interprete degli affanni del manager nelle stanze vaticane.

3- DOPO L'ESPERIENZA TRONCATA IN TELECOM, BELEN A BANDA LARGA E SENZAFILI
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Belen Rodriguez, la showgirl argentina sta per tornare come testimonial nel mondo delle telecomunicazioni.
Dopo l'esperienza troncata in Telecom perché la sua immagine faceva godere i padri, ma turbava le madri di famiglia, Belen ha accettato - così scrive il "Corriere delle Comunicazioni" - di girare alcuni spot per la società Linkem che opera nel mercato della connessione a banda larga in modalità wireless".

 

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