RIUSCIRÀ ELKANN A DEFENESTRARE DE BORTOLI E PIAZZARE IL SUO MARIOPIO CALABRESI? DIPENDE, COME SEMPRE, DA BAZOLI

Paolo Madron per www.lettera43.it

Corriere della sera e dintorni. La Fiat si riprende ciò che in anni lontani ha avuto, ma mai in una posizione così di predominio. Il 20% delle azioni del primo quotidiano italiano ne fa di gran lunga l'azionista di riferimento, e siccome quelle dell'editoria sono ancora azioni che si pesano e non si contano, le garantisce di fatto un dominio assoluto

OMAGGIO A NONNO GIANNI.

La mossa di John Elkann è una sorta di omaggio a nonno Gianni, che poche ore prima di morire aveva ancora la forza di confessare a Giovanni Bazoli, presidente di Banca Intesa, le sue preoccupazioni sul futuro del gruppo.
Restituisce a Torino il diritto di nomina del direttore del giornale e le apre inusitati margini di manovra su possibili, neanche tanto lontani, riassetti quando La Stampa e Publikompass, la sua concessionaria di pubblicità (che ora insieme perdono qualcosa come 25 milioni di euro) verranno portati in dote alla casa editrice milanese.
Un conferimento che sulla carta aumenterà ulteriormente la quota di controllo con cui l'erede di Agnelli sancirà la sua propensione al nuovo mestiere.

PIÙ INFORMAZIONE, MENO AUTO.

Più informazione, più contenuti digitali e meno automobili, pensando ai destini sempre più americani di Fiat dopo la fusione con Chrysler. E dopo che il ritorno a Wall Street avrà ridisegnato di non poco gli assetti proprietari.
In vista, ma a questo punto senza fretta, c'è ancora un passaggio da compiere: ovvero l'uscita della Grande Rcs dall'orbita Fiat e il suo passaggio a Exor, la holding di famiglia che dopo avere venduto di recente alcune attività è una cassaforte ricca di denari.

Un passaggio obbligato? Sì, se non altro per considerazioni di carattere estetico: Torino infatti non può permettersi di sentirsi dire, a fronte di ulteriori tagli produttivi e occupazionali nell'automobile che toccheranno i suoi stabilimenti italiani, di voler salvare i giornali piuttosto che il lavoro e i suoi operai.
Ci sono alcune conseguenze immediate del blitz che ha sorpreso, ma forse neanche tanto, il battagliero Diego Della Valle, ovvero il solo della nutrita compagine azionaria del Corriere che poteva sbarrare il passo alla famiglia torinese.

Ma che alla fine non se l'è sentita di affondare il colpo, anche perché scettico sul futuro radioso dell'azienda. 'Mi accontenterei di portare a casa la metà di quello che ho investito' ha confessato di recente ad un amico l'imprenditore delle Tod's con l'aria di chi non ha alcuna intenzione di gettarsi nella mischia.

FINE DELLA PROPRIETÀ CONDOMINIALE.

La prima conseguenza è che finisce l'anacronistico assetto «condominiale» della proprietà, dove siccome dal più grande al più piccolo tutti pretendevano di contare, alla fine non comandava nessuno e si spendeva il tempo tra veti incrociati e talvolta aspri litigi.
Ora la Rcs ha un editore, pazienza che non sia puro. Già la purezza era un lusso in tempi di vacche grasse, figurarsi adesso che la coperta è corta e il settore è nel pieno di una crisi come non si vedeva da decenni.

PIÙ TEMPO PER SCOTT JOVANE, TRABALLA LA POLTRONA DI DE BORTOLI

La seconda è che la società, come si dice con un brutto termine, verrà spacchettata in modo tale da separare il buono (leggi i quotidiani) dal decotto (periodici a possedimenti spagnoli).
Ed è probabile - già in molti lo hanno vociato - l'arrivo di un socio industriale che sia garanzia di un mestiere ben fatto: si parla molto di Rupert Murdoch - per via del fatto che John Elkann è di recente entrato nel consiglio della sua capofila NewsCo - meno di Axel Springer, il gruppo tedesco protagonista di una strepitosa riconversione dal cartaceo al digitale, cosa che tanto amerebbe fare, e non in tempi biblici, il nuovo padrone di via Solferino.

Terza conseguenza. Si allontana la sostituzione dell'attuale amministratore delegato Pietro Scott Jovane che, calato dall'algida Microsoft nel salotto buono diventato fossa dei leoni, aveva mostrato qualche comprensibile imbarazzo. Il fatto che abbia vinto il socio che lo aveva voluto in quella poltrona e strenuamente difeso allunga la vita rizzoliana del manager, ma non gli dà sconti particolari. Tempo pochi mesi e i nuovi proprietari, che non sono dei filantropi, gli chiederanno conto degli esiti del suo piano industriale.

CALABRESI IN POLE.

Quarta conseguenza, anche questa più che sussurrata. È probabile che Ferruccio de Bortoli non sarà più direttore del Corriere della sera, non foss'altro che Fiat non gli ha mai perdonato gli articoli al curaro del suo giornalista economico più di rango, Massimo Mucchetti, che poi ha pensato bene di togliere il disturbo e candidarsi con successo nelle fila del Pd.
C'è un sostituto predestinato, ed è Mario Calabresi, l'attuale de La Stampa.

Ma ci sono anche altre considerazioni che sconsiglierebbero di dare per spacciato De Bortoli. La prima è che Bazoli, suo grande sponsor ed estimatore (l'altro, Giuseppe Rotelli, per una crudele coincidenza è venuto mancare proprio il giorno in cui Fiat calava le sue carte sul Corriere) non ha alcuna intenzione di rinunciare a quel padrinaggio sul giornale che esercita sin dagli inizi degli Anni 80, quando l'allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta gli mise tra le mani la patata bollente del crack del Banco Ambrosiano e con essa i destini dell'allora sua partecipata Rizzoli.

IL RUOLO DI BAZOLI.

C'è da pensare che, pur infiacchito dall'età e dunque restio a lanciarsi in onerose battaglie, il professore di Brescia non mancherà di far sentire la sua voce.
A meno che, vista la parata, non sia lo stesso De Bortoli a prendere la porta, togliendosi da una graticola dove, anche se a fuoco lento, pare destinato a cuocere.

 

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