1. UN INEFFABILE DRAGOMANNI IERI ALLA COMMISSIONE BILANCIO DELLA CAMERA HA PROMESSO "PIÙ TRASPARENZA SUI DERIVATI", CON LA STESSA SICUREZZA CON LA QUALE PER ANNI DA BANKITALIA HA COPERTO IL BUCO DI MONTE DEI PASCHI ED HA AUTORIZZATO ALLO STESSO LA PIÙ SPERICOLATA DELLE OPERAZIONI FINANZIARIE (CASAFORTE), IL MINISTRO DELLE FINANZE HA NEGATO PROBLEMI SULLA GESTIONE DEI DERIVATI DELLA REPUBBLICA ITALIANA. HA PERÒ, COME AL SOLITO, LASCIATO QUALCHE TRACCIA DI MENZOGNE 2. IL MINISTRO “SIMPATICO” IMPOSTO DA DRAGHI A LETTA NON VORREBBE “APPARIRE ELUSIVO” MA MINIMIZZA IL PERICOLO DEI 160 MILIARDI DI SWAP NELLA PANCIA DEL TESORO 3. I DERIVATI RINEGOZIATI L’ANNO SCORSO (31 MILIARDI) POSSONO COSTARNE 8,1 ALLE NOSTRE TASCHE, MENTRE 3,1 MILIARDI SONO GIÀ ANDATI AD ARRICCHIRE MORGAN STANLEY

1. LE BUGIE DI DRAGOMANNI
Superbonus per Dagospia.

Un ineffabile Dragomanni ieri alla Commissione Bilancio della Camera ha promesso "più trasparenza sui derivati", con la stessa sicurezza con la quale per anni da Bankitalia ha coperto il buco di Monte dei Paschi ed ha autorizzato allo stesso la più spericolata delle operazioni finanziarie (Casaforte), il Ministro delle Finanze ha negato problemi sulla gestione dei derivati della Repubblica italiana.

Ha però, come al solito, lasciato qualche traccia di menzogne, la prima è che lo "lo Stato Italiano una decina di anni fa intendeva fermare nel tempo tassi che riteneva convenienti ed a questo scopo ha firmato contratti con i quali si impegnava a pagare un tasso fisso e ricevere un tasso variabile".

A questa affermazione Saccomanni avrebbe dovuto far seguire l'annuncio delle dimissioni di tutto il Dipartimento del Debito pubblico italiano visto che lo sanno anche i bambini che per bloccare un tasso fisso sarebbe bastato emettere dei titoli (Btp) a tasso fisso, che all'epoca non avevano certo problemi ad essere collocati. Se la ricostruzione di Saccomanni fosse corretta qualcuno avrebbe voluto fare una scommessa sul futuro dei tassi provocando un consistente danno all'erario.

Qui arriviamo al secondo odor di menzogna: "Il mark to market si ritiene sinonimo di perdita o di debito nascosto mentre ci sono sentenze che dicono che si tratta solo di un valore teorico in caso di estinzione anticipata". Saccomanni sa bene che se un derivato include un tasso maggiorato (spread) a carico del Tesoro quello è un maggior costo che resterà immutato negli anni.

Nel caso dei derivati analizzati da Repubblica e dal Financial Times la perdita di 8 miliardi su 30 è al 90% dovuta all'attualizzazione dei flussi di cassa che il Tesoro dovrà pagare nei prossimi anni. Cioè almeno 7 degli 8 miliardi saranno soldi che usciranno dalle nostre tasche con assoluta certezza.

Questo ci porta al terzo scivolone "ci sono solo pochi contratti che danno alla controparte il diritto di estinguere anticipatamente l'operazione". Ma come?, dopo aver pagato 3 miliardi a Morgan Stanley il Governo Monti non aveva detto che quello era l'unico contratto con una clausola di estinzione anticipata?

Il Tesoro ha dunque mentito al Parlamento in passato? È chi ci dice che ora stia dicendo la verità? Nessuno, tant'è che Dragomanni continua a parlare dei derivati come di "acquisto di assicurazioni": ma che assicurazione si può mai comprare vendendo opzioni? È un'operazione esattamente opposta, il Tesoro ha assicurato qualcun altro incassando un premio.

Ora Saccomanni ha promesso maggiore trasparenza sui derivati, vedrete che presto troveranno il modo di dare in pasto ai giornalisti di regime dati e numeri che serviranno solo a depistare e confondere le idee. Le diamo noi un suggerimento signor Ministro, ci dia copia dei contratti che il Tesoro ha "ristrutturato" nel primo semestre del 2012, essendo ormai chiusi e sostituiti con nuovi contratti non esporrebbero il Tesoro ad alcun rischio speculativo. Se accetta questa sfida saremo disposti a darle credito, altrimenti per noi lei rimarrà sempre l'uomo del Monte (dei Pacchi).

2. UN SACCOMANNI DI GUAI: DERIVATI-AVARIATI NEL "FRIGO" DI BANKITALIA?
Andrea Greco per "La Repubblica"

Una crepa nella riservatezza da segreto di Stato sui derivati del Tesoro. Il ministro Fabrizio Saccomanni, in audizione alle Commissioni bilancio riunite, ha fatto un passo politico verso una maggiore trasparenza sui 160 miliardi di euro in contratti swap. Una fetta di questi - i contratti da 31 miliardi rinegoziati l'anno scorso - contiene perdite potenziali di 8,1 miliardi, come emerso da una relazione del Tesoro alla Corte dei conti.

«Non vorrei apparire elusivo ma sui derivati la stampa ha fatto una drammatizzazione eccessiva», ha detto Saccomanni, rispondendo ad alcune domande di parlamentari nel question time. «Abbiamo sempre dato piena informazione alla Corte dei conti, fornendo tutti i dati analitici per ricostruire le posizioni in derivati.

Come altri paesi non pubblichiamo quei dati, perché di difficile interpretazione e perché non siano usati a fini speculativi da altre controparti. Ma se c'è l'orientamento della Corte a una maggiore trasparenza noi siamo assolutamente disponibili, come pure in caso di modifiche normative».

In via XX Settembre non viene considerata un'affermazione di prammatica, ma un input politico che il nuovo inquilino vorrebbe imprimere alla materia, complessa e fumosa di suo e gelosamente custodita negli uffici dagli anni ‘90. Fonti della Corte dei conti valutano positivamente l'uscita del ministro ex Bankitalia. Il fatto poi che la nuova guida legale al Tesoro sia Luigi Caso, ex capo di gabinetto della magistratura contabile, aiuterà Saccomanni a districarsi tra l'auspicio di fornire ai cittadini più trasparenza e l'opportunità di non rivelare contratti che avvantaggino banche controparti.

Il ministro in audizione ha ribadito sull'uso dei derivati che «la preoccupazione prevalente era contenere il rischio di tassi, quindi sono state fatte operazioni di copertura di questi rischi. Come tutte le forme di assicurazione comportano un costo, ma hanno ottenuto le loro finalità, e ci hanno consentito di proseguire senza interruzione le emissioni».

I contratti con cui il Tesoro ha scambiato con le banche specialiste tassi fissi (pagati) con variabili (incassati) si sono moltiplicati una decina d'anni fa, quando la curva dei tassi era piatta e si intendevano "fermare" nel tempo oneri sul debito ritenuti convenienti. Ma la crisi avviata nel 2008 con il crac di Lehman Brothers ha portato i tassi a zero, a tutto vantaggio delle banche e penalizzando il valore di mercato dei derivati pubblici.

«Si ritiene il mark to market sinonimo di perdita o debito segreto nascosto - ha detto Saccomanni, senza entrare nelle stime - mentre ci sono sentenze che testimoniano come si tratti di proiezioni basate su un valore teorico in caso di risoluzione anticipata».
Il riferimento, d'obbligo, è alla "risoluzione anticipata" chiesta da Morgan Stanley nel gennaio 2012, quando chiuse una serie di derivati incassando 3,1 miliardi dal Tesoro.

«S'è trattato di intermediario che aveva particolari condizioni: questo tipo di condizioni oggi non è presente se non in misura minima nel portafoglio derivati ». Tale affermazione potrebbe stupire gli interlocutori, perché l'anno scorso - in una delle rare uscite pubbliche sui derivati, provocata da interrogazioni seguite al "caso Morgan Stanley", un sottosegretario del governo Monti negò in Parlamento l'esistenza di simili clausole.

A quanto risulta non ci sono clausole simili - e unilaterali - di risoluzione, ma poche altre clausole bilaterali su singole operazioni di importi ridotti, per poter sostituire le controparti. Anche su questo, come potrebbe attestare la relazione da poco inviata alla Corte dei conti sul debito di fine 2012 (e annessi derivati), il Tesoro opera per limitare i danni.

 

 

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