1. IL TERREMOTO NEL QUARTIER GENERALE DI TELEFONICA INGUAIA ANCOR DI PIÙ TELECOM 2. LA FUGA DEI MANAGER SPAGNOLI È LA DIMOSTRAZIONE CHE ALIERTA NON È IN GRADO DI AFFRONTARE IN QUESTO MOMENTO OPERAZIONI COMPLESSE COME UN AUMENTO DI CAPITALE 3. A QUESTO PUNTO NON RESTA CHE PUNTARE SULLO SCORPORO DELLA RETE, MA CI SONO DI MEZZO LE INCERTEZZE DI MONTI E IL GIOCO AL RIBASSO DELLA CDP (AVANTI SAWIRIS?) 4. MONTEZUMA DELUSO DA “LA STAMPA” E MAZZIATO DAI MOTORI: ADDIO AL “MOTORSHOW” 5. UNA PESSIMA IDEA E UNA BRUTTA BELLAVISTA PER L’ACQUAMARCIA DI MAURIZIO BASILE 4- NON DITE A TERZI E VALENSISIE CHE LA CORTE SUPREMA INDIANA RITARDA DA GIORNI LA SENTENZA SULLA SORTE DEI MARÒ ITALIANI CHE HANNO SPARATO AI PESCATORI INDIANI

1- TERREMOTO NEL QUARTIER GENERALE DI TELEFONICA
C'è grande attesa per la riunione di oggi del Comitato esecutivo di Telecom che potrebbe durare a lungo.
Sul tavolo ci sono i dossier caldi dell'America Latina con l'offerta del faraone Sawiris e dello scorporo della Rete che in caso di cessione alla Cassa Depositi e Prestiti salverebbe i conti di un'azienda.

È probabile che non sarà spesa una parola sulle notizie circolate due giorni fa in merito alla disponibilità di don Vito Gamberale e del suo fondo F2i a iniettare qualcosa come 500-750 milioni dentro Telco, la scatola finanziaria che controlla TelecomItalia.
Non è un mistero che il manager di Castelguidone, perennemente incazzato, abbia almeno la metà del cuore che palpita per l'azienda dove è entrato nel '91 dopo aver lasciato l'Eni ed è è stato, insieme al pensionato di lusso Mauro Sentinelli, il protagonista del successo di Tim.

Da parte sua Gamberale, nemico intimo di Bernabè, ha definito prive di fondamento le voci su una possibile partecipazione a un aumento di capitale di Telco, e c'è da credergli perché al momento si trova impelagato in una polemica furibonda sulla quotazione di Sea, la società che gestisce gli aeroporti milanesi.

Nella riunione di oggi Franchino non potrà nemmeno tirar fuori l'asso del Qatar perché le notizie raccolte dopo il viaggio di Monti nell'Emirato, insieme a Franco Bassanini, Gorno Tempini e il Monti dell'Ice, hanno fatto capire che i 2 miliardi di investimenti in Italia andranno soprattutto nel turismo, nella moda che sta molto a cuore alla bellissima moglie dell'emiro, e forse nelle reti dell'energia.

A questo punto il Comitato esecutivo dovrà vedersela con l'offerta dell'amico amerikano Sawiris che dopo aver scritto una lettera a Franchino ha chiuso la bocca e si è dedicato a sciogliere i nodi della sua presenza in Algeria dove il governo locale gli sta mettendo i bastoni nelle ruote. D'altra parte è noto che, al di là di un atteggiamento possibilista di IntesaSanPaolo, gli altri soci di Telco vedono con il fumo negli occhi del magnate egiziano perché temono che giochi in nome e per conto di quel Carlos Slim che non vede l'ora di spazzare la concorrenza in America Latina.

L'opposizione più violenta arriva - come già è stato detto - dagli spagnoli di Telefonica che in Telco detengono la quota più alta delle azioni e finora hanno perso un fiume di soldi. Con tutta probabilità oggi non parteciperanno al Comitato anche perché l'uomo che insieme a Cesar Alierta, il capo di Telefonica li rappresentava, ha dato le dimissioni prima dell'estate pur rimanendo legato al Gruppo di Madrid senza particolari poteri.
Questo distacco non è stato giustamente sottolineato, ma Dagospia che nella sua infinita miseria frequenta i bar di plaza Mayor, è in grado di aggiungere ulteriori informazioni sullo stato di salute della Compagnia spagnola.

Sembra infatti che nel quartier generale di Telefonica stia avvenendo un autentico terremoto. Negli ultimi giorni anche Luis Abril, il braccio destro di Alierta, ha lasciato ufficialmente la Compagnia per avviare un'attività individuale nel mondo della consulenza. Oltre a questo manager 64enne laureato in legge a Bilbao, anche altri dirigenti ai massimi livelli se ne sono andati. Così è avvenuto per Oscar Maraver, il direttore delle risorse umane, e il suo esodo è stato seguito a stretto giro da una donna che si chiama Belen, ma non ha nulla a che fare con la formosa showgirl italo-argentina. Dietro questa Belen ,che di cognome fa Amatriaìn e gestiva il marketing, se ne è andato anche Calixto Rìos, responsabile dell'Audit.

Nei bar di plaza Mayor ripetono il detto che quando la nave balla i topi fuggono, ma il capo Alierta non sembra intenzionato a farsi spaventare da questa fuga di massa dei suoi top manager e con una mossa squisitamente politica ha nominato come segretario del consiglio di amministrazione e suo assistente, un'altra donna che lavora in Telefonica dal 1993 ed è stata finora responsabile dell'ufficio relazioni con gli investitori.

La mossa è politica perché la signora è sorella del ministro del Commercio nel governo di Mariano Rajoy e finora si è distinto soprattutto per la sua testa pelata alla Kojac.
Fin qui le notizie raccolte da Dagospia che oggi Franchino Bernabè dovrebbe comunicare per forzare la mano agli altri soci di Telco.

La crisi di Telefonica è la dimostrazione che il Gruppo spagnolo non è in grado di affrontare in questo momento operazioni complesse come un aumento di capitale.
A questo punto non resta che puntare tutte le carte sullo scorporo della Rete che teoricamente potrebbe portare 15 miliardi nelle casse di Telecom, ma le incertezze del Governo e il gioco al ribasso del tandem Bassanini-Gorno Tempini fanno pensare che su questa strada le difficoltà saranno enormi.

Non a caso spunta oggi sul "Sole 24 Ore" l'ipotesi di una terza via sul modello dell'inglese British Telecom dove il meccanismo dello scorporo della Rete, finora mai applicato in Europa, verrebbe abbandonato in favore di un "organismo di garanzia" che stabilendo prezzi fissi nell'affitto del doppino in rame ai concorrenti e prezzi liberi nell'accesso alla rete in fibra ottica, consentirebbe a Telecom di non privarsi del gioiello più prezioso.

Anche questa sembra una soluzione complessa ed è probabile che tutto sia rinviato al Consiglio di amministrazione di Telecom del 6 dicembre con la prospettiva di passare il Natale senza nulla di fatto.

2- MONTEZEMOLO DELUSO E MAZZIATO: CHIUDE IL "SUO" MOTORSHOW DI BOLOGNA
Luchino di Montezemolo è deluso. All'indomani della performance dove ha lanciato la nuova "cosa" politica di "ItaliaFutura", si aspettava commenti di spessore.
Invece le analisi dei giornalisti e dei politologi non hanno toccato vette interpretative di particolare intensità. E anche il quotidiano "La Stampa" che domenica e lunedì aveva dedicato paginate intere allo show degli Studios della Tiburtina, ha spento i riflettori dopo un commento poco sublime del suo editorialista Luca Ricolfi e un articolo che aveva il sapore di uno sfottò di Mattia Feltri.

Questo atteggiamento del giornale della Fiat è curioso, ma non scandaloso. Anche se Marpionne ha sempre lasciato a mezz'aria i suoi giudizi sulla discesa in campo del presidente della Ferrari, quest'ultimo al momento buono può ricordare al manager di Detroit e al giovane Yaki che è stato lui a traghettare la Fiat verso il nuovo vertice dell'azienda.

E questo è un pegno che l'intera Sacra Famiglia degli Agnelli , dopo l'annuncio di Ratzinger che il bue e l'asinello non sono mai esistiti nel presepe, ha contratto con il "ragazzo dei Parioli" lasciandogli nelle mani quella carica di presidente della Ferrari che gli assicura uno status internazionale senza il quale Montezemolo potrebbe diventare Monte-mezzo-Zemolo.

E fino a quando i giochi di Casini e i giochetti furbeschi di Monti non saranno chiariti, Luchino non trascurerà la sua passione per i motori e per le quattro ruote. Ieri purtroppo una notizia amara gli è arrivata da Bologna dove è stata presentata la 37esima edizione del MotorShow, l'evento che si svolge alla Fiera e sul quale il bolognese Montezemolo ha sempre avuto un occhio di riguardo.

Nell'aprile 2007 si spinse a dire: "qualunque cosa accada, Bologna non perderà mai il MotorShow", ma in quell'epoca era presidente di Bologna Fiere e il suo pronunciamento fu interpretato come la risposta alle voci intorno alla vendita della società organizzatrice del MotorShow ai francesi di Gl Events.

Dopo pochi giorni Alfredo Cazzola, patron della rassegna motoristica emiliana, cedette la Promotor ai cugini d'Oltralpe spiazzando letteralmente il presidente della Fiat. Chi ha conosciuto Cazzola in questi anni ha capito il suo carattere cinico e disinvolto, la sua carriera è iniziata nel 1972 con una società di allestimenti e solo nell'81 ha messo le mani su Promotor International che ha acquistato la gestione del MotorShow fondato anche dal motociclista Giacomo Agostini.

Poi Cazzola si è buttato nella pallacanestro e nel calcio diventando presidente del Bologna senza peraltro rinunciare alla voglia di diventare sindaco in una lista civica che alle elezioni del 2009 è stata sconfitta dal candidato del centrosinistra, l'innamorato Flavio Delbono.

Adesso il MotorShow rischia di chiudere e il grido di dolore è arrivato da una donna che i francesi di Gl Events hanno insediato sulla poltrona di amministratore delegato. Si chiama Giada Michetti, 56 anni, un'esperienza in Alitalia come assistente di volo e dentro il mondo torinese dove ha seguito il Salone internazionale dell'automobile.
Luchino la conosce bene e sa che a 12 anni girava in motorino per le vie di Roma, a 16 guidava una Honda e continua a portare i jeans con la disinvoltura di un'atleta di pallavolo, lo sport dove ha brillato nella Nazionale.

"Il MotorShow è vicino al capolinea", così ha detto ieri Giada provocando una fitta al cuore di Montezemolo. La crisi del mercato è sotto gli occhi di tutti e sarà difficile raggiungere l'obiettivo dei 500mila visitatori dell'ultima edizione. Molte case automobilistiche tra cui Range Rover, Jaguar, Huynday hanno dato forfait, mentre la Fiat, memore di vecchi rapporti di Giada Michetti con il mondo torinese, ha assicurato la sua presenza.

3- UNA PESSIMA BELLAVISTA PER L'INCAUTO MAURIZIO BASILE
C'è un manager a Roma che si lecca le ferite.
È Maurizio Basile, il napoletano classe 1948 che fino a pochi anni fa sembrava baciato dal sole. Ai tempi di Prodi gestì la privatizzazione dell'Ente tabacchi, poi finì all'Anas, nel palazzo-obitorio delle Ferrovie di Moretti e agli Aeroporti di Roma che lasciò nel 2008. Il suo nome è rispuntato alla fine di agosto per il vertice di Acquamarcia, dove Francesco Bellavista Caltagirone, il 73enne cugino di Caltariccone, gli ha affidato il compito di gestire la società impelagata nei guai del Porto di Imperia tanto caso all'amico Sciaboletta-Scajola.

Quando la nomina ad amministratore delegato di Acquamarcia fu annunciata Dagospia gli lanciò un messaggio profetico pregandolo di non accettare una carica simile a una parete di sesto grado ma con un buco di oltre 500 milioni.
Il voglioso Basile non ha ascoltato l'invito e l'altro ieri si è dimesso dall'incarico dopo aver visto che oltre al porto di Imperia è scoppiato un casino anche per il porto di Fiumicino dove Caltagirone Bellavista ha aggiunto un altro guaio alla mole dei guai precedenti.

4- COME MAI LA CORTE SUPREMA INDIANA RITARDA DA GIORNI LA SENTENZA SULLA SORTE DEI MARÃ’ ITALIANI CHE HANNO SPARATO AI PESCATORI INDIANI?
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che alla Farnesina continuano ad aspettare con ansia notizie da Nuova Delhi dove la Corte Suprema avrebbe dovuto pronunciarsi già da alcuni giorni sulla sorte dei marò italiani che hanno sparato ai pescatori indiani. Sia il ministro Terzi che il segretario generale Valensise tengono la bocca chiusa e sono estremamente imbarazzati per le accuse che cominciano a girare anche all'interno del Governo".

 

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