1. FEBBRAIO 2012: SCOPRIAMO CHE IL GOVERNO MONTI HA VERSATO 3 MILIARDI DI EURO ALLA BANCA MORGAN STANLEY PER CHIUDERE UN DERIVATO SOTTOSCRITTO NEGLI ANNI ’90 2. LA CORTE DEI CONTI AVEVA PROMESSO UN’INDAGINE, MA DOPO UN ANNO TUTTO TACE 3. QUAL È STATO IL RUOLO DI MARIO DRAGHI, DIRETTORE GENERALE DEL TESORO NEL PERIODO 1991-2001, CON UN FIGLIO CHE LAVORA A MORGAN STANLEY, E DEL SUO SUCCESSORE (E MINISTRO) DOMENICO SINISCALCO, POI CAPO DELLA STESSA BANCA IN ITALIA? 4. POSSIBILE CHE DIETRO QUEGLI SWAP CI FOSSE INVECE UN PRESTITO VERO E PROPRIO, E CHE UN FUNZIONARIO MINISTERIALE NON AVESSE IL POTERE DI FIRMARLO? È LA TESI DELL’“ULTRA VIRES”, UNA DELLE ACCUSE AL DIMISSIONARIO MINISTRO PORTOGHESE 5. PERCHÉ LA MAGISTRATURA, TANTO SOLERTE CONTRO BANCHE E COMUNE PER I DERIVATI MILANESI, NON CHIEDE COPIA DI TUTTI GLI SWAP DEL TESORO, ANCORA SEGRETI? NON È FORSE L’UNICO POTERE DELLO STATO RIMASTO FUORI DALL’INCIUCIO ZIO/NIPOTE?

1. "ULTRA VIRES", OVVERO CHI HA SOTTOSCRITTO I DERIVATI PER L'ITALIA, NE AVEVA DAVVERO IL POTERE?
Superbonus per Dagospia

Lunedì si è dimesso il Ministro delle Finanze portoghese, era reduce da pesanti sconfitte sul fronte dell'austerity ma soprattutto , secondo la stampa lusitana, "di aver mentito sul rischio e la consistenza dei derivati sottoscritti dalle aziende di Stato". Il 23 aprile di quest'anno i tecnici del Ministero delle Finanze Portoghese avevano deciso di non pagare i contratti sottoscritti dalle aziende di stato perché " chi li aveva firmati non aveva il potere di farlo".

Si è materializzato per alcune banche il fantasma dell' "ultra vires" cioè di colui il quale firma un documento impegnativo per uno Stato o per un'azienda senza averne i poteri. In Italia sullo stesso fronte tutto tace, anche prendendo per buona la versione del MEF secondo cui si è maturata una perdita sui derivati per "solo" 3 miliardi di Euro dovuta ai soldi versati a Morgan Stanley per la chiusura del contratto ancora non sappiamo chi e perché abbia sottoscritto il contratto nel 1994 e come questo sia stato contabilizzato.

Se infatti, come si dice a Londra, tale contratto in realtà nascondeva un vero e proprio prestito concesso alla Repubblica Italiana poteva un funzionario del Tesoro sottoscriverlo? Non stava forse compiendo un atto di esclusiva prerogativa del Parlamento? E la Corte dei Conti, che dice di aver acquisito le carte, perché a distanza di un anno ancora tace?

E qual è stato il ruolo dell'ex Direttore Generale del Tesoro e Ministro delle Finanze Domenico Siniscalco (poi passato a Morgan Stanley) nella vicenda?

La cosa certa è che tre miliardi dei cittadini italiani sono stati pagati in segreto alla banca dove lavora il figlio di Mario Draghi e nessuno ha pensato di chiedere se i contratti fossero validi dal punto di vista formale e sostanziale. Probabilmente una domanda di questo genere aprirebbe un ginepraio su tutti i contratti derivati sottoscritti fra il 1994 ed il 1999 dal Tesoro italiano e metterebbe in luce particolari imbarazzanti per gli europeisti all'amatriciana di via XX settembre.

Ma la magistratura che nel caso dei derivati al Comune di Milano è stata così sollecita nell'intervenire, perché non chiede copia di tutti i contratti derivati del Tesoro italiano e li analizza così come ha fatto la Procura di Milano? Non è forse l'unico potere dello Stato che è rimasto fuori dal grande inciucio del governo Zio/Nipote? O ci sbagliamo?


2. MEMENTO: POCO PIù DI UN ANNO FA SI SCOPERCHIAVA UNO DEI DERIVATI PER CUI L'ITALIA HA PAGATO 3 MILIARDI DI EURO - PAGATI 3,4 MLD DI DOLLARI A MORGAN STANLEY
Nicholas Dunbar ed Elisa Martinuzzi per "la Repubblica" del 16 marzo 2012"

Quando Morgan Stanley lo scorso gennaio annunciò di aver tagliato la sua "esposizione netta" verso l'Italia di 3,4 miliardi di dollari non spiegò agli investitori che il paese aveva pagato l'intera cifra alla banca per uscire da una scommessa sui tassi d'interesse.

L'Italia, il secondo paese più indebitato dell'Unione Europea, ha pagato l'ammontare per svincolarsi da dei contratti derivati risalenti agli anni 90 che le si erano rivoltati contro, spiega una persona direttamente a conoscenza del pagamento effettuato dal Tesoro. Per l'Italia era diventato meno costoso cancellare i contratti piuttosto che rinnovarli, ha spiegato la fonte che ha chiesto di non essere citata.

Il costo, che equivale a circa la metà dell'ammontare che l'Italia conta di incassare quest'anno dall'aumento dell'Iva, sottolinea i rischi posti dai derivati che i paesi utilizzano per abbassare i costi di indebitamento e mettersi al riparo dagli alti e bassi dei tassi d'interesse e dei mercati valutari e di come questi contratti possano diventare un costo per i contribuenti. In base ai dati raccolti dalla newsletter Bloomberg Brief Risk, l'Italia, che è già oberata da un debito record di 2.500 miliardi di dollari, ha perso più di 31 miliardi di dollari agli attuali valori di mercato sui suoi derivati.

"Queste perdite dimostrano la natura speculativa di questi contratti e la supremazia della finanza sui governi" spiega il senatore e presidente di Adusbef Elio Lannutti.

Morgan Stanley ha comunicato alla Securities and Exchange Commission statunitense di aver "effettuato alcune ristrutturazioni sui derivati che sono state chiuse il 3 gennaio 2012" e di aver ridotto la sua esposizione verso l'Italia di 3,4 miliardi di dollari.

Mary Claire Delaney, una portavoce per la banca newyorchese, ha preferito di non aggiungere altri commenti. Analogamente i funzionari del ministero del Tesoro hanno preferito non rilasciare dichiarazioni cui contratti.

Morgan Stanley ha registrato profitti per 600 milioni nel quarto trimestre del 2011 grazie alla risoluzione dei contratti con l'Italia. Questi guadagni rappresentano un capovolgimento dei costi sopportati precedentemente per tener conto del rischio che il paese non pagasse per intero la cifra dovuta, ha spiegato nel corso di un'intervista effettuata il 19 gennaio il chief financial officer Ruth Porat.

I 600 milioni di utili rappresentano circa la metà di quanto fatturato dalle attività di trading a reddito fisso nel quarto trimestre, escludendo i costi legato a una transazione con Mbia Inc. e i guadagni contabili legati legati agli spread creditizi della banca medesima.

Quando i debiti contratti dall'Italia hanno sfondato la soglia dei mille miliardi di euro a metà anni 90, il paese ha iniziato a utilizzare gli swap sui tassi d'interesse e le cosiddette swaptions (opzioni per entrare in uno swap) per tagliare i costi a servizio del debito, spiega una persona a conoscenza dei contratti sottoscritti dall'Italia.

Molti bond venduti all'epoca avevano scadenze a 5 o 10 anni e alcuni pagavano cedole fino al 10% secondo i dati raccolti da Bloomberg. L'Italia ha usato gli swap per spalmare su un arco temporale di 30 anni e più, ha spiegato una fonte.

Il paese ha anche ridotto i suoi costi per gli interessi emettendo swaptions, impiegando le entrate incassate dalla vendita dei derivati per pagare i debiti.

Quando i tassi degli swap, che tipicamente seguono i rendimenti dei bond tedeschi, sono iniziati a crollare dopo il 2008 e la volatilità delle opzioni ad aumentare l'Italia si è trovata a dover pagare alle proprie banche dei soldi sui derivati mano a mano che le sue scommesse andavano a rotoli.

I cinque principali operatori di swap americani - Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of America, Citigroup e JPMorgan Chase - hanno complessivamente un'esposizione netta sui derivati con l'Italia di 19,5 miliardi di dollari. Che, sommati alle cifre relative alle banche europee rese note nel corso degli stress test condotti dalla European Banking Authority, fanno salire l'ammontare complessivo a 31 miliardi di dollari.

 

 

ANTONIO RIZZOVITOR GASPARMARIO DRAGHI FIRMA LA NUOVA BANCONOTA DA 5 EUROMARIO DRAGHIDOMENICO SINISCALCO - copyright PizziMORGAN STANLEY ELIO LANNUTTILogo " Goldman Sachs "

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